I Segreti di Venezia: 50 Parole in Dialetto Veneziano che Svelano la Magia della Città

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Qualche articolo fa, esplorando le idee, le parole e gli oggetti che sono nati a Venezia, abbiamo scoperto, ad esempio, che la parola “Ciao!” affonda le sue radici proprio nella cultura popolare e nel linguaggio dei veneziani.
Mi son detto dunque: “Non sarebbe affascinante, avventurarsi tra le parole che — attraverso il dialetto locale — danno colore, sapore, profumo e suono al circostante?” Mi sono risposto di sì, ma non avendo la presunzione di elencarvele tutte, ho deciso di sceglierne cinquanta, simpatiche, originali o preziose, solo per voi.

Ecco a Voi le 50 parole veneziane “da collezione”: 📜✨

In questo compendio proverò a suddividere le parole per area tematica, seguendo i sentieri che esse stesse tracciano con la loro sonorità o significato:

Ci sono parole che, come scriverebbe Hemingway, raccontano la laguna e la vita in barca, altre che profumano e si assaporano lentamente, e poi quelle dalla musicalità rara e affascinante, come un sonetto di Shakespeare. Alcune affondano radici profonde, arcaiche e misteriose, mentre per le onomatopeiche, citando Emily Dickinson, si sentono come un vero e proprio tock tock alle soglie dello scibile. Ci sono sussurri, piccoli e comuni, ma radicati nel micromondo lagunare, come usciti dalla penna di Guareschi, sorrisi di suoni morbidi, dolci e allegri nel loro significato, e infine le più familiari, ricorrenti nel quotidiano, come il ritornello di una canzone che amiamo cantare a memoria.

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ponte chiodo

🌊 Parole della Laguna e delle Imbarcazioni:

  1. Altana: Una terrazza in legno sopraelevata tipica dei tetti veneziani. Le altane venivano usate storicamente per prendere il sole o far asciugare i panni; oggi sono luoghi suggestivi di relax con vista sui tetti della città.
  2. Zattere: La Fondamenta che si affaccia sul Canale della Giudecca, così chiamata perché un tempo vi attraccavano le zattere cariche di legname proveniente dal Cadore. È oggi una delle passeggiate più panoramiche e amate dai veneziani che conduce fino a Punta della Dogana.
  3. Barena: Terreno paludoso e piatto, tipico della laguna, periodicamente sommerso dalla marea. Le barene sono fondamentali per l’ecosistema lagunare, ospitando flora e fauna specifiche.
  4. Sàndolo: Una tipica imbarcazione veneziana, più piccola e leggera della gondola, con fondo piatto. È usata ancora oggi per il trasporto o per la voga veneta. Alcune versioni sono a remi, altre a motore (vedi barca sulla sinistra nella foto qui sopra)
  5. Forcola: è un elemento fondamentale delle imbarcazioni veneziane, in particolare della gondola, e serve da supporto per il remo durante la voga. Si tratta di uno scalmo scolpito in legno (solitamente noce), progettato in modo tale da offrire al vogatore diverse posizioni di appoggio, ciascuna adatta a manovre specifiche. Grazie alla sua forma articolata, la forcola consente di modulare la spinta e la direzione dell’imbarcazione con grande precisione.
  6. Garbin: È un vento di sud-ovest, noto anche come libeccio. In laguna, il garbin può portare mare mosso e temporali, ed è ben noto a pescatori e barcaioli.
  7. Zueca (o Zudeca): Nome dialettale dell’Isola della Giudecca “Zueca” appunto, ne ho parlato brevemente nei suoi aspetti meno noti in due articoli che troverai qui e qui.
  8. Cavana: Uno spazio coperto sul canale, simile a un garage per barche, spesso ricavato sotto un edificio o in riva all’acqua. Serve per ricoverare gondole, sandoli o altre barche private. Comunemente però può essere associato anche ad uno spazio scoperto dove sono attraccate numerose barche in uno specchio d’acqua riparato da una sorta di piccola dighetta.
  9. El Gansèr” (vedi galleria qui sotto), solitamente un ex gondoliere anziano o, raramente, uno più giovane.: Imbarcazione tradizionale a fondo piatto, più tozza e stabile rispetto al sandolo. Usata per trasportare merci o persone nei canali minori. Esistono varianti come il batèlo da transporto o da pesca.
  10. Bricola: I gruppi di pali in legno infissi nella laguna, usati come segnaletica nautica. Indicano i canali navigabili o i punti d’ormeggio. Le bricole sono un elemento iconico del paesaggio lagunare.

