Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. Oggi ci addentreremo nelle calli alla scoperta di uno degli elementi più caratteristici della città lagunare e che, proprio perché li vediamo di continuo, spesso passano quasi inosservati. Senza di loro non sapremmo dove siamo, dove stiamo andando o cosa stiamo per vedere. Insomma, in estrema sintesi: senza i Nizioleti, le Calli, i Campielli e tutte le altre peculiarità toponomastiche non avrebbero un nome proprio.
Cosa sono i Nizioleti e perché si chiamano così
Si tratta dell’equivalente dei cartelli stradali presenti in tutte le città italiane: in perfetto parallelismo, i Nizioleti non sono altro che i segnali “alla veneziana” che danno un nome a calli, campi, ponti, rii e molti altri luoghi. Sono realizzati all’interno di rettangoli bianchi con bordi neri, dipinti direttamente sui muri che affiancano lo spazio da denominare. La parola “Nizioeto” significa letteralmente piccolo lenzuolo, un’espressione che richiama con immediatezza il candore dello sfondo su cui vengono scritti i nomi, come se fossero vere e proprie lenzuola adagiate sulle pareti della città.
Un po’ di storia
I Nizioleti affondano le loro radici nella storia più antica di Venezia e nella sua complessa toponomastica. La necessità di identificare calli, rii, campi e ponti nasce già ai tempi della Serenissima, quando i luoghi prendevano nome da usi popolari, mestieri, tradizioni o dalle famiglie che abitavano la zona. Il periodo austriaco non fece che rafforzare questa consuetudine, rendendola più sistematica. In tempi recenti, nel 2012, il Comune di Venezia ha promosso un importante intervento di catalogazione e uniformazione, correggendo incongruenze e riportando ordine in quelle situazioni in cui i nomi risultavano controversi o discordanti. Tra le curiosità da scoprire c’è anche quella che vede i Nizioleti non solo utilizzati per dirci in quale calle o campo ci troviamo, ma anche per determinare l’inizio di un determinato sestiere come si può vedere nelle immagini.
Chi li realizza oggi
Come per la catalogazione, anche la responsabilità di realizzazione, restauro e manutenzione dei Nizioleti spetta al Comune di Venezia. I lavori vengono commissionati a ditte specializzate nel recupero del patrimonio urbano, seguendo processi, materiali e regole rigorose: si parte dall’intonaco, che deve avere lo spessore corretto (circa un centimetro e mezzo), si utilizzano stencil o “dime” per le lettere delle scritte e si prevedono rifacimenti periodici per le superfici che col tempo si deteriorano.
Nizioleti famosi e luoghi particolari tratti dai miei articoli
Molti Nizioleti di Venezia raccontano storie e mestieri antichi, ma anche curiosità legate a luoghi particolari. Alcuni portano nomi che evocano arti e professioni: Calle del Luganegher (salsicciai), Calle del Pestrin (lattai), Calle del Forner (fornai). Altri conservano soprannomi popolari, versioni dialettali o leggende locali, come il Ponte dei Zogatoli (dove troverete il Lego del Soldato Quo), in realtà il Ponte San Grisostomo, così chiamato per un negozio di giocattoli che un tempo sorgeva lì.
Per leggerli bene, bisogna sapersi orientare: i Nizioleti sono dipinti sui muri delle case ad altezza tale da essere visibili ma protetti. Contengono il nome della via, spesso in veneziano, talvolta con l’indicazione del sestiere o della parrocchia. Osservare il tipo di scrittura, le varianti nel nome, l’usura o i restauri fa capire quanto antica sia la targa e quanto sia stata oggetto di attenzione civica. Nella toponomastica veneziana, parole come Calle indicano le viuzze principali, mentre le Ruga sono calli particolarmente lunghe e importanti; i Sotoportego sono passaggi coperti che attraversano edifici, le Corte piccoli cortili interni, i Campiello piazzette intime, e i Campi spazi aperti che un tempo ospitavano coltivazioni, oggi teatro di vita quotidiana. Le Fondamenta costeggiano i canali e separano i palazzi dall’acqua, le Liste sono vie in pietra bianca con valore simbolico o funzionale, e i Rio Terà sono strade costruite sopra ex canali interrati. Altri termini raccontano funzioni particolari: la Piscina indica bacini d’acqua un tempo destinati a pesca o nuoto, i Rami sono diramazioni delle calli, le Salisade strade selciate, e infine gli Squeri sono cantieri navali per costruzione e riparazione di imbarcazioni. Conoscere questi termini permette di leggere i Nizioleti non solo come semplici targhe, ma come frammenti vivi della storia urbana e culturale di Venezia (approfondisci QUI). Come tutte le vicende umane, però, non tutti i messaggi sulla città sono istituzionali: alcuni cittadini o visitatori lasciano scritte informali sui muri, come vicino al Ponte dell’Accademia nel cuore del Sestiere di San Polo, espressioni che talvolta rivelano l’impatto dell’overtourism e della pressione quotidiana che la città e i suoi abitanti subiscono.
Graffito Veneziano
Un patrimonio da custodire
I Nizioleti non sono e non saranno mai solo dei segnali stradali: rappresentano tracce viventi di un codice urbano, linguistico e culturale. Quando un Comune, come Venezia in questo caso, ne restaura decine ogni anno, lo fa non solo per il decoro ma soprattutto per preservare la storia attraverso una delle sue più originali declinazioni. Custodire i Nizioleti significa rispettare i nomi e le storie che raccontano chi siamo, come viviamo e da dove proveniamo.
