I Segreti di Venezia: Torcello e il leggendario trono di Attila

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. La settimana scorsa abbiamo camminato insieme per la centesima volta: come dicevo, forse in futuro questa “serie positiva” potrebbe interrompersi, ma non il progetto nella sua complessità. Ho sempre avuto un rapporto trasparente con voi, sin dal primissimo articolo, e vi confesso dunque che l’eventuale dilatazione delle uscite su questo segmento porterà a nuovi orizzonti, magari in città diverse. Ora basta anticipazioni: tempo al tempo. Proseguiamo il nostro viaggio con una delle isole più affascinanti e, insieme a Burano, tra le più isolate dalle acque che la abbracciano in tutta la laguna. Benvenuti a Torcello, l’isola del Trono Leggendario, dove si narra che Attila stesso avrebbe trovato riposo tra le sue acque silenziose, lasciando un segreto custodito da secoli.

Verso Torcello: tra Burano e la laguna

Il viaggio può iniziare da Venezia, partendo dalle Fondamente Nove, ma basta un battello per sentirsi già altrove. Attraversando la laguna la natura si rivelerà nella sua interezza, tra acque e barene. A pochi minuti da Burano, l’isola di Torcello si svela lentamente, e la fermata ACTV in legno, unica nel suo genere, funge da preambolo a un mondo sospeso nel tempo, diverso da ogni altro approdo della laguna. Per raggiungerla si può prendere la Linea 12, che attraversa Murano e Mazzorbo fino a Burano e prosegue fino a Treporti, offrendo un percorso panoramico tra le isole della laguna: la fermata a Torcello è su richiesta, il diretto vale per poche corse al giorno, e va prenotata almeno 20 minuti prima a questo numero 800845065. Le corse principali coprono le fasce mattina, pomeriggio e sera. Chi parte invece da Burano può usare la Linea 9, collegando le due isole in pochi minuti con corse frequenti. Per tutti gli orari aggiornati e le modalità di prenotazione, consultate il sito ufficiale ACTV.

Il silenzio dei canali e il Ponte del Diavolo

Un ricordo preciso ed intenso della mia prima visita a Venezia durante la pandemia di Covid-19 nel maggio del 2020 è l’estremo silenzio, anche a Piazza San Marco o Rialto (se vuoi saperne di più clicca qui), che aveva avvolto una città dove silenzi e paesaggi normalmente non vanno di pari passo. Perché ve ne parlo? Perché, pur con motivazioni diverse, quello stesso silenzio, profondo e ininterrotto se non per il vociare dei gabbiani o il cicaleccio degli insetti, l’ho rivissuto una volta giunto a Torcello.

La strada si apre innanzi lastricata di mattoni a spina di pesce tipici della Venezia più antica, parendo quasi disegnata dal canale che scorre alla sua destra, e non viceversa. Dopo circa 300 metri compare lui, un ponte affascinante e poetico, privo di parapetti come il Ponte Chiodo di Cannaregio: il Ponte del Diavolo. Il suo nome, avvolto nel mistero, è al centro di numerose leggende: alcuni sostengono che derivi dal cognome di una famiglia veneziana, altri lo collegano a un antico racconto. Si dice che, durante il periodo della dominazione austriaca a Venezia, una giovane innamorata di un ufficiale fu sopraffatta dal dolore dopo la sua tragica scomparsa, probabilmente per mano della propria famiglia. Disperata, si rivolse a una maga, che la convocò sul ponte, lontano da occhi indiscreti. La maga invocò il diavolo per riportare in vita il giovane, in cambio della promessa delle anime di sette bambini. Poco dopo, tuttavia, la strega trovò la morte in un incendio e non poté rispettare l’accordo. Ancora oggi, la leggenda racconta che, ogni 24 dicembre, il diavolo si manifesti sul ponte sotto forma di un grande gatto nero, venendo simbolicamente a reclamare quanto gli era stato promesso.

Chiese, case ed edere: il cuore antico di Torcello

Al centro di Torcello, tra silenzi e canali sospesi nel tempo, si ergono due chiese, quasi siamesi, unite da un porticato che le abbraccia frontalmente, e che raccontano l’anima dell’isola. La basilica di Santa Maria Assunta domina la piazza con la sua imponenza antica e la bellezza semplice della pianta basilicale, mentre accanto, quasi in un dialogo silenzioso, la chiesa di Santa Fosca, circolare e raccolta, svela armonie veneto-bizantine e decori pieni di storia. Intorno, tra le rade case, le edere rampicanti e gli angoli verdi, emergono la canonica, la fonte battesimale e i resti dell’antico battistero, mentre il Museo di Torcello racconta tempi passati e culture intrecciate. Passeggiando qui, ogni passo sembra sospeso tra fede e mito, storia e leggenda, in una luce che sembra ferma nella laguna.