🍽️ Colori, Sapori e Piatti Tipici

  1. Bisato: In dialetto veneziano, il bisato è l’anguilla, pesce tipico della laguna, acquistabile sicuramente presso la Pescheria del Mercato di Rialto.
  2. Ostreghe: Ostriche della laguna veneta, un tempo abbondanti e apprezzate sia dai nobili che dal popolo. Oggi rare, ma simbolo di sapori antichi.
  3. Saor: Metodo di conservazione a base di cipolla agrodolce, uvetta e aceto, utilizzato soprattutto con le sarde (sarde in saor), ma anche con altri ingredienti lagunari.
  4. Scartòcio: ermine dialettale che indica la cottura “al cartoccio”, spesso utilizzata per pesci o verdure avvolti in carta da forno o stagnola, per mantenerne profumi e umidità.
  5. Risi e bisi: Un piatto veneziano tra minestra e risotto, preparato con riso e piselli freschi. Era tradizionalmente servito al Doge il 25 aprile, festa di San Marco.
  6. Castradina: Pietanza a base di carne di montone o castrato affumicato e salato, cucinata con verza e tipica della Festa della Salute (21 novembre). Simbolo di resilienza dopo la peste del Seicento.
  7. Fritoin: Il tipico “friggitoria” veneziano, oggi quasi scomparso. Qui si servivano scartosso de pesse frito, ovvero coni di carta pieni di pesciolini fritti, croccanti e caldi.
  8. Fregole: Nel dialetto veneziano, le fregole sono semplicemente le briciole di pane o piccoli frammenti di cibo caduti dalla tavola o sbriciolati durante il pasto.
    es. No far fregole par tera!
    (Non far cadere le briciole per terra!)
La Pescheria del Mercato di RIalto

🔊 Espressioni, Suoni e Parole Sonore

  1. Strolego: Termine affettuoso o ironico per indicare un astrologo, indovino, o più in generale chi “la sa lunga”, magari un chiacchierone che dà consigli su tutto.
  2. Sbrindèla: Persona trasandata, sciatta o vestita in modo stravagante e ridicolo. Può anche indicare un abito a brandelli.
  3. Paron de botega: Il “padrone del negozio”, ma anche chi si comporta da autoritario, che vuole comandare o avere l’ultima parola.
  4. Imbriagarse: Ubriacarsi, in modo vistoso o comico.
  5. Pitima: Persona che si lamenta continuamente, petulante, insistente fino allo sfinimento. È colei (o colui) che si attacca a un dettaglio e non lo molla più, spesso criticando o protestando in modo fastidioso.
  6. Pìzega: Schiacciata tra due oggetti o anche pizzicotto, oppure può indicare uno scatto, una mossa improvvisa o una sorpresa.
  7. Ciacola: Chiacchiera, conversazione frivola o continua; può anche essere usato come verbo (“ciacolar”) per “chiacchierare”.
  8. Baruffa: Lite animata, battibecco acceso; può indicare sia una discussione verbale che una piccola rissa. (Celebri le Baruffe Chiozzotte del Goldoni)
  9. Sciopon: Termine dialettale veneziano che indica un colpo improvviso e violento a livello fisico o emotivo. Può riferirsi a: uno spavento improvviso, un malore acuto (come un infarto o un colpo di pressione), o anche una forte emozione negativa che colpisce come un fulmine.
  10. Ciò: Parola tipica e intraducibile, usata come richiamo, saluto o rafforzativo, un po’ come “oh!”, “ehi!”, o “dai!”.
bottega drogheria mascari
Tipica bottega veneziana – la Drogheria Mascari

