Kintsugi, una metafora esistenziale…

Cari Amici ed Amiche,
oggi vi voglio raccontare un altro pezzo della mia esistenza, istanti di cui, chi ben mi conosce, sa i dettagli. Non sarò stucchevole nel peregrinare attorno all’argomento, ma lo farò calzare all’interno di una metafora fotografica.
Il tutto parte da una meravigliosa cultura, quella giapponese, contraddistinta da un modo di esprimersi e comunicare dove un singolo lemmo, spesso, contiene un significato più complesso, emozionale talvolta; la cosa più affascinante di questa lingua è che una parola, nella sua singolarità, è in grado di esprimere concetti complessi ed articolati (ad esempio Komorebi, la parola peraltro da me scelta per racchiudere dei pensieri e delle immagini da me prodotte, la quale significa letteralmente “la luce che filtra attraverso gli alberi” [scoprili tutti Qui!]). La musa ispiratrice di quest’opera è il termine KINTSUGI (o kintsukuroi) che significa: letteralmente “riparare con l’oro”; che attinenza avrà mai quest’arte millenaria con la mia vita? Quante volte nell’arco dell’esistenza siamo stati pervasi da un senso d’impotenza, quante volte il dipanarsi dei fatti sembrava inesorabilmente accompagnarci ad un tracollo, anche solo emozionale? Vi confesso, io a sedici anni non ero caratterialmente una persona fortissima, ma la vita mi ha sottoposto ad una prova e ne sono uscito più forte di prima. Diciamo che citando Jovanotti quell’episodio: “Ha preso la mia vita, facendone molto di più”.
Era il 17 luglio del 2000, davanti ad una schiera di amici ed amiche, la mia esistenza è andata in stand-by, quasi definitivamente. Un intenso percorso ospedaliero e circa 40 giorni dopo, re-imparando a camminare e comunicare tra le altre cose, sono tornato alla vita di tutti i giorni, era il 24 agosto, il mio compleanno.

Da quel giorno di luglio porto una cicatrice, un segno che mi ricorda tutte le volte che la debolezza interiore vuole prendere il sopravvento, di quanto devo ringraziare il cielo di essere ancora qui, di quanta fatica ho fatto per tornare a galla, un passo alla volta.
La mia anima nel 2000 si stava corrompendo, giaceva stantia in un periodo negativo giovanile che, a posteriori, era assolutamente privo di senso.
Io tuttora benedico quella traumatica esperienza di quel giorno, perché ha “riparato con l’oro” le crepe che si stavano formando nella mia esistenza.
Da qui, da questo concetto, testimonianza, deriva l’idea della foto che finalmente vi mostro.

Kintsugi – Edoardo Scarpa – riparare (l’esistenza) con l’oro.

Kintsugi


Credits:

https://it.wikipedia.org/wiki/Kintsugi
https://studiaregiapponese.com/2017/03/19/parole-forti-komorebi/

Il Caffè: Un Racconto di Storie, Emozioni e Rituali

Il caffè va oltre la semplice polvere compressa in una moka o contenuta in una capsula. È un universo di storie, aneddoti ed emozioni che si concentrano in ogni tazzina.

C’è l’amore di chi, per dedizione o necessità, coltiva e cura le piante che danno i frutti e i semi che, attraverso una filiera spesso intercontinentale, giungono fino a noi in forma di un aroma inconfondibile nella tazza.

Quante volte, incontrando una persona cara, un amico o anche solo per affari, abbiamo pronunciato le parole magiche: “Ti offro un caffè?” Il caffè è un personaggio secondario, ma fondamentale, in molte storie, momenti condivisi e ricordi.

Pensate a quando, nel cuore della vostra routine quotidiana, decidete di fare una pausa caffè in quel bar, su quel bancone, nel posto che sentite essere il vostro angolo ideale. È un rituale adorabile che riempie il cuore e, tra una chiacchiera e l’altra con il barista, vi dà l’energia per affrontare il resto della giornata.

Io sono un bevitore assiduo di caffè e, come si può intuire, scelgo sempre lo stesso caffè quando ho l’opportunità, anche se so che potrei trovarne uno altrettanto buono a pochi passi di distanza. La ragione è semplice: il caffè è un rito, e gran parte della sua magia risiede nelle sensazioni che si vivono mentre lo si consuma.

Desidero dedicare questa riflessione ad alcuni amici che, nei giorni scorsi, hanno dovuto cambiare sede di lavoro o hanno visto chiudere uno dei bar che frequentavamo. Solo allora ho realizzato che, al di là della bontà del caffè stesso, la mia scelta era motivata soprattutto dalla loro compagnia.

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Un caffè, a chiusura di un lauto pranzo a Caorle.
caffè s. m. [dal turco kahve, che è dall’arabo qahwa «vino; bevanda eccitante»]. – 1. Nome di alcune specie di piante del genere Coffea, dai cui semi, torrefatti e macinati in polvere, si ricava per infuso la nota bevanda. (fonte enciclopedia online Caffè – Treccani)