Il Trono di Attila: leggenda e mistero

Ed eccoci al Trono di Attila: questo manufatto conserva secoli di storia, leggende e misteri: viene fatto risalire al V secolo, periodo di fondazione di Torcello, rappresentava il il seggio del governatore dell’isola, il magister militum e, deludendovi, vi confesso che “il Flagello di Dio” – Attila, in realtà non vi si sedette mai. Le voci popolari però corroborano un’altra leggenda, cioè che chi si sieda su questo trono possa trovare fortuna e fertilità.

Edoardo L’autore, visibile come mai, sul trono di Attila tra leggende e dicerie, 
in attesa di una fortuna che, di fatto, vive solo nei miti.
L’autore, visibile e regale come mai, sul trono di Attila tra leggende e dicerie,
in attesa di una fortuna che, di fatto, vive solo nei miti.

Intorno, la Basilica di Santa Maria Assunta e la raccolta Santa Fosca, unite da un porticato e circondate da edere e case rade, raccontano l’arte bizantina e veneto-bizantina. Tra resti del battistero, fonte e Museo di Torcello, ogni passo sembra sospeso tra mito e storia, in una luce che ferma il tempo nella laguna.

Torcello oggi: un’isola sospesa nel tempo e da rispettare

Visitare Torcello significa immergersi in un luogo sospeso nel tempo, dove ogni passo invita alla calma e alla contemplazione. Rispettare l’isola e la sua natura, le sue storie e chi la abita vuol dire ridurre il nostro impatto, valorizzare la sua unicità e scegliersi di muoversi con attenzione, cogliendo dettagli che sfuggono a chi corre e facendo sì che nemmeno l’ombra che proietteremo possa danneggiarla. Scegliere un turismo consapevole significa privilegiare percorsi sostenibili, muoversi lentamente, sostenere le attività locali: così ogni visitatore diventa custode attivo di Torcello, di Venezia, dell’Italia tutta, contribuendo a preservarne la bellezza e a mantenerne intatta la magia.

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Per concludere

Siete pronti a viaggiare nel tempo? Perché visitare Torcello significa camminare sospesi, Tra Realtà e Sogno, in un luogo che, a ogni passo mosso, ci sussurra storie e leggende, anche solo da immaginare (come per esempio ho fatto nella tappa locale del calendario dell’avvento 2024). Ogni scorcio, ogni canale, ogni edera diventano pretesto per sospirare di bellezza. Così Torcello, come tutta la laguna, resta magica, intatta e pura, pronta a sorprendere chi sa guardare con occhi e cuore semplici.

Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare

Qui sotto trovi la mappa interattiva dei Segreti di Venezia, con tutti i luoghi geolocalizzati. Ogni pin ti condurrà direttamente all’articolo corrispondente, permettendoti di esplorare la città seguendo le tracce dei racconti e di scoprire angoli nascosti e curiosità come mai prima d’ora.

Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.

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I Segreti di Venezia: Le maree di Venezia del 1966 e 2019, i rischi connessi al 2200 e all’overtourism

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un percorso che da 100 settimane vi accompagna tra storie, leggende e angoli nascosti della città lagunare. Questo centesimo episodio celebra non solo la strada già fatta, ma vi invita a continuare il viaggio fino alla fine, perché vi attende un annuncio stupefacente: un modo tutto nuovo per esplorare Venezia, scoprendo luoghi segreti e storie dimenticate. Solo chi arriverà fino in fondo potrà conoscere questa novità che cambierà il vostro modo di vedere la città.

Le due maree eccezionali che hanno segnato Venezia: 1966 e 2019

Venezia e le alte maree, c’è chi le monitora con i calendari, chi consultando il sito del “Centro Previsioni e segnalazioni maree” e chi con le app come hi!tide. Sapere però la previsione del giorno non è sempre sufficiente: a volte un mutamento improvviso delle condizioni meteo, o situazioni di totale eccezionalità, possono avere effetti che, come insegna la memoria storica, risultano devastanti.