🧭 Toponimi e Forme Antiche

  1. Ruga: non sono un sintomo dello scorrere del tempo, ma sono delle calli molto sviluppate in lunghezza ed importanti.
  2. Rio terà: una strana denominazione che indica strade costruite sopra ex canali, testimonianze mute di un passato ormai sommerso, anzi, interrato!
  3. Mascaréta: Tipica imbarcazione lagunare, più piccola e leggera della gondola, spesso usata per il trasporto di persone o merci leggere (vedi foto sotto) nonchè prima imbarcazione con cui si approccia solitamente la Voga alla Veneta.
  4. Còdega: era il servo con lanterna che, fino al XVIII secolo, accompagnava a pagamento i passanti nelle calli buie, prima dell’illuminazione pubblica. Figura evocativa, oggi poetica.
  5. Farsalonga: indica una storia lunga e inverosimile, una tiritera, spesso noiosa o inventata.
  6. Zòstega: è un portico o passaggio coperto sotto un edificio, tipico nelle architetture veneziane, usato per collegare calli o per ospitare botteghe riparate.
  7. Sconte: sono calli o corti nascoste, spesso accessibili solo da piccole aperture o sottoportici.
  8. Pupparin: Tipica barca a remi veneziana, leggera e slanciata, dotata di più forcole. Utilizzata spesso per regate o per esercitarsi nella voga. A differenza della mascareta il vogatore di poppa non è a bordo ma alloggia sopra la poppa (=retro della barca) dell’imbarcazione.
  9. Calle: Parola onnipresente a Venezia: indica una strada pedonale stretta, spesso tra edifici alti. A differenza delle “vie” delle città di terraferma, le calli sono l’ossatura viaria della città lagunare.
Io ed il mio Maestro Angelo Scarpa “della Pitta” in una delle lezioni di Voga alla Veneta a bordo di una mascareta alla fine degli anni '90.
Io ed il mio Maestro Angelo Ghezzo “della Pitta” in una delle lezioni di Voga alla Veneta a bordo di una mascareta alla fine degli anni ’90.

☀️ Parole Legate al mondo Lagunare

  1. Fondamenta: Sono i marciapiedi che costeggiano i canali, ovvero le strade pedonali che corrono parallele all’acqua. A differenza delle calli, hanno sempre almeno un lato affacciato su un rio o su un canale.
  2. Paluo: In veneziano, indica un tratto di laguna dai fondali bassi, spesso emerso con la bassa marea. I palui si distinguono dalle barene perché possono rimanere sommersi o visibili a seconda del livello della marea, e costituiscono aree semiemerse tra l’acqua navigabile e la terraferma.
  3. Masegno: Sono le grandi lastre in pietra d’Istria con cui è pavimentata gran parte di Venezia. Robusti e resistenti al sale, i masegni sono elementi architettonici iconici della città.

🌙 Parole Rare e Dolci

  1. Garanghelo: voce del dialetto veneziano che significa “merenda, baldoria” festosa.
  2. Morbin: indica brio, simpatia, spirito leggero e vivace, un modo giocoso di stare al mondo. Avere morbin significa saper portare allegria con garbo.
  3. “A siora Zanze zé deboe de suste”: Una vecchia canzone della tradizione racconta che la signora Zanze fosse costretta a correre spesso alla latrina per motivi di salute. Da questa storiella nasce un’espressione usata ancora oggi per descrivere chi è sempre in movimento, incapace di restare tranquillo o fermo anche solo per un istante.
  4. Àmia: è il femminile di “barba”, e quindi zia, donna anziana, figura familiare femminile.
  5. Pocio: in veneziano pocio significa imbroglio, pasticcio, mescolanza confusa, oppure una persona inetta o maldestra (a volte anche sudicio).
  6. Taccolin: in molti dizionari dialettali taccolin (o tacolìn) indica il portamonete o portafoglio, piccolo e tascabile.
  7. Barba: Oltre al significato ovvio di “zio” o “uomo anziano”, in veneziano barba ha una connotazione familiare: indica la figura di un uomo protettivo, rassicurante, a volte burbero ma dal cuore grande.
  8. Bombaso: Il significato più fedele è quello di cotone grezzo, ovatta, imbottitura leggera, usata per imbottiture di materassi o cuscini.
  9. Sbessola: titolo affibiato a chi ha un mento pronunciato, alternativo a “Ghirba”.
  10. Omo de legno: l’attaccapanni, oggi chiamato “tacapani”.
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Pre – conclusione:

Prima di congedarmi con il consueto saluto vi voglio lasciare un sorriso, queste parole sono del compianto Lino Toffolo: attore, cantante, comico veneziano, icona culturale, dialetto vivace; venuto a mancare nel 2016. In uno sketch tipico del suo repertorio gli sentii dire questa frase che, nella sua semplicità, racconta la vita e lo spensierato modo di essere dei veneziani:
“Ghe xe tre fasi dea vita: giovane, adulto e… Te vedo ben!”
(letteralmente: ci sono tre fasi della vita: giovane, adulto e… ti vedo bene!)