Per concludere
Camminando tra calli, campi e sotoporteghi, i Nizioleti svelano piccoli segreti di storia, mestieri e vita quotidiana veneziana. Osservare ogni targa, leggere ogni nome, notare le variazioni nei caratteri o l’usura dei secoli significa entrare in contatto con il respiro vivo della città. Leggere i Nizioleti non è solo informarsi: è immaginare le mani che li hanno dipinti, le storie che hanno attraversato le calli e i ponti, i segreti nascosti dietro ogni angolo. Ogni rettangolo bianco con lettere nere diventa così un piccolo teatro d’arte e memoria, dove il passato prende forma davanti ai nostri occhi raccontandosi senza filtri o censure. Custodire e ammirare i Nizioleti significa partecipare a un dialogo tra ieri e oggi, un’esperienza che resta impressa nella memoria e nel cuore di chi sceglie di scoprire Venezia passo dopo passo o, come dico nella nuova rubrica: Ascoltando il battito di ogni luogo.
Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare
Qui sotto trovi la mappa interattiva dei Segreti di Venezia, con tutti i luoghi geolocalizzati. Ogni pin ti condurrà direttamente all’articolo corrispondente, permettendoti di esplorare la città seguendo le tracce dei racconti e di scoprire angoli nascosti e curiosità come mai prima d’ora.
Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.
Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. La settimana scorsa abbiamo camminato insieme per la centesima volta: come dicevo, forse in futuro questa “serie positiva” potrebbe interrompersi, ma non il progetto nella sua complessità. Ho sempre avuto un rapporto trasparente con voi, sin dal primissimo articolo, e vi confesso dunque che l’eventuale dilatazione delle uscite su questo segmento porterà a nuovi orizzonti, magari in città diverse. Ora basta anticipazioni: tempo al tempo. Proseguiamo il nostro viaggio con una delle isole più affascinanti e, insieme a Burano, tra le più isolate dalle acque che la abbracciano in tutta la laguna. Benvenuti a Torcello, l’isola del Trono Leggendario, dove si narra che Attila stesso avrebbe trovato riposo tra le sue acque silenziose, lasciando un segreto custodito da secoli.
Verso Torcello: tra Burano e la laguna
Il viaggio può iniziare da Venezia, partendo dalle Fondamente Nove, ma basta un battello per sentirsi già altrove. Attraversando la laguna la natura si rivelerà nella sua interezza, tra acque e barene. A pochi minuti da Burano, l’isola di Torcello si svela lentamente, e la fermata ACTV in legno, unica nel suo genere, funge da preambolo a un mondo sospeso nel tempo, diverso da ogni altro approdo della laguna. Per raggiungerla si può prendere la Linea 12, che attraversa Murano e Mazzorbo fino a Burano e prosegue fino a Treporti, offrendo un percorso panoramico tra le isole della laguna: la fermata a Torcello è su richiesta, il diretto vale per poche corse al giorno, e va prenotata almeno 20 minuti prima a questo numero 800845065. Le corse principali coprono le fasce mattina, pomeriggio e sera. Chi parte invece da Burano può usare la Linea 9, collegando le due isole in pochi minuti con corse frequenti. Per tutti gli orari aggiornati e le modalità di prenotazione, consultate il sito ufficiale ACTV.
Il silenzio dei canali e il Ponte del Diavolo
Un ricordo preciso ed intenso della mia prima visita a Venezia durante la pandemia di Covid-19 nel maggio del 2020 è l’estremo silenzio, anche a Piazza San Marco o Rialto (se vuoi saperne di più clicca qui), che aveva avvolto una città dove silenzi e paesaggi normalmente non vanno di pari passo. Perché ve ne parlo? Perché, pur con motivazioni diverse, quello stesso silenzio, profondo e ininterrotto se non per il vociare dei gabbiani o il cicaleccio degli insetti, l’ho rivissuto una volta giunto a Torcello.
La strada si apre innanzi lastricata di mattoni a spina di pesce tipici della Venezia più antica, parendo quasi disegnata dal canale che scorre alla sua destra, e non viceversa. Dopo circa 300 metri compare lui, un ponte affascinante e poetico, privo di parapetti come il Ponte Chiodo di Cannaregio: il Ponte del Diavolo. Il suo nome, avvolto nel mistero, è al centro di numerose leggende: alcuni sostengono che derivi dal cognome di una famiglia veneziana, altri lo collegano a un antico racconto. Si dice che, durante il periodo della dominazione austriaca a Venezia, una giovane innamorata di un ufficiale fu sopraffatta dal dolore dopo la sua tragica scomparsa, probabilmente per mano della propria famiglia. Disperata, si rivolse a una maga, che la convocò sul ponte, lontano da occhi indiscreti. La maga invocò il diavolo per riportare in vita il giovane, in cambio della promessa delle anime di sette bambini. Poco dopo, tuttavia, la strega trovò la morte in un incendio e non poté rispettare l’accordo. Ancora oggi, la leggenda racconta che, ogni 24 dicembre, il diavolo si manifesti sul ponte sotto forma di un grande gatto nero, venendo simbolicamente a reclamare quanto gli era stato promesso.