Ricordo ancora il titolo di alcuni testi che descrivevano l’esperienza di Pellestrina e di tutta la laguna il 4 novembre 1966. Fu un evento così drammatico da essere tramandato con un’espressione tanto poetica quanto disarmante: “S’a tocà el mare co la laguna”, ovvero “il mare e la laguna si sono toccati”, tanta era la forza delle acque spinte da fattori imponenti. La marea record di quel giorno raggiunse 194 centimetri sopra il livello medio del mare, provocando allagamenti estesi e gravi danni in tutta la città, rimanendo il riferimento storico più drammatico del XX secolo.

Il 12 novembre 2019, invece, la marea massima fu di 187 centimetri, causando anch’essa allagamenti significativi, soprattutto in Piazza San Marco, ma senza raggiungere l’intensità ancor più devastante del 1966. Come vengono calcolati questi valori? Il calcolo viene effettuato rispetto al livello del mare medio a Punta della Salute, lo standard ufficiale per le rilevazioni delle maree in laguna.

Ma cosa significano esattamente questi 187 e 194 cm? Se ci trovassimo a Piazza San Marco e fossimo alti 170 cm, fino a dove ci coprirebbe l’acqua? Le immagini qui sotto e sopra raccontano benissimo maree “normali”, ma vi esplico subito l’esempio critico sulla base della statura indicata.

Considerando che Piazza San Marco è una delle aree più basse di Venezia, dove l’acqua alta inizia a essere percepibile a partire da circa 82 cm, durante la marea record del 1966, che raggiunse i 194 cm, l’acqua avrebbe coperto fino a circa il petto o il mento di una persona alta 170 cm, lasciando solo una piccola parte della testa visibile. Nel 2019, con i 187 cm registrati, la situazione era simile, con l’acqua che raggiungeva quasi la stessa altezza, mostrando quanto la città sia vulnerabile anche a maree leggermente inferiori rispetto al massimo storico. Questo ci aiuta a capire concretamente la forza e l’impatto di queste eccezionali maree sulle persone e sugli spazi cittadini.

Uno sguardo al futuro: Venezia e le maree del 2200

Come raccontare, senza troppi fronzoli, cosa potrebbe accadere da qui al 2200 ai livelli delle acque dei mari e della laguna che avvolgono Venezia?

Dopo un lungo percorso fatto di studi, richieste, burocrazia e approvazioni, nel 2017 è nato un wall painting da record: oltre 100 metri di opera che mostrano i livelli medi che le acque potrebbero raggiungere entro il 2200.

Linee, variabili e formule matematiche svelano l’innalzamento del mare e persino le onde estreme che potrebbero travolgere la laguna. E no, non è una puntata di Numbers.

L’autore è Andreco, ricercatore ambientale e street artist, che con “Climate 04” ha firmato il suo quarto progetto dedicato ai cambiamenti climatici.

Un segreto urbano a cielo aperto, visibile a pochi passi dal Ponte della Costituzione, sul versante di Piazzale Roma vicino alla stazione di Venezia Santa Lucia.

Non ci resta che dire grazie ai ricercatori del CNR, alle Università IUAV e Ca’ Foscari e ad Andreco che hanno regalato a Venezia un’opera capace di lanciare un messaggio potente e concreto sul futuro della città e delle acque che da sempre l’abbracciano.

Venezia sotto pressione: overtourism e affollamento turistico

Venezia non è più soltanto una città: è un flusso continuo di passi, di voci, di valigie rotolanti. Le calli, una volta lente, vuote e respirabili, oggi in alcune zone si affollano come fiumi in piena anche lontano da momenti come il Carnevale. L’overtourism non è un fenomeno astratto: lo si legge negli sguardi dei residenti, nelle notizie sullo svuotamento di popolazione stanziale in città, in alcuni scaffali vuoti dei negozi, nel silenzio delle piazze la sera, quando la città potrebbe vedere i veneziani tornare protagonisti, invano.

I numeri parlano chiaro: sono milioni i visitatori ogni anno, la maggioranza con permanenze brevissime. I day tripper attraversano Venezia come meteore, senza vederla davvero, lasciando poco o nulla in termini di esperienza o valore all’economia locale. Le misure introdotte – dal contributo d’accesso alle prenotazioni anticipate – hanno confermato un dato inatteso: il problema non è solo numerico, è culturale. Un limite agli ingressi può non farci soffocare in città, ma non muta il quadro di un turismo da selfie stick.