In conclusione:

In conclusione, queste cinquanta parole sono solo un piccolo assaggio del vocabolario che colora e profuma la Venezia autentica. Ogni termine custodisce una storia, un gesto, un suono che affiora tra le calli ed i canali, raccontando un’identità viva e orgogliosa.
Ma ora lancio una sfida — simpatica e senza premi, se non la gloria personale: quante di queste parole conoscevate davvero? Fate il conto… ma per i veneziani doc, mi raccomando, niente imbrogli! Niente “cavane” linguistiche dove nascondersi!
E per tutti gli altri: che sia l’inizio di una collezione personale di parole da custodire e sfoggiare, come un piccolo scrigno segreto da tirar fuori tra una ciacola e un’ombra de vin.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: In campo Sant’Angelo passa un canale “segreto” – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. L’autenticità di Venezia è cosa nota e, proprio in queste pagine, abbiamo sfogliato vari capitoli dei suoi piccoli, ma grandi, segreti. Oggi, però, non andremo a rievocare il potere dei Dogi o il fascino delle gondole: punteremo su qualcosa di più semplice e, proprio per questo, altrettanto affascinante. Scopriremo infatti un canale segreto che, passando sotto ad alcuni edifici, sembra scomparire — per poi proseguire il suo itinerario nel cuore della città, arrivando addirittura fino al Canal Grande.

isegretidivenezia.com

Dove ci troviamo e cosa c’è nelle vicinanze?

Siamo nel Sestiere di San Marco, il più nobile della città, e ci troviamo in Campo Sant’Anzolo (Sant’Angelo), una sorta di epicentro cittadino, praticamente equidistante dal Ponte dell’Accademia, da Piazza San Marco e dal Ponte di Rialto.
Se Venezia avesse un cuore, forse potremmo trovarlo proprio qui… oltre che a Castello, ma lì si parla di quello di Melusina, ve la ricordate la leggenda, vero?
Proseguendo, se ci guardiamo attorno, scorgeremo la Chiesa dell’Annunziata, una delle più piccole della città, ma anche sedi istituzionali, negozi di souvenir, un’edicola, osterie, vere da pozzo… insomma, veri frammenti di vita veneziana, quella autentica.

vista d'insieme di campo sant'anzolo e della chiesa dell'annunziata dando le spalle al canale segreto

Come raggiungerla?

Forse è proprio il suo farsi “viatico del mondo veneziano” a rendere prezioso questo campo.
Il suo essere così vicino a tutto lo trasforma in qualcosa che si attraversa distrattamente, mentre si è diretti altrove. Fermiamoci e scegliamo la via più comoda: partiamo dal Ponte dell’Accademia, attraversiamo tutto Campo Santo Stefano e, una volta in fondo, imbocchiamo la calle che nasce tra i palazzi e la facciata della chiesa dedicata al Santo che dà il nome al Campo. A quel punto, non ci resterà che imboccare la Calle dei Frati che, superato il Ponte dei Frati, ci farà arrivare a destinazione.

Ora, godete dell’atmosfera: cercate gli edifici e i dettagli che vi ho descritto poco sopra…
e infine, trovate il canale segreto.

il rio de sant'anzolo e l'inizio del canale segreto che porta verso il canal grande

Il Canale Segreto: Il Rio del Santissimo

Lo avete visto?
Se così non fosse, vi ci accompagno virtualmente. Andate verso il campanile storto: lì, proprio accanto allo stazio dei gondolieri (ne passano tantissime da quelle parti!), scorgerete il canale segreto che scorre giusto al di sotto dell’arcata di un ponte sospeso in muratura, il quale collega due edifici contigui. Il canale in questione fa parte del Rio del Santissimo e scorre proprio sotto l’abside della chiesa di Santo Stefano.
Il valore simbolico di questo dettaglio è davvero unico. Il canale non è navigabile e lo si può ammirare da vicino solo in gondola o in barca. Insieme al celebre “ponte invisibile”, è un altro fantastico esempio dell’ingegno veneziano.