Chiese, case ed edere: il cuore antico di Torcello
Al centro di Torcello, tra silenzi e canali sospesi nel tempo, si ergono due chiese, quasi siamesi, unite da un porticato che le abbraccia frontalmente, e che raccontano l’anima dell’isola. La basilica di Santa Maria Assunta domina la piazza con la sua imponenza antica e la bellezza semplice della pianta basilicale, mentre accanto, quasi in un dialogo silenzioso, la chiesa di Santa Fosca, circolare e raccolta, svela armonie veneto-bizantine e decori pieni di storia. Intorno, tra le rade case, le edere rampicanti e gli angoli verdi, emergono la canonica, la fonte battesimale e i resti dell’antico battistero, mentre il Museo di Torcello racconta tempi passati e culture intrecciate. Passeggiando qui, ogni passo sembra sospeso tra fede e mito, storia e leggenda, in una luce che sembra ferma nella laguna.
Il Trono di Attila: leggenda e mistero
Ed eccoci al Trono di Attila: questo manufatto conserva secoli di storia, leggende e misteri: viene fatto risalire al V secolo, periodo di fondazione di Torcello, rappresentava il il seggio del governatore dell’isola, il magister militum e, deludendovi, vi confesso che “il Flagello di Dio” – Attila, in realtà non vi si sedette mai. Le voci popolari però corroborano un’altra leggenda, cioè che chi si sieda su questo trono possa trovare fortuna e fertilità.
L’autore, visibile e regale come mai, sul trono di Attila tra leggende e dicerie, in attesa di una fortuna che, di fatto, vive solo nei miti.
Intorno, la Basilica di Santa Maria Assunta e la raccolta Santa Fosca, unite da un porticato e circondate da edere e case rade, raccontano l’arte bizantina e veneto-bizantina. Tra resti del battistero, fonte e Museo di Torcello, ogni passo sembra sospeso tra mito e storia, in una luce che ferma il tempo nella laguna.
Torcello oggi: un’isola sospesa nel tempo e da rispettare
Visitare Torcello significa immergersi in un luogo sospeso nel tempo, dove ogni passo invita alla calma e alla contemplazione. Rispettare l’isola e la sua natura, le sue storie e chi la abita vuol dire ridurre il nostro impatto, valorizzare la sua unicità e scegliersi di muoversi con attenzione, cogliendo dettagli che sfuggono a chi corre e facendo sì che nemmeno l’ombra che proietteremo possa danneggiarla. Scegliere un turismo consapevole significa privilegiare percorsi sostenibili, muoversi lentamente, sostenere le attività locali: così ogni visitatore diventa custode attivo di Torcello, di Venezia, dell’Italia tutta, contribuendo a preservarne la bellezza e a mantenerne intatta la magia.
Siete pronti a viaggiare nel tempo? Perché visitare Torcello significa camminare sospesi, Tra Realtà e Sogno, in un luogo che, a ogni passo mosso, ci sussurra storie e leggende, anche solo da immaginare (come per esempio ho fatto nella tappa locale del calendario dell’avvento 2024). Ogni scorcio, ogni canale, ogni edera diventano pretesto per sospirare di bellezza. Così Torcello, come tutta la laguna, resta magica, intatta e pura, pronta a sorprendere chi sa guardare con occhi e cuore semplici.
Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare
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Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.
Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio tra le intriganti vicende della città lagunare, fatta di storie nascoste e piccoli miracoli quotidiani, spesso invisibili agli occhi frettolosi dei turisti. Oggi proviamo a porci questa domanda: Venezia sa incuriosire? La risposta, in particolar modo se state leggendo le mie parole, magari nemmeno per la prima volta, è: “Assolutamente sì!”. A tal proposito, oggi vi racconterò del ponte più importante di Venezia. Questo ponte unisce rive distanti più di 300 metri — ben oltre la misura dei ponti più celebri — e, al tempo stesso, si fonde con la storia cittadina, diventandone parte viva.
Chi appare una volta all’anno a Venezia? Il Ponte del Redentore!
Un’opera effimera ma costante nei secoli: da 448 anni (al 2025), ogni terzo sabato di luglio, Venezia celebra la Festa del Redentore e, per l’occasione, viene montato un ponte votivo di 334 metri, il più grande della città se si esclude il Ponte della Libertà, nato però con altre funzioni. Questo passaggio straordinario collega la Fondamenta Zattere alla Basilica del Redentore sull’isola della Giudecca. Nel corso dei secoli il ponte ha assunto forme sempre diverse: in principio galere e zattere, poi un ponte Bailey militare, fino all’attuale struttura in legno e polietilene, lunga come sempre ma ora larga ben 4 metri.
Un corridoio sull’acqua tra Zattere e Giudecca
Il Canale della Giudecca si trasforma: dove fino a poco prima scorrevano vaporetti, navi e traghetti, ora fluisce un fiume di persone, tra fedeli e curiosi. Il ponte votivo diventa un corridoio sospeso sull’acqua, unendo i due sestieri in un cammino che fonde processione e festa, devozione e stupore. Attraversarlo significa immergersi in una storia che si rinnova ogni anno, al di là della fede personale: la dedicazione al Redentore resta intrecciata al destino di Venezia, che, uscita dalla peste, tornò finalmente a respirare. La basilica nacque come segno tangibile di gratitudine alla fine della terribile peste del 1575-77, e il ponte si rese necessario per garantire l’accesso a tutti coloro che volevano rendere omaggio.