I nodi rimangono quelli delle case, soppiantate nella forma dalle locazioni brevi che hanno svuotato Venezia dai Veneziani, trasformando tante, tantissime abitazioni in involucri per turisti, scevri d’anima. Senza abitanti, Venezia perde il suo cuore, e senza giovani che scelgano di restare o di tornare a viverla, perde anche il suo futuro.

E in fondo, i Segreti di Venezia non sono soltanto curiosità o aneddoti da raccontare, ma tessere di un mosaico che restituisce il volto vivo e fragile della città. Raccontare significa custodire: ogni storia, ogni leggenda, ogni dettaglio è un invito a fermarsi, osservare, capire. Perché vivere Venezia non può essere solo attraversarla: serve un turismo che sappia rallentare, rispettare, riconoscere l’anima che resiste tra le calli. Solo così la città potrà respirare di nuovo, e i suoi abitanti ritrovare la dimensione quotidiana che le appartiene.

Turisti irrispettosi e “Attenzione pickpocket”: quando i vandali non sono dei barbari e la cronaca cittadina si fa rovente

L’estate a Venezia porta con sé vivacità, curiosità e qualche imprevisto: biciclette e monopattini che sfrecciano tra le calli, tuffi dai ponti e bagni improvvisati nei canali. A questo si aggiungono pickpocket, piccole tensioni quotidiane e segnalazioni dei cittadini attenti, segnali concreti della complessità della vita urbana. Ogni multa, Daspo o denuncia rappresenta un gesto concreto per mantenere l’equilibrio della città e proteggere i suoi abitanti.

Strumenti storici come le bocche delle denunzie, oggi chiuse, ricordano un tempo in cui la vigilanza silenziosa dei Signori della Notte custodiva ogni vicolo, garantendo pace e ordine senza clamore. Un richiamo a quell’attenzione discreta ma efficace, oggi quasi utopica, che rendeva Venezia non solo affascinante, ma anche sorprendentemente sicura e rispettosa della sua fragile quotidianità.

Tra rispetto e responsabilità: la sfida di oggi

Viaggiare con consapevolezza significa instaurare un rapporto di rispetto profondo con i luoghi, le culture e le persone che li abitano, riducendo al minimo l’impatto negativo e valorizzando ciò che rende unica questa città fragile e preziosa. Venezia ci invita a rallentare, ad aprire gli occhi sulla sua parte nascosta, a cogliere dettagli che sfuggono al visitatore frettoloso e ad agire sempre con gentilezza e attenzione.

Scegliere un turismo responsabile vuol dire privilegiare itinerari sostenibili, muoversi con mobilità dolce e sostenere le attività locali, contribuendo a mantenere vivo l’equilibrio tra residenti e visitatori. Ogni turista, con piccoli gesti consapevoli, diventa così custode attivo di Venezia, parte di un’azione collettiva che tutela il patrimonio, preserva la sua bellezza e accompagna la città verso una rinascita silenziosa ma concreta.

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I Segreti di Venezia: 100 puntate dopo e la strada che ci resta da percorrere insieme

Centinaia d’anni di storie, misteri e angoli nascosti ci hanno guidato tra calli silenziose, campi poco frequentati e scorci che solo chi osserva con attenzione può cogliere. Ogni puntata è stata un passo dentro Venezia, tra leggende dimenticate, dettagli architettonici e racconti di chi la vive davvero.

Oggi, dopo 100 puntate, guardiamo indietro con gratitudine e avanti con curiosità: c’è ancora tanto da scoprire. Ogni angolo nasconde un segreto, ogni sestiere racconta la sua storia, e il viaggio continua, invitandovi a esplorare con lo stesso sguardo attento di sempre.

Per continuare a farvi scoprire Venezia con cura e profondità, la cadenza settimanale delle puntate potrebbe diventare meno regolare nei prossimi mesi: questo ci permetterà di dedicare tempo a nuovi progetti per il sito e contenuti speciali, senza sacrificare la qualità che da sempre caratterizza questa serie.

E qualcosa bolle già in pentola: nuove città da esplorare e forse un racconto speciale per Natale, per accompagnarvi ancora una volta in un viaggio tra realtà e sogno.

E ora, come promesso all’inizio, il regalo speciale per voi vi aspetta nel paragrafo successivo!

Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare

Qui sotto trovi la mappa interattiva dei Segreti di Venezia, con tutti i luoghi geolocalizzati. Ogni pin ti condurrà direttamente all’articolo corrispondente, permettendoti di esplorare la città seguendo le tracce dei racconti e di scoprire angoli nascosti e curiosità come mai prima d’ora.

Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.

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I Segreti di Venezia: Il Ponte più importante di Venezia è… provvisorio! – Dorsoduro

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio tra le intriganti vicende della città lagunare, fatta di storie nascoste e piccoli miracoli quotidiani, spesso invisibili agli occhi frettolosi dei turisti. Oggi proviamo a porci questa domanda: Venezia sa incuriosire? La risposta, in particolar modo se state leggendo le mie parole, magari nemmeno per la prima volta, è: “Assolutamente sì!”. A tal proposito, oggi vi racconterò del ponte più importante di Venezia. Questo ponte unisce rive distanti più di 300 metri — ben oltre la misura dei ponti più celebri — e, al tempo stesso, si fonde con la storia cittadina, diventandone parte viva.

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Chi appare una volta all’anno a Venezia? Il Ponte del Redentore!

Un’opera effimera ma costante nei secoli: da 448 anni (al 2025), ogni terzo sabato di luglio, Venezia celebra la Festa del Redentore e, per l’occasione, viene montato un ponte votivo di 334 metri, il più grande della città se si esclude il Ponte della Libertà, nato però con altre funzioni. Questo passaggio straordinario collega la Fondamenta Zattere alla Basilica del Redentore sull’isola della Giudecca. Nel corso dei secoli il ponte ha assunto forme sempre diverse: in principio galere e zattere, poi un ponte Bailey militare, fino all’attuale struttura in legno e polietilene, lunga come sempre ma ora larga ben 4 metri.

il ponte votivo 2025 e la chiesa del redentore

Un corridoio sull’acqua tra Zattere e Giudecca

Il Canale della Giudecca si trasforma: dove fino a poco prima scorrevano vaporetti, navi e traghetti, ora fluisce un fiume di persone, tra fedeli e curiosi. Il ponte votivo diventa un corridoio sospeso sull’acqua, unendo i due sestieri in un cammino che fonde processione e festa, devozione e stupore. Attraversarlo significa immergersi in una storia che si rinnova ogni anno, al di là della fede personale: la dedicazione al Redentore resta intrecciata al destino di Venezia, che, uscita dalla peste, tornò finalmente a respirare. La basilica nacque come segno tangibile di gratitudine alla fine della terribile peste del 1575-77, e il ponte si rese necessario per garantire l’accesso a tutti coloro che volevano rendere omaggio.

il ponte votivo 2025 e la chiesa del redentore da una fermata actv

Come nasce e scompare un ponte provvisorio

L’assemblaggio del ponte votivo inizia alcuni giorni prima, quando una flotta di chiatte e piattaforme galleggianti viene progressivamente allineata e collegata tra le Zattere e la riva della Giudecca. L’opera richiede una precisione millimetrica: ogni sezione deve combaciare perfettamente per garantire stabilità e sicurezza a migliaia di persone.

Per mantenere la continuità della mobilità lagunare, il ponte è dotato di un rialzo con varco centrale, attraverso il quale possono transitare solo i mezzi pubblici più piccoli, come alcuni vaporetti e motoscafi di servizio. I traghetti di dimensioni maggiori, invece, non riescono a passare: i Ferryboat, che normalmente collegano Tronchetto – Lido San Nicolò, devono modificare il loro percorso, utilizzando la tratta alternativa Punta Sabbioni – Lido San Nicolò e ritorno.

Questa deviazione, ormai parte della tradizione logistica della Festa, mostra come, per un fine settimana all’anno, la città intera si pieghi a un rito collettivo, capace di modificare i ritmi e le abitudini di Venezia e della sua laguna.

L’ingresso principale è alle Zattere, il lungo camminamento assolato di Dorsoduro che conduce a Punta della Dogana. Da qui il ponte si protende verso la Giudecca, dove attende l’abbraccio con la Chiesa del Redentore, cuore pulsante della festa. Ai lati, calli e fondamenta svelano angoli vivi, tra chioschi, barche addobbate e scorci che raccontano la città nel suo momento più intimo e vibrante.

scorcio verso la Giudecca da Dorsoduro in fondamenta zattere

Da Dorsoduro a… Dorsoduro: come arrivare e cosa scoprire ai due capi

Partendo da Campo San Barnaba, cuore vivo del sestiere, si incontra la Bottega Galleggiante della Frutta e Verdura, un’imbarcazione che porta avanti una tradizione antica e pittoresca. Poco distante, sul Ponte dei Pugni “quattro piedi” raccontano storie di sfide e rivalità tra contrade veneziane, un tempo risolte proprio lì a colpi di lotta.