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In conclusione:

Venezia non smette mai di stupirci.
Anche nei suoi luoghi più centrali, dove il passo del turista è rapido e il vociare della città si fa intenso, si nascondono angoli di unicità, discreti e quasi invisibili. Il Rio del Santissimo, con il suo percorso segreto, è uno di questi: un piccolo prodigio architettonico, scoperto da pochissimi, che ci ricorda quanto la città lagunare sia costruita non solo sull’acqua e sulla pietra, ma anche sul mistero e sull’ingegno. Attraversare questi spazi con occhi curiosi significa entrare in dialogo con la storia viva di Venezia, divertendosi a coglierne i segreti che si svelano solo a chi sa fermarsi per davvero, anche solo per un istante.

mappa della posizione di campo sant'anzolo e del canale segreto

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: L’erosione silenziosa che sfida la città lagunare

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. Prima di cominciare, lasciate che vi ponga una domanda:
“Possiamo restaurare la pietra, ma potremo mai restituire l’anima a una città?”
È una riflessione difficile, lo so. Ma affrontarla con lo sguardo giusto vi condurrà dentro l’essenza del nostro cammino di oggi: una Venezia che, tra calli consunte e silenzi interrotti dall’incresparsi delle acque, si racconta nella sua fragilità potente, con la dignità di chi resiste al tempo senza clamore.

Quando l’acqua consuma la pietra: le cause dell’erosione lagunare

Venezia è, prima di tutto, una meraviglia di ingegneria arcaica: una città costruita con coraggio su una sorta di foresta capovolta, una fittissima trama di pali di legno piantati nel fango che, inconsapevoli, sorreggono la pietra, la storia, la città stessa.
La sua natura salmastra, plasmata dalle acque che la cullano e che l’hanno protetta nei secoli dalle scorribande degli invasori, rappresenta oggi anche il suo contrappasso.

Un antico pozzo e una facciata di una abitazione erosa parzialmente
Un antico pozzo e una facciata di una abitazione erosa parzialmente

Un tempo la sfida era approvvigionarsi d’acque potabili; oggi, la battaglia è contro un lento, inesorabile consumo: l’erosione.
Impossibile elencare con precisione tutte le cause, perché sono numerose e profondamente intrecciate tra loro. Dalle maree sempre più eccezionali alle grandi navi, dal moto ondoso al cambiamento climatico, molteplici fattori stanno minando giorno dopo giorno le fondamenta stesse della città, influenzandone anche la parte emersa dal punto di vista estetico e identitario.

Il prezzo della bellezza: materiali, permeabilità e fragilità

Venezia, come detto, è costruita su un equilibrio impossibile, eppure ancora visibile agli occhi di chi sa guardare. Un universo fatto di mattoni, calce e pietra d’Istria: materiali scelti non a caso, ma per eleganza e resistenza, capaci di sfidare l’abbraccio mutevole e salmastro della laguna.

Eppure, nessun materiale, per quanto nobile, è eterno se esposto ogni giorno al fiato salato della città d’acqua. Le facciate, spesso adornate con grazia e leggerezza, assorbono nel tempo l’umidità e il sale trasportato dal vento, dalla pioggia, dalle maree — o che trasuda dal basso, risalendo lentamente attraverso i pori della materia.
Il sale, nemico silenzioso e paziente, si deposita, si cristallizza, poi spinge, infine spacca e sgretola. Gli intonaci si gonfiano, le superfici si sfaldano, lasciando cicatrici sulla pietra: bolle, crepe, distacchi. Come una pelle che cede al tempo.

Così, la bellezza di Venezia si riempie di rughe sottili, giorno dopo giorno, in silenzio. La città è permeabile: lo è sempre stata, verso i popoli, le acque, le storie. Lascia entrare e restituisce, ma trattiene anche la fatica del tempo.
Ed è proprio questa sua fragilità dichiarata, che si fa tratto distintivo e orgoglio, a renderla irripetibile.

Un volto che invecchia sotto il sole e nel sale, come quello del vecchio Santiago nel romanzo di Hemingway – Il Vecchio e il mare: segnato, ma fiero. Consumato, ma non vinto.

Storia di un lento collasso: episodi e dati che non si vedono

Dietro il volto scintillante di Venezia si nasconde una realtà spesso invisibile: una lenta, inesorabile erosione che si dispiega sotto i nostri occhi impotenti.
Da secoli, la città affronta un progressivo abbassamento del suolo, noto come subsidenza, che ha radici in processi naturali ma è stato aggravato da alcune attività umane, come il prelievo delle acque sotterranee, ormai fortunatamente ridotto.
A questo lento declino si aggiungono i cedimenti strutturali di antichi edifici, spesso poggiati esclusivamente su pali di legno.
Questi pali, immersi nei fanghi anaerobici che ne preservavano l’integrità, sono ora impregnati d’acqua e, con il passare del tempo, si degradano, indebolendo il delicato tessuto urbano.