Come nasce e scompare un ponte provvisorio
L’assemblaggio del ponte votivo inizia alcuni giorni prima, quando una flotta di chiatte e piattaforme galleggianti viene progressivamente allineata e collegata tra le Zattere e la riva della Giudecca. L’opera richiede una precisione millimetrica: ogni sezione deve combaciare perfettamente per garantire stabilità e sicurezza a migliaia di persone.
Per mantenere la continuità della mobilità lagunare, il ponte è dotato di un rialzo con varco centrale, attraverso il quale possono transitare solo i mezzi pubblici più piccoli, come alcuni vaporetti e motoscafi di servizio. I traghetti di dimensioni maggiori, invece, non riescono a passare: i Ferryboat, che normalmente collegano Tronchetto – Lido San Nicolò, devono modificare il loro percorso, utilizzando la tratta alternativa Punta Sabbioni – Lido San Nicolò e ritorno.
Questa deviazione, ormai parte della tradizione logistica della Festa, mostra come, per un fine settimana all’anno, la città intera si pieghi a un rito collettivo, capace di modificare i ritmi e le abitudini di Venezia e della sua laguna.
L’ingresso principale è alle Zattere, il lungo camminamento assolato di Dorsoduro che conduce a Punta della Dogana. Da qui il ponte si protende verso la Giudecca, dove attende l’abbraccio con la Chiesa del Redentore, cuore pulsante della festa. Ai lati, calli e fondamenta svelano angoli vivi, tra chioschi, barche addobbate e scorci che raccontano la città nel suo momento più intimo e vibrante.
Da Dorsoduro a… Dorsoduro: come arrivare e cosa scoprire ai due capi
Partendo da Campo San Barnaba, cuore vivo del sestiere, si incontra la Bottega Galleggiante della Frutta e Verdura, un’imbarcazione che porta avanti una tradizione antica e pittoresca. Poco distante, sul Ponte dei Pugni “quattro piedi” raccontano storie di sfide e rivalità tra contrade veneziane, un tempo risolte proprio lì a colpi di lotta.
Camminando verso l’acqua, lo sguardo si apre sulla Punta della Dogana, il vero “ombelico del mondo”, dove si incontrano il Canal Grande, la Giudecca e il Bacino di San Marco. Qui, l’arte contemporanea dialoga con la storia millenaria della città. Poco più in là, lo Squero San Trovaso, uno dei pochi ancora attivi, svela l’antico mestiere dei maestri d’ascia, custodi della tradizione gondoliera.
Attraversando il canale, si entra in un’altra dimensione: la Giudecca, con i suoi scorci silenziosi e i racconti di vita sospesi tra fede, lavoro e segreti veneziani, che meritano un viaggio dedicato — come nelle due tappe di Alla Scoperta della Giudecca, parte uno e parte due.
Il Ponte provvisorio… che non è l’unico!
Ogni anno, a novembre, Venezia si prepara a un ulteriore rito temporaneo sul Canal Grande: il ponte in legno della Festa della Madonna della Salute. Questa struttura provvisoria unisce la punta della Dogana con Santa Maria del Giglio e, dunque, Dorsoduro con San Marco, offrendo un passaggio sicuro ai fedeli diretti verso la Basilica della Salute. La tradizione risale al 1630, quando la città, colpita dalla peste, promise di erigere un tempio dedicato alla Madonna per chiedere la fine dell’epidemia. Così, ogni anno, il ponte diventa simbolo di devozione, memoria storica e partecipazione collettiva, proprio come il celebre ponte votivo del Redentore.
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La Giudecca non è un sestiere… ma meriterebbe di esserlo!
Attraversando il ponte, si comprende quanto la Giudecca sia più di un semplice isolotto: la sua storia, le calli, le ville e il respiro dei campi la rendono quasi un sestiere a sé. Eppure, per tradizione, resta “fuori” dai confini ufficiali. Camminare fin lì significa scoprire un piccolo mondo parallelo, sospeso tra acqua, fede e segreti veneziani. Ogni passo diventa un varco tra passato e presente, tra il silenzio di antiche memorie e il fermento di una vita che scorre discreta, lontana dalla folla. Ci si imbatte in atmosfere che parlano di lavoro, di devozione e di una quotidianità autentica, fatta di scorci nascosti, respiri lenti e storie che sembrano emergere dalle pietre stesse.
In conclusione:
Attraversare il ponte del Redentore non è solo camminare da una sponda all’altra della laguna: è un gesto che unisce storia, fede e curiosità, trasformando ogni passo in un piccolo atto di partecipazione alla vita della città. Come per la Giudecca, spesso invisibile ma piena di meraviglie, anche i dettagli più semplici di Venezia — le calli, le ville, le barche, i ponti provvisori — custodiscono storie preziose che attendono di essere scoperte.
Prendersi il tempo di osservare, fermarsi e ascoltare la città significa diventare custodi del suo patrimonio invisibile, cogliendo l’equilibrio tra vita quotidiana, memoria e celebrazione. Solo così Venezia continua a vivere, tra il passato e il presente, raccontandoci le sue storie senza tempo.
In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.
Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!
Vi aspetto con nuovi segreti e avventure ogni venerdì!
Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. In questo episodio vi porterò a scoprire due aspetti apparentemente distinti della storia veneziana e dello spirito che anima la venezianità. Siamo spesso convinti che, per scoprire un mistero, sia necessario intraprendere viaggi lunghissimi, percorrere itinerari tenebrosi, attraversare luoghi remoti. Ma non sempre è così. Oggi vi racconterò un luogo tanto incredibile quanto vicino, tanto alla portata quanto, a suo modo, apparentemente “inaccessibile”.