Camminando verso l’acqua, lo sguardo si apre sulla Punta della Dogana, il vero “ombelico del mondo”, dove si incontrano il Canal Grande, la Giudecca e il Bacino di San Marco. Qui, l’arte contemporanea dialoga con la storia millenaria della città. Poco più in là, lo Squero San Trovaso, uno dei pochi ancora attivi, svela l’antico mestiere dei maestri d’ascia, custodi della tradizione gondoliera.

Attraversando il canale, si entra in un’altra dimensione: la Giudecca, con i suoi scorci silenziosi e i racconti di vita sospesi tra fede, lavoro e segreti veneziani, che meritano un viaggio dedicato — come nelle due tappe di Alla Scoperta della Giudecca, parte uno e parte due.

Il Ponte provvisorio… che non è l’unico!

Ogni anno, a novembre, Venezia si prepara a un ulteriore rito temporaneo sul Canal Grande: il ponte in legno della Festa della Madonna della Salute. Questa struttura provvisoria unisce la punta della Dogana con Santa Maria del Giglio e, dunque, Dorsoduro con San Marco, offrendo un passaggio sicuro ai fedeli diretti verso la Basilica della Salute. La tradizione risale al 1630, quando la città, colpita dalla peste, promise di erigere un tempio dedicato alla Madonna per chiedere la fine dell’epidemia. Così, ogni anno, il ponte diventa simbolo di devozione, memoria storica e partecipazione collettiva, proprio come il celebre ponte votivo del Redentore.

il ponte in legno della Festa della Madonna della Salute
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La Giudecca non è un sestiere… ma meriterebbe di esserlo!

Attraversando il ponte, si comprende quanto la Giudecca sia più di un semplice isolotto: la sua storia, le calli, le ville e il respiro dei campi la rendono quasi un sestiere a sé. Eppure, per tradizione, resta “fuori” dai confini ufficiali. Camminare fin lì significa scoprire un piccolo mondo parallelo, sospeso tra acqua, fede e segreti veneziani. Ogni passo diventa un varco tra passato e presente, tra il silenzio di antiche memorie e il fermento di una vita che scorre discreta, lontana dalla folla. Ci si imbatte in atmosfere che parlano di lavoro, di devozione e di una quotidianità autentica, fatta di scorci nascosti, respiri lenti e storie che sembrano emergere dalle pietre stesse.

vista del consorzio cantieristica minore venezia alla giudecca
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In conclusione:

Attraversare il ponte del Redentore non è solo camminare da una sponda all’altra della laguna: è un gesto che unisce storia, fede e curiosità, trasformando ogni passo in un piccolo atto di partecipazione alla vita della città. Come per la Giudecca, spesso invisibile ma piena di meraviglie, anche i dettagli più semplici di Venezia — le calli, le ville, le barche, i ponti provvisori — custodiscono storie preziose che attendono di essere scoperte.

Prendersi il tempo di osservare, fermarsi e ascoltare la città significa diventare custodi del suo patrimonio invisibile, cogliendo l’equilibrio tra vita quotidiana, memoria e celebrazione. Solo così Venezia continua a vivere, tra il passato e il presente, raccontandoci le sue storie senza tempo.

mappa della posizione e vista metaforica del ponte votivo del redentore tra dorsoduro e giudecca (dorsosduro)

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

Vi aspetto con nuovi segreti e avventure ogni venerdì!

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I Segreti di Venezia: L’arte invisibile di salvare i peluche: un gesto che racconta Venezia

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio tra le intriganti vicende della città lagunare, fatta di storie nascoste e piccoli miracoli quotidiani, spesso invisibili agli occhi frettolosi dei turisti. Ogni giorno, senza che ce ne accorgiamo, decine di persone lavorano “nel silenzio generale” perché Venezia resti la gemma che tutti conosciamo.
Passeggiando per le calli, “a caccia di nuovi segreti”, ho avuto un’intuizione quasi casuale che ha dato vita a questo racconto: ho notato con occhi diversi qualcosa che avevo visto innumerevoli volte e che, proprio per questo, era diventata scontata.
Un gesto semplice e silenzioso che racconta molto della cura e dell’amore per la città, attraverso le mani di chi vi opera nel quotidiano.
Ora è il momento di svelare chi sono quegli “eroi per caso” che, con questo piccolo gesto, salvano i peluche dall’oblio, regalando loro una nuova vita.