Le più recenti ricerche scientifiche, grazie a strumenti come GPS e telerilevamento satellitare, confermano che Venezia si abbassa mediamente di qualche millimetro all’anno: un dato apparentemente modesto, ma che, mantenendosi costante nel tempo, mette a serio rischio l’integrità stessa della città.

Questi segni silenziosi raccontano una storia di fragilità profonda, che richiede attenzione e interventi continui.
Venezia non è solo una città da ammirare per la sua bellezza, ma un organismo vivente che, pur nella sua maestosità, soffre e si trasforma, chiedendo a noi di comprenderne il lento declino e di prendersene cura.

Resistere o sparire: tra restauri, soluzioni e visioni per il futuro

Venezia oggi si trova a un bivio cruciale: resistere agli assalti del tempo e dell’acqua, o rischiare di scomparire lentamente sotto il peso delle sue fragilità.
I restauri, spesso lunghi e costosi, cercano di restituire dignità alle sue facciate, consolidare le fondamenta e fermare l’avanzata dell’erosione.
Progetti imponenti come il MOSE, concepito per difendere la città dalle acque alte eccezionali, rappresentano tentativi moderni di preservare un equilibrio che da secoli sembra sfuggire, ma che un giorno potrebbe non essere più sufficiente.

“Salvare Venezia” non significa soltanto proteggere i mattoni o innalzare barriere. È un compito complesso che coinvolge la gestione sostenibile del turismo, la tutela dell’ambiente lagunare e una riflessione profonda sul senso stesso di città: un organismo vivo che vive nella relazione armonica tra acqua e terra, tra passato e futuro.
Il vero futuro di Venezia dipende dalla nostra capacità di coniugare innovazione e rispetto per l’identità unica di questo luogo.

In questo fragile equilibrio, la città continua a raccontarci la sua storia come un vecchio disco che suona, fatta di resilienza, bellezza e di un lento, incessante dialogo con il tempo e con la natura.
Ignara però dei pericoli che corre proprio in virtù di ciò che è nella sua essenza più profonda.
Il futuro di Venezia è un’opera aperta: sta a noi scriverla con cura, consapevolezza e passione, trasformandolo nel capolavoro di tutti.

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In conclusione:

Camminiamo tra calli e palazzi, ammirando la bellezza senza sempre percepire la fragile trama che sostiene Venezia.
Ogni pietra, ogni muro segnato dal tempo, racconta una storia di resistenza e di equilibrio instabile tra acqua e terra.
La laguna, che ha cullato e protetto la città, oggi le pone una sfida silenziosa e continua: non solo conservare la sua materia, ma custodire la sua anima.
In questo dialogo delicato tra passato e futuro, Venezia ci insegna che la cura non è solo un gesto tecnico, ma un atto d’amore e consapevolezza.
Perché in questa città, dove il tempo sembra rallentare, ogni sforzo per salvarla è un impegno a preservare un patrimonio di storia, bellezza e identità che appartiene a tutti noi.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: L’acqua della serenissima, i Veneziani e l’acqua potabile

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. In questa tappa esploriamo un dilemma quasi amletico: come riuscivano a bere acqua potabile in una città circondata da acque salmastre? L’acqua, elemento imprescindibile per la vita, assume a Venezia un significato speciale: non solo per la sua apparente abbondanza, ma per le sfide uniche che questo elemento comporta in una città costruita proprio sulle acque. L’obiettivo non è offrire risposte scientifiche, ma raccontare con passione quei piccoli dettagli che, nascosti tra le pieghe di una città unica, si sono persi tra tempi e memorie remote e che ancora oggi ci parlano della sapienza e della quotidianità di chi ha vissuto la Serenissima..

Come i veneziani hanno reso potabile l’acqua in una città costruita sull’acqua salata:

È risaputo, Venezia è una sorta di palafitta, una vera e propria foresta capovolta. Viene abbracciata dalle acque salmastre lagunari a tutto tondo e, ovviamente, queste acque sono inadatte per loro natura intrinseca al consumo umano. Il problema dell’acqua potabile risultò cruciale in termini di sopravvivenza cittadina e, l’indipendenza sotto questo profilo si fece decisiva anche nei periodi più bui.

Una vera da pozzo veneziana vicino alla Scuola Grande di San Marco - monumento bartolomeo colleoni
Un esempio emblematico è la vera da pozzo situata accanto alla Scuola Grande di San Marco e al monumento equestre del Colleoni: un’immagine che racconta silenziosamente secoli di ingegno idrico veneziano.