La Chiesa della Maddalena: dove si trova e come raggiungerla
Nel dedalo silenzioso del sestiere di Cannaregio, tra palazzi sfiorati da milioni di turisti e scorci d’acqua che sembrano fuori dal tempo, si cela uno degli edifici più enigmatici e divisivi di Venezia: la Chiesa di Santa Maria Maddalena. Per molti è un semplice luogo sacro, ma per altri rappresenta un portale simbolico che nasconde una storia fatta di geometrie iniziatiche, riti scomparsi e iconografie massoniche.
Per raggiungerla dalla stazione di Venezia Santa Lucia, procedete in direzione nord-est lungo Calle Favretti e continuate su Fondamenta dei Scalzi, che diventa Rio Terà Lista di Spagna. Dopo circa 300 metri, svoltate a sinistra in Campo San Geremia, poi girate a destra su Fondamenta Cannaregio. Proseguite imboccando Calle del Pistor, Campiello de l’Anconeta e Calle de l’Anconeta, fino a continuare su Rio Terà de la Maddalena. Infine, svoltate a destra su Fondamenta de la Maddalena: qui si apre il suggestivo Campo della Maddalena, con la chiesa che si staglia davanti a voi, discreta custode di segreti e antiche geometrie.
Una chiesa diversa da tutte le altre e una dedicazione che fa discutere
Come un colpo di fulmine, basta uno sguardo per capire che la Maddalena non è una chiesa come le altre. Il suo elemento più sorprendente è la pianta circolare, un richiamo immediato al Pantheon di Roma — che scopriremo più avanti — e non si tratta certo di una scelta stilistica casuale. Ogni angolo è intriso di significati nascosti, come se l’architettura stessa fosse una scrittura da decifrare, desiderosa di suscitare domande e celare risposte.
Intitolata a Maria Maddalena, la chiesa porta con sé un messaggio teologico e culturale sottotraccia che non è mai stato del tutto chiarito. Maddalena è una figura discussa del Nuovo Testamento: discepola di Gesù, testimone della resurrezione. Questa intitolazione, inserita in un contesto architettonico così suggestivo, alimenta suggestioni e misteri che sfiorano il mito, figli di una scelta certamente non casuale.
Il portale dell’occhio che osserva e, dentro, una citazione al Pantheon
Sulla facciata, scolpito in pietra d’Istria sopra l’ingresso, l’Occhio Onniveggente scruta meticolosamente chi varca la soglia. Triangolo e cerchio si intrecciano in una tipica iconografia massonica ed esoterica; personalmente, non ho memoria di altri simboli simili presenti altrove in forma così esplicita su un edificio religioso. Sopra l’ingresso, un frontone sorretto da colonne ioniche richiama più un tempio greco che una chiesa cristiana.
Questa simbologia si riflette anche nella struttura superiore della chiesa, con un elemento che richiama il celebre Pantheon di Roma.
Sopra la Chiesa della Maddalena si nota una parte cilindrica chiamata tamburo, che sostiene la cupola e cattura subito lo sguardo. Questa forma richiama quella del celebre Pantheon di Roma, dove in cima si apre un grande foro circolare chiamato oculus, come un vero e proprio “occhio” che guarda il cielo.
Anche se qui non c’è un foro aperto, il tamburo della Maddalena sembra un occhio che osserva, un elemento che colpisce e invita a guardare con attenzione, come se la chiesa stessa volesse fissarti, sfidandoti a scoprire ciò che nasconde.
La porta segreta per inginocchiarsi
Sul retro dell’edificio infine si cela un’altra particolarità che funge da ultimo mistero: una porta alta appena 60 centimetri, attraverso la quale si può entrare solo rimanendo in ginocchio. Forse simbolo di umiltà o forse un varco rituale. Nessun documento ufficiale ne spiega la funzione, ma la sua presenza – così anomala in un luogo così eclettico – aggiunge un ulteriore strato di mistero alla già complessa simbologia della chiesa.
La Maddalena: un portale, quasi sempre chiuso, nascosto tra sacro e mistero
Oggi la Maddalena è quasi sempre chiusa al pubblico. Solo in rare occasioni — spesso per esposizioni o eventi culturali — apre le sue porte. Ho avuto la fortuna di visitarla, casualmente, proprio in uno di questi momenti. È difficile — se non impossibile — distinguere il confine tra architettura sacra e struttura iniziatica. Quel che è certo è che la Chiesa della Maddalena sembra essere una soglia: uno spazio dove il visibile e l’invisibile si sfiorano, e dove Venezia mostra il suo volto più enigmatico.
Un volto che, come sempre, non si offre a tutti, ma solo a chi ha occhi per vedere. Anzi, per osservare.
In conclusione:
Venezia non smette mai di stupirci. Anche la Chiesa della Maddalena, nascosta tra le calli di Cannaregio, ci parla di un passato fatto di misteri e simboli, di un’arte che va oltre la semplice forma per raccontare storie segrete. È un luogo che sfida lo sguardo frettoloso del passante, invitandoci invece a fermarci, ad osservare con attenzione, a leggere ciò che non è detto. Scoprire la Maddalena significa aprire una porta verso un Venezia meno conosciuta, fatta di enigmi e di sogni custoditi nel tempo. È un invito a perdersi nei suoi silenzi, a lasciarsi guidare da quella magia sottile che solo questa città sa offrire a chi ha occhi per vedere davvero.