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Chi salva i Peluche dall’oblio?

La risposta è più semplice di quanto si pensi: i peluche vengono salvati dagli operatori ecologici veneziani, che spesso si imbattono in giocattoli e oggetti simili ancora capaci di raccontare una storia. Tra una calle e l’altra, nel loro lavoro frenetico e indispensabile, questi oggetti — dotati di un’aura speciale — vengono recuperati e trasformati in veri simboli di cura e riuso. I carri a mano degli operatori diventano così piccoli angoli curiosi, arricchiti da questi “trofei” insoliti che raccontano molto della loro attenzione per la città e le sue storie.

quattro peluche appesi in coda ad un carro di un operatore ecologico Veritas a Venezia
quattro peluche appesi in coda ad un carro di un operatore ecologico Veritas a Venezia

Dove possiamo vedere i Peluche salvati?

Anche questa domanda, apparentemente difficile, trova rapidamente una risposta. I peluche si possono incontrare in tutta Venezia, già a partire dalle 6:30 del mattino e, con maggiore facilità, dopo le 8 e prima delle 13.
Durante la mattinata, ogni operatore completa il proprio giro e svuota il raccolto nelle barche appositamente attrezzate; una di queste è solitamente stanziata vicino al mercato di Rialto, in Fondamenta de le Prigioni.
Questo servizio viene svolto con modalità simili in tutta la Venezia insulare, quindi, se sarete negli orari giusti e avrete occhi e orecchie ben aperti, avrete sicuramente modo di osservarlo.

un ippopotamo peluche appeso in coda ad un carro di un operatore ecologico Veritas a Venezia
un ippopotamo peluche appeso in coda ad un carro di un operatore ecologico Veritas a Venezia

Il valore del recupero e del riuso in una città di storia millenaria: l’arte invisibile che racconta Venezia

La tutela è forse la parola che più si avvicina a raccontare il dovere e la necessità di chi ha il potere di agire nell’interesse della città di Venezia.
Restaurare, tutelare, recuperare sono parole scolpite nei marmi di ogni angolo della città.
In questo contesto, anche il semplice salvataggio di peluche ed oggetti simili diventa un gesto in piena armonia con l’ambiente in cui avviene: ciò che a molti sembra inutile si trasforma in un atto di rispetto verso un passato altrimenti abbandonato, un frammento piccolo ma profondamente significativo della cultura veneziana.
Una forma d’arte invisibile, che ci sfugge mentre ci passa sottecchi davanti agli occhi.
Restituire nuova vita a ciò che altrimenti sarebbe perduto… o semplicemente riciclato!

Ora sappiamo chi protegge i peluche, ma chi protegge Venezia? TU!

Ora che conosciamo gli “eroi per caso” che salvano i peluche nelle calli veneziane, la domanda successiva è: chi protegge Venezia? La risposta sei tu.

Viaggiare con consapevolezza significa instaurare un rapporto di rispetto profondo con i luoghi, le culture e le persone che li abitano, riducendo al minimo l’impatto negativo e valorizzando ciò che rende unica questa città fragile e preziosa.
Venezia ci invita a rallentare, ad aprire gli occhi sulla sua parte nascosta e ad agire con gentilezza e attenzione.

Scegliere un turismo responsabile significa privilegiare itinerari sostenibili, muoversi con mobilità dolce e sostenere le attività locali, per mantenere vivo l’equilibrio tra residenti e visitatori.
Ogni turista, con piccoli gesti consapevoli, diventa così custode attivo di Venezia, contribuendo alla sua tutela e rinascita.

Se questo racconto vi ha affascinato, vi invito a scoprire altri intriganti segreti della città lagunare. Potrete immergervi nella storia drammatica del giorno in cui il campanile di San Marco cadde, passeggiare lungo la suggestiva bottega galleggiante della frutta o scoprire l’energia e la tradizione del Ponte dei Pugni. Per gli amanti dei luoghi unici, la celebre Libreria Acqua Alta e il tradizionale Squero San Trovaso offrono scorci indimenticabili. Tra superstizioni e simboli misteriosi, non perdetevi la storia della Pietra Rossa a Castello, né la visita alla Chiesa di San Giacomo con il suo affascinante orologio da 24 ore. Infine, per chi ama scoprire angoli nascosti, Palazzo Tetta nel Sestiere di Castello rappresenta una gemma tutta da esplorare. Ogni dettaglio di Venezia custodisce storie e meraviglie pronte a essere svelate!