Prima delle moderne infrastrutture idriche, i veneziani si affidavano a diverse soluzioni per procurarsi acqua potabile. È plausibile che l’acqua dolce fosse trasportata dalla terraferma tramite imbarcazioni come le “burchi”, anche se le modalità potevano variare nel tempo. Inoltre, la raccolta e conservazione dell’acqua piovana in cisterne domestiche era una risorsa fondamentale. Questi metodi mostrano l’ingegnosità necessaria per vivere in una città costruita sull’acqua.

La soluzione geniale adottata dai veneziani:

A Venezia, i pozzi e i bacini d’acqua dolce erano riforniti non solo dalle falde sotterranee, ma anche dall’acqua piovana convogliata tramite una rete di tombini e canali comunicanti verso cisterne pubbliche e private. Questo sistema intelligente integrava le risorse dove l’acqua dolce scarseggiava, creando riserve preziose per la città. Per migliorarne la qualità, venivano usati filtri naturali di pietre e sabbia.

Sotto la vera, la superficie dei campi, si trovavano cisterne rivestite d’argilla dove l’acqua raccolta dalle pilelle veniva conservata e filtrata in modo naturale. Sebbene la qualità fosse modesta, questi pozzi pubblici erano fondamentali e gestiti dalla corporazione degli Acquaroli. Data l’importanza vitale dell’acqua, la Serenissima affidava la sua gestione a quattro Magistrature, veri e propri ministeri dedicati a questa risorsa.

E chi erano gli Acquaroli? I custodi dell’acqua nella Venezia antica

Vi ricordate i Signori della Notte? Questi misteriosi guardiani pattugliavano Venezia durante le ore più oscure, mantenendo l’ordine e proteggendo la città da furti e pericoli. Il loro ruolo era di sorvegliare in generale la sicurezza pubblica, ma di certo tra i loro compiti rientrava anche la protezione delle infrastrutture vitali, come pozzi e cisterne, per evitare manomissioni o saccheggi. E gli Acquaroli? Questa corporazione altamente specializzata si occupava esclusivamente della gestione dell’acqua potabile: dalla manutenzione delle cisterne e pozzi, al rifornimento e al controllo della qualità dell’acqua stessa e della sua protezione contro sprechi o abusi (artigiani avidi di acqua per la loro attività). Mentre gli Acquaroli si occupavano direttamente delle risorse idriche, i Signori della Notte svolgevano una funzione di sorveglianza esterna e più ampia, proteggendo la città in senso lato, compresi anche i beni gestiti dagli Acquaroli. Questa distinzione evidenzia come la Serenissima avesse creato un sistema integrato di gestione e protezione dell’acqua, fatto di figure diverse ma complementari, consapevoli dell’importanza cruciale di questo bene prezioso.

L’acqua potabile oggi: cosa è cambiato e quando?

Se un tempo la sopravvivenza dei veneziani dipendeva da cisterne e pozzi piovani, e l’acqua dolce arrivava con i burchi dal Brenta, la vera svolta avvenne solo nel 1884, con l’inaugurazione del primo acquedotto moderno. Le condotte, posate sul fondo della laguna, portarono finalmente l’acqua potabile da Sant’Ambrogio di Trebaseleghe fino al cuore della città, accolta in festa da una fontana illuminata in Piazza San Marco. Oggi Venezia è collegata alla rete idrica della terraferma, con impianti avanzati di depurazione e distribuzione che garantiscono qualità e continuità. Ma il rispetto per l’acqua, bene prezioso e vulnerabile, resta centrale: le acque alte e la pressione ambientale lo ricordano ogni giorno. E proprio nel 2024 sono iniziati i lavori per due nuove condotte, a rafforzare ancora una volta quel ponte vitale tra passato e futuro.

Oggi, come allora, la sfida non è solo tecnica, ma culturale: comprendere quanto l’acqua, anche quando invisibile sotto i nostri piedi o nascosta dietro rubinetti automatici, resti l’anima liquida di una città che ha fatto dell’ingegno la sua prima difesa.