In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.
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Vi aspetto con nuovi segreti e avventure ogni venerdì!
Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi lasciamo Venezia — nel senso insulare della questione — e ci spingiamo verso est, attraversando la laguna. Che sia un passaggio reale o immaginato, il nostro viaggio ci conduce in un luogo che ha qualcosa di sospeso, di teatrale, di profondamente autentico. Benvenuti al Lido di Venezia: un’isola lunga e sottile, dove il vento profuma di pini, i viali sanno di cinema d’altri tempi e le ville parlano ancora Liberty. Un luogo davvero speciale che, colpo di scena, in una mattinata tempestosa dell’Agosto del 1983 ha visto venire al mondo anche me, in quello che fu l’Ospedale al Mare.
Come raggiungere il Lido (senza perdersi… troppo)
Esistono tanti modi per arrivare al Lido, ognuno dei quali è, a suo modo, un’esperienza. Perché? Semplice: si può arrivare “a piedi” — non camminando sulle acque, ovviamente, ma grazie ai vaporetti — oppure in auto, moto o bici imbarcandosi sui ferry boat, e persino a bordo della propria barca o in Taxi acqueo. Il consiglio è di pianificare l’itinerario in base ai vostri tempi e desideri, perché il Lido si raggiunge da più fronti: da Venezia centro, da Punta Sabbioni, e persino da Chioggia, passando per l’incantevole Pellestrina. Ogni tragitto regala il suo piccolo pezzo del grande spettacolo lagunare — e vale già come primo assaggio del viaggio.
Per comodità narrativa, partiremo da sud, dagli Alberoni, là dove arriva il ferry da Pellestrina e passa la Linea 11 che tra vaporetti e bus porta da Chioggia a Lido. È vero, l’approdo principale per chi arriva da Venezia in vaporetto è Santa Maria Elisabetta, mentre chi trasporta auto con il ferry da Tronchetto sbarca più a nord, a San Nicolò. Ma seguire il Lido dal suo estremo meridionale a quello settentrionale è come attraversarlo con lo sguardo disteso di una passeggiata lenta: un viaggio che, tappa dopo tappa, rende giustizia alla sua natura sottile e sorprendente.
Alberoni – Dove la Laguna si rilassa al sole e gioca a golf
Silenzio e natura: se un racconto dovesse parlare di questi luoghi, partirebbe proprio da qui. Alberoni è un luogo sospeso, dove il borgo si lascia abbracciare dalla natura nella sua massima espressione, e le case sembrano assecondarla. Affacciandosi dall’attracco del ferryboat, si scorge l’Isola di Pellestrina distendersi all’orizzonte con le sue casette colorate. Seguendo la sinuosa strada, si arriva al cospetto di uno dei più antichi golf club italiani. Fondato nel 1928 e inaugurato nel 1930, pare sia nato dall’ispirazione del magnate Henry Ford, desideroso di giocare a golf, un desiderio esaudito da Giuseppe Volpi di Misurata che in pochi mesi realizzò questa piccola utopia. Il Golf Club Venezia è uno dei più prestigiosi d’Italia. Con il suo percorso di 18 buche disegnato dall’architetto C.K. Cotton, si colloca tra i circoli storici di riferimento nel panorama golfistico nazionale, accanto a club come Roma Acquasanta (1903) e Menaggio (1907). La sua storia e la posizione unica nella laguna lo rendono una tappa imperdibile per gli appassionati e un vero fiore all’occhiello del Lido.
Passando oltre, immerso nella fitta vegetazione di Strada della Droma, si incontra un antico baluardo marittimo ormai in disuso: ex faro degli Alberoni, frammento di storia marittima e architettonica ormai silenziosa. Attivo fino a pochi decenni fa, faceva parte di un sistema di segnalazioni luminose che includeva anche il faro Spignon, su una minuscola isola poco distante, e altri punti strategici oggi in stato di abbandono, riadattati dai pescatori locali come riparo e magazzino.
Infine, perché non attendere un tramonto o rilassarsi su una delle tante panchine affacciate sulla laguna, lungo via Alberoni? In un mondo che corre veloce, una pausa con un pizzico di poesia non guasta mai.
Malamocco – Il borgo che non ha fretta (e nemmeno motivo di averla)
Tra calli di pietra, cortili sonnolenti e gatti più antichi delle barche, Malamocco è una Venezia parallela. Senza folla, senza tempo, e senza il bisogno di dimostrare nulla. Qui la vita scorre piano, tra i muretti fioriti e le ombre lunghe del pomeriggio. Il nome Malamocco sembra derivare dall’antico Metamauco, toponimo che risale all’epoca tardo-romana o bizantina, e che indicava un importante insediamento costiero: fu uno dei primi centri del dogado veneziano, anzi per un periodo ne fu persino la capitale, prima che il cuore del potere si spostasse a Rivo Alto (l’attuale Rialto). Poco lontano, anche Portosecco — oggi placido e quasi dimenticato — racconta una storia simile: un tempo era una vera e propria bocca di porto sull’isola di Pellestrina, tra Albiola e la stessa Pellestrina, ma con il passare dei secoli si interrò, probabilmente per i detriti trasportati dal fiume Medoaco, diventando letteralmente un “porto secco”.