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In conclusione:

Venezia non smette mai di raccontarci le sue storie, spesso nascoste tra i gesti più semplici e le piccole meraviglie quotidiane. Come il salvataggio dei peluche da parte degli “eroi per caso”, anche ogni angolo, ogni dettaglio della città custodisce significati profondi e racconti preziosi, invisibili agli occhi distratti.

Prendersi cura di Venezia significa anche fermarsi, osservare con attenzione e rispettare ciò che spesso sfugge alla fretta del turismo. È un invito a scoprire la città con occhi nuovi, a lasciarsi sorprendere dalla sua magia sottile e a diventare parte attiva della sua tutela e rinascita. Solo così Venezia continuerà a vivere, raccontandoci la sua storia senza tempo.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: La foresta capovolta e le fondamenta invisibili della Serenissima

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi vi racconterò di come sia stato possibile rendere Venezia lo scrigno di tesori storico-architettonici che è oggi, nonostante l’intero territorio si fondi su antiche paludi salmastre. Per farlo, però, dobbiamo partire dalla sua parte invisibile, che, in un meraviglioso parallelismo con la natura degli alberi, consta nelle sue “radici”.

Le fondamenta della città sull’Acqua:

Venezia è un’utopia trasformata in realtà, costituita da oltre un centinaio di isole, e resa possibile grazie a un fantasioso quanto ingegnoso insieme di pali di legno che, a migliaia, sono stati piantati nell’instabile terreno lagunare.

Questi pali, che potevano arrivare fino a cinque metri, sono stati piantati fino a totale immersione nel fango salmastro che, anziché cagionarne il consumo (come accade alle famose bricole, erose dalle acque), ne preserva la robustezza grazie alla totale assenza di ossigeno. In tal modo, il legno si fa quasi pietra, solida e affidabile per poggiarvi gli edifici.

Convivendo con le sue criticità — acqua, fango, erosione — la città ha scelto la pietra bianca d’Istria per le rive, così da contrastare la forza del tempo.

L’ingegneria delle fondamenta veneziane:

Citando l’Atlante Storico della Serenissima:

“Le fondamenta di tutti gli edifici sono fatte di pali molto robusti di quercia o durmast, che durano per sempre sott’acqua… Questi vengono piantati saldamente nel terreno, poi chiusi con grandi pezzi trasversali e riempiti tra i pali con vari frammenti di pietre e cemento, creando così basi stabili e solide attraverso la coagulazione e l’assestamento.”

Questa foresta sommersa poi si vedeva posare al di sopra tavole di legno, blocchi di pietra e altro materiale. È come se gli alberi fossero capovolti e le loro radici, disposte come infinite braccia, sorreggessero metaforicamente il peso della città.

L’elasticità degli edifici veneziani:

Grazie a un terreno all’apparenza inadatto, gli edifici veneziani hanno sviluppato un’elasticità strutturale che nei secoli li ha aiutati a resistere a numerosi eventi infausti.

Passeggiando per Venezia, vedremo pareti arrotondate o inclinate in maniera atipica e tante, tantissime capochiave che, attraversando gli edifici da parte a parte, rafforzano reciprocamente la tenuta di pareti opposte.

Da dove proveniva tutto questo legno?

Tra imbarcazioni, bricole, edifici, fondazioni nei terreni, la Serenissima ha sfruttato i suoi domini nel Cansiglio e i suoi boschi, ma non solo. Sfruttò anche zone del trevigiano, del Friuli, fino al Cadore, veronese e il bassanese.

I tronchi risalivano l’Adige, il Brenta ed il Piave con grandi zattere che, sfruttando la corrente favorevole, giungevano placidamente navigando fino alla laguna.

una vista immaginaria dell'isola di San Giorgio nella sua prospettiva da Piazza San Marco con un rilievo sulle fondazioni della stessa.
Fondazioni immaginarie di Piazza San Marco

Il destino del legno a Venezia:

Proprio le “Zattere” erano il punