Guerrilla… Gardening! Ovvero le “Seed Bombs”

Ciao a tutti!
Oggi vi voglio raccontare qualcosa di nuovo e, sotto certi punti di vista, decisamente insolito…

Avete mai sentito parlare delle “Seed Bombs?” – è una declinazione di un moto di protesta non violento, “guerrilla”, che sfrutta come arma delle “polpette” letteralmente traducibili in: Bombe di semi; queste vengono poi scagliate da “Giardinieri d’assalto”-.
Se fate parte della categoria: “No, non lo so proprio, mai sentito”, ecco allora che vi spiego, prima di tutto, in cosa consiste una di queste bombe floreali.
Se invece fate parte del minuto popolo eletto che, pur non conoscendone ogni segreto, sa di cosa sto parlando saltate pure al capoverso successivo.

herder3 for commons.wikimedia.org

Ecco una seed bomb! L’arma di disseminazione di massa (:

Definizione di: SEED BOMB –> pratica che consiste nel creare dei sacchi (spesso di juta) o delle sfere argillose ripiene di semi (di qualsivoglia tipologia) per poi scagliarli, abbandonarli, piantarli entro terreni incolti, spazi urbani in decadimento, architetture o luoghi abbandonati e molto, molto di più.

Di cosa è fatta una SEED BOMB?
Nella maggior parte delle “ricette” troveremo:

  • Argilla essiccata 
  • Semi
  • Argilla di fiume
  • Compost 
  • Acqua

e poi?

<<Dopo aver mescolato l’argilla di fiume all’argilla essiccata, creare un dischetto – con questo composto – su una superficie piana. Cospargerla di abbondante compost, che renderà più facile lo sviluppo dei semi. Inserire all’interno, appunto, i semi che si sono scelti (ne basteranno tre o quattro) e aggiungere qualche goccia d’acqua. Facendo attenzione a non far fuoriuscire i semi, dare una forma sferica al tutto. Una volta ottenuta una pallina, questa potrà essere passata nel compost fino ad esserne interamente coperta>>.
(come suggerito in questo bellissimo articolo: articolo dal sito “festival del verde e del paesaggio”)

Ma cosa spingerebbe delle persone a creare delle vere e proprie “Bombe di semi”? Principalmente il riconoscere in questa pratica una forma di protesta nobile e civile contro lo sfruttamento, spesso seguito dalla cementificazione selvaggia delle nostre città.
Gli autori di questa pratica lo definiscono: “Guerrilla Gardening” una sorta di giardinaggio d’assalto, a tratti reazionario.

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Risultati di una intensa “guerrilla gardening” – Foto di Marie Viljoen.

L’idea per quanto possa sembrare figlia di tempi moderni in realtà pone le sue, scusate ma devo dirlo, radici (: in tempi molto remoti. Alcune testimonianze ci riportano addirittura ai tempi delle tribù dei nativi americani, che usavano queste creazioni per proteggere i campi dove seminavano il raccolto, distogliendo così i predatori volatili con un ricco buffet, appunto quelle che oggi chiamiamo SEED BOMB.

Ma oggi con quale tema possiamo spiegare questo movimento? Semplice! Con la necessità crescente di introdurre piante e forme vegetali dove cominciano a latitare, attraendo insetti quali le api, creando delle macchie di verde dove prima il terreno era arido.

Spero di avervi fatto scoprire qualcosa di interessante, dunque cosa aspettate? Raccontatelo ai vostri amici, seguite questo blog, scopritene i contenuti e… CONDIVIDETE!

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Ricorda, non farti tentare dall’idea di “dichiarare guerra” al vicinato a colpi di semenze… Questo articolo vuole essere foriero di ispirazione per “l’assalto artistico” a luoghi dismessi o sotto agli alberi, nei campi incolti.

fonti e licenze:
– Immagine 1 – Herder3 [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)%5D
Questo file è licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons.
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– Ricetta flower bomb: –> festivaldelverdeedelpaesaggio.it/come-costruire-seed-bomb

– Immagine 2 – Fotografia di Marie Viljoen, visitate la sua pagina per saperne di più sull’argomento.

– Fonte: https://www.bloglovin.com/blogs/gardenista-sourcebook-for-outdoor-living-3748417/diy-make-your-own-wildflower-seed-bombs-6274665787

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Kintsugi, una metafora esistenziale…

Cari Amici ed Amiche,
oggi vi voglio raccontare un altro pezzo della mia esistenza, istanti di cui, chi ben mi conosce, sa i dettagli. Non sarò stucchevole nel peregrinare attorno all’argomento, ma lo farò calzare all’interno di una metafora fotografica.
Il tutto parte da una meravigliosa cultura, quella giapponese, contraddistinta da un modo di esprimersi e comunicare dove un singolo lemmo, spesso, contiene un significato più complesso, emozionale talvolta; la cosa più affascinante di questa lingua è che una parola, nella sua singolarità, è in grado di esprimere concetti complessi ed articolati (ad esempio Komorebi, la parola peraltro da me scelta per racchiudere dei pensieri e delle immagini da me prodotte, la quale significa letteralmente “la luce che filtra attraverso gli alberi” [scoprili tutti Qui!]). La musa ispiratrice di quest’opera è il termine KINTSUGI (o kintsukuroi) che significa: letteralmente “riparare con l’oro”; che attinenza avrà mai quest’arte millenaria con la mia vita? Quante volte nell’arco dell’esistenza siamo stati pervasi da un senso d’impotenza, quante volte il dipanarsi dei fatti sembrava inesorabilmente accompagnarci ad un tracollo, anche solo emozionale? Vi confesso, io a sedici anni non ero caratterialmente una persona fortissima, ma la vita mi ha sottoposto ad una prova e ne sono uscito più forte di prima. Diciamo che citando Jovanotti quell’episodio: “Ha preso la mia vita, facendone molto di più”.
Era il 17 luglio del 2000, davanti ad una schiera di amici ed amiche, la mia esistenza è andata in stand-by, quasi definitivamente. Un intenso percorso ospedaliero e circa 40 giorni dopo, re-imparando a camminare e comunicare tra le altre cose, sono tornato alla vita di tutti i giorni, era il 24 agosto, il mio compleanno.
Da quel giorno di luglio porto una cicatrice, un segno che mi ricorda tutte le volte che la debolezza interiore vuole prendere il sopravvento, di quanto devo ringraziare il cielo di essere ancora qui, di quanta fatica ho fatto per tornare a galla, un passo alla volta.
La mia anima nel 2000 si stava corrompendo, giaceva stantia in un periodo negativo giovanile che, a posteriori, era assolutamente privo di senso.
Io tuttora benedico quella traumatica esperienza di quel giorno, perché ha “riparato con l’oro” le crepe che si stavano formando nella mia esistenza.
Da qui, da questo concetto, testimonianza, deriva l’idea della foto che finalmente vi mostro.

Kintsugi – Edoardo Scarpa – riparare (l’esistenza) con l’oro.

Kintsugi


Credits:

https://it.wikipedia.org/wiki/Kintsugi
https://studiaregiapponese.com/2017/03/19/parole-forti-komorebi/

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