Il ponte d’accesso a Malamocco
Camminare per Malamocco è come aprire una parentesi nel tempo: ci si sente altrove, eppure a casa. Un piccolo mondo sospeso tra pietra e acqua, dove il tempo non si è fermato — ha semplicemente deciso di camminare più piano. Le case sussurrano, come chi sa ma non ha bisogno di dire. Il canale centrale taglia il borgo con eleganza e quiete, mentre la piazza, la chiesa, il campo e i muretti assolati sembrano condividere un accordo segreto con il silenzio. Non per niente uno dei capitoli più intensi del mio “Calendario dell’avvento – Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” si è svolto proprio qui!
Excelsior, Mostra del Cinema e l’ex Casinò – I palazzi che sognano ancora di essere delle star
L’ex Casinò ha visto di tutto, in un continuo rincorrersi tra Dea bendata e aspiranti vincitori. Il Liberty si veste da red carpet, passando dalle suggestioni moresche dell’Excelsior al razionalismo severo dell’ex Casinò. L’eco delle dive si confonde con il suono lontano dei ventilatori vintage, e l’edificio — oggi chiuso, malinconico e maestoso — sembra trattenere ancora l’eleganza sussurrata degli anni d’oro, quando il Lido era la Hollywood italiana e il jet set, nazionale ed estero, batteva tra vaporetti e corse in Vespa. Poco più in là, il Palazzo del Cinema resiste con orgoglio: ogni settembre torna ad essere il cuore pulsante della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. E accanto, come un fratello maggiore pieno di fascino vissuto, l’Hotel Excelsior continua a raccontare una storia fatta di ombrelloni, smoking e notti illuminate da cineprese che sanno di champagne. Passeggiare qui, fuori stagione, è come entrare in un set addormentato: aspetta solo la prossima scena per destarsi — o il prossimo sognatore per accendersi alla ribalta.
Una piccola curiosità in diretta dalla spiaggia: le capannine che si noleggiano lungo le grandi spiagge dorate del Lido, soprattutto all’Excelsior, non sono solo numerate… ma anche battezzate come costellazioni. Da Orione a Cassiopea, passando per Andromeda, ogni cabina sembra voler evocare una notte stellata anche sotto il sole cocente. Ma attenzione: in perfetto equilibrio tra eleganza e scaramanzia, il numero 17 manca all’appello. Sarà forse per l’influenza del vicino ex Casinò, o semplicemente per quel buon senso balneare che invita a non sfidare la sorte proprio mentre ci si rilassa al sole. Alcune voci popolari attribuiscono questa scelta alla tradizione latina: 17 = XVII, anagrammato diventa VIXI, ovvero “ho vissuto”. Espressione tipica delle epigrafi funebri dell’antica Roma. E insomma… meglio un tuffo che un epitaffio no?
Infine, proprio qui, l’Excelsior custodisce un approdo segretamente famoso: è quello riservato ai taxi acquei e, soprattutto, ai VIP che arrivano direttamente via laguna, lontano da sguardi indiscreti. Un piccolo molo privato, nascosto alla vista e collegato da un canale laterale silenzioso, che sbuca su due uscite d’acqua: una guarda verso il Lazzaretto Vecchio, l’altra alle vicinanze di San Lazzaro degli Armeni. Un passaggio discreto e suggestivo, degno delle più eleganti fughe cinematografiche — tra lusso, mistero e un pizzico di leggenda.
Gran Viale – Tra ville Liberty, canali discreti e quella strana atmosfera da Europa del Nord…
Ponticelli eleganti, case affacciate sull’acqua e la sensazione che Amsterdam e il Lido si siano scambiate una cartolina negli anni ’30 — o magari siano state amiche di penna, tra uno stile floreale e un viale alberato. In certi angoli, il silenzio è così pieno che sembra trattenere parole non dette. Alcune facciate decorate, certi giardini nascosti, ti osservano come se sapessero raccontare storie migliori delle tue. Ma non ti giudicano: ti invitano a restare un po’, a osservare con calma e perderti nello scorrere di un tempo che pareva passato da un’eternità.
Guarda qui sotto: è vero, l’impronta veneziana si sente tutta — nelle persiane scolorite, nei muretti in mattoni, nelle volte alla veneziana e nei ponticelli discreti. Ma c’è qualcosa, nei riflessi sull’acqua, nelle facciate che si specchiano silenziose nei canali, in quei ponti con ringhiere sottili, che ricorda da vicino Amsterdam. Come se il Lido, per un istante, parlasse anche olandese. O forse è solo che, in certi giorni, la luce lagunare ha il potere di trasformare tutto: e i riflessi, invece di essere semplici duplicati, si fanno portali verso altri mondi.
Lido o Nord Europa?
Piazzale Santa Maria Elisabetta: tutte le strade portano qui
Se il Lido fosse un corpo, Piazzale Santa Maria Elisabetta sarebbe senza dubbio il suo cuore pulsante. Qui si incrociano viaggiatori, residenti e turisti, tutti uniti dalla necessità di prendere un vaporetto o semplicemente di respirare un po’ dell’aria lagunare prima di tuffarsi nelle dune o tra le ville Liberty. Il piazzale è un curioso mix di modernità e nostalgia: da un lato, l’efficienza degli imbarchi e la frenesia degli arrivi e delle partenze; dall’altro, qualche vecchio caffè che resiste al tempo e i ricordi di chi, magari, ha fatto il bagno a Malamocco da bambino.
A pochi passi, si ergono il maestoso Tempio Votivo della Pace, monumento imponente e silenzioso che veglia sull’isola, e la minuscola, raccolta chiesa di Santa Maria Elisabetta, piccola gemma nascosta tra le case, testimone discreta di una spiritualità antica e semplice. È il punto in cui il Lido si apre al mondo, senza però perdere la sua anima. Il contrasto tra il brusio degli arrivi e il silenzio delle pinete poco distanti è forse il modo migliore per capire quanto questa isola sia capace di sorprendere chi la visita — anche in una guida come questa, volutamente incompleta.
Saint-Tropez ha gli alberi degli yacht, il Lido invece ha i pini marittimi (e vince facile)
Nel mondo delle località di lusso, spesso il verde è un accessorio curato a tavolino, fatto di palme esotiche messe in posa ad arte e aiuole tanto perfette quanto innaturali. Al Lido di Venezia, invece, la natura si prende il suo spazio con una calma disarmante. Qui i pini marittimi sono padroni di casa da generazioni, creando ombre fresche e profumate che accompagnano passeggiate e riflessioni. Le dune si stendono libere, modellate dal vento e dal tempo, senza l’ansia di dover apparire perfette su Instagram (ma abbiamo anche quelle se vi servissero eh).
Questo verde spontaneo e vivido si fa lusso vero, perchè autentico, senza bisogno di filtri né di agghindamenti. L’aria profuma di resina e salsedine, un invito naturale a rallentare, a fermarsi su una panchina e lasciarsi attraversare dal silenzio. Nel confronto con altre località del Mediterraneo e non, il Lido si distingue per la sua natura “sospesa”, selvaggia ma accogliente e curata, un’oasi di pace in cui la vera star sono gli alberi e la luce che filtra tra i loro rami in un Komorebi in salsa lagunare.
San Nicolò – Il Faro che si fa via del mare e… spazio poetico!
Luce, mare e storia. Il Faro di San Nicolò si erge maestoso, una sentinella verticale che scruta l’orizzonte senza fretta sul finire della diga marittima. A volte basta uno scatto, un attimo fermato nel tempo, per capire che un luogo vale davvero il viaggio. E questo faro lo vale eccome.
È il punto più isolato del Lido, persino più silenzioso e spumeggiante del faro degli Alberoni, e si spinge nel mare nei pressi dell’aeroporto Nicelli, ma con un’atmosfera tutta sua, sospesa tra natura e storia. Qui, lungo il cammino verso la lanterna, piccoli versi ermetici si nascondono tra oggetti dimenticati, blocchi di cemento e scogli, sussurrando brevi poesie che aprono il cuore e allargano lo sguardo, invitandoci a perderci nella meraviglia di un tempo e di uno spazio che sembrano fuori dal mondo.
Adesso concentriamoci su… Come? Davvero dubitate ci sia stato davvero alla diga? Incredibile, eppure con molti ci conosciamo da anni… ma eccovi la prova:
Edoardo alias Trarealtaesogno al faro di San Nicolò al Lido
E poi c’è Pellestrina, dove la laguna si fa poesia (ma non ditelo troppo in giro sarà il nostro segreto)
Nota a piè di pagina (non richiesta, ma ve l’ho scritta lo stesso)
So che non ho parlato dell’aeroporto Nicelli con i suoi hangar déco, del Palazzo del Cinema in dettaglio, della Chiesa di San Nicolò o dei bunker abbandonati sul litorale. Non ho menzionato gli stabilimenti storici, i bagni Belle Époque, i cinema d’essai, il mercatino settimanale o il profumo di frittura nella notte. Nemmeno di ristoranti vista laguna o mare, o della cabina riservata a Liz Taylor, dei risciò, le bici a quattro posti, e dei tandem cigolanti, i gelati del Titta o la dolce vita sulle Vespa 50.
Nei miei articoli, video e contenuti distribuiti qui su WordPress, Instagram, TikTok, YouTube e nel canale Telegram, volutamente non mostro sempre tutto. Questo perché voglio trasmettere un vero senso di scoperta, invitando chi mi segue a immergersi con curiosità in ciò che faccio con passione e a scovare con i propri occhi quei dettagli nascosti che rendono speciale ogni luogo di cui vi parlo.
Conclusione… di guida volutamente incompleta… come tutte le cose davvero vissute:
Abbiamo camminato lungo un’isola sottile e sospesa (mai sottile come la vicina Pellestrina), tra silenzi, luci e storie che si intrecciano tra ville liberty, fari dimenticati e spiagge punteggiate di costellazioni. Il Lido non è solo uno scenario da cartolina, ma un luogo da scoprire con calma e attenzione. Non tutto è stato detto o mostrato: ciò che resta fuori campo è il cuore pulsante dell’isola. Ogni dettaglio è un invito a rallentare, ascoltare e lasciarsi sorprendere. Questa guida è volutamente incompleta, come la vita: fatta di attimi sfuggenti e scoperte per chi ha pazienza. Il vero segreto del Lido? Guardare oltre e trovare dentro di noi la risposta.
E comunque, una cosa voglio dirvela: “Amo le montagne, ma preferisco il rumore del mare”
E voi, cosa amate di più del Lido? Fatemi sapere qui sotto nei commenti, sono curioso di scoprire le vostre impressioni e i vostri angoli segreti di quest’isola speciale!
In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.
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Vi aspetto con nuovi segreti e avventure ogni venerdì!