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In conclusione:

Oggi camminiamo tra campi e calli senza pensare a ciò che scorre sotto i nostri piedi.
Ma ogni pozzo ed ogni pietra raccontano una sfida vinta contro la natura.
L’acqua, invisibile e vitale, ha plasmato non solo la città, ma anche il carattere dei suoi abitanti, che inizialmente l’hanno scelta come rifugio dalle invasioni barbariche, lasciandosi cingere interamente. Nel silenzio delle cisterne, si custodiva la sopravvivenza della Serenissima. E mentre i turisti sorseggiano caffè, pochi sanno di poter bere da un’eredità d’ingegno secolare. Il rispetto per l’acqua, allora come oggi, è la chiave per comprendere Venezia. Perché in questa città, nulla è davvero scontato. Nemmeno un semplice bicchiere d’acqua.
Ed il rispetto, ci fa ambire d’essere dei turisti responsabili.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: Lo spioncino sul pavimento – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi vi confesso qualcosa di particolare: il segreto che sto per svelarvi non è solo affascinante, ma anche uno dei più sfuggenti che abbia mai cercato. Seppur citato da molti, è rimasto a lungo celato, difficile da localizzare persino una volta giunti nel punto esatto. Ci è voluta più attenzione del solito, e un pizzico di ostinazione in più, per riuscire a scorgerlo.

isegretidivenezia.com

Casino Venier: cos’era?

A pochi passi da Piazza San Marco, nel cuore di una delle storiche “marzarie” veneziane — la Marzaria del Capitello — ci troviamo in un luogo che un tempo pulsava del profumo delle stoffe pregiate e dei vivaci commerci. Oggi, questa zona ospita eleganti boutique e marchi più o meno noti, che continuano, a modo loro, a onorare la vocazione mercantile dell’area.

Proprio qui, tra queste calli, si nascondevano i cosiddetti casini — non nel senso moderno del termine, ma nel significato originario e veneziano: piccoli salotti privati, accoglienti e discreti, dove la nobiltà si ritrovava per conversare, leggere, intrattenersi con musica o, talvolta, per incontri più riservati. Segno di distinzione e di modernità, questi spazi potevano essere posseduti anche da donne, senza che vi fosse alcuna limitazione di genere, a testimonianza dell’apertura culturale della Serenissima.

Il Ponte dei Bareteri
Il Ponte dei Bareteri

Come raggiungere Casino Venier:

Partiamo da Piazza San Marco, cuore pulsante di Venezia, e dirigiamoci verso le Mercerie de l’Orologio, vivace via commerciale. Attraversiamo la calle e svoltiamo a destra in Ramo San Zulian, un angolo tranquillo dove il tempo rallenta. Proseguendo, arriviamo alla Marzaria San Zulian, che racconta il cambiamento della città commerciale. Poi, ci dirigiamo al Sotoportego delle Acque, un passaggio discreto e segreto, dove la storia sembra fermarsi. Attraversato, siamo a un passo dal Casino Venier, dove il portone silenzioso nasconde un affascinante segreto veneziano, un luogo di conversazioni segrete tra aristocratici e amanti.

Lo spioncino sul pavimento ed il suo perchè:

Il Casino Venier, eretto nel 1750 e appartenente alla nobile famiglia Venier, rappresentava un rifugio elitario per la nobiltà e gli intellettuali dell’epoca. Frequentato da figure di spicco della cultura veneziana e europea, il casino era celebre per la sua eleganza e per i raffinati salotti dove si intrecciavano conversazioni, letture e incontri segreti. Gli interni, caratterizzati da affreschi originali e pavimenti in marmi policromi, riflettono la magnificenza del ‘700 veneziano. Tra i dettagli più curiosi, c’era uno spioncino nel pavimento, un piccolo accorgimento che permetteva di spiare i visitatori senza essere visti, un simbolo della discrezione e della riservatezza che permeava l’atmosfera del luogo.

Oggi, il Casino Venier ospita l’Alliance Française, e offre la possibilità di essere visitato su prenotazione. Un tempo, lo spioncino serviva per garantire la sicurezza e l’intimità degli incontri, permettendo di verificare chi stava bussando senza compromettere l’esclusività del locale.

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In conclusione:

In conclusione, il Casino Venier è un angolo nascosto di Venezia che, nonostante il passare dei secoli, conserva un fascino senza tempo. Ci sussurra di segreti e di storie uniche, declinando in un luogo iconico la raffinatezza e la discrezione che hanno contraddistinto la città. Ogni dettaglio, come lo spioncino nel pavimento, racconta un pezzo di storia vivido e vero. Venezia, con i suoi angoli segreti, si fa invito a guardarla più da vicino, a scoprire il passato che pulsa sotto la superficie delle sue pietre. Ogni mattone, ogni calle, ogni angolo è una pagina aperta della sua storia.

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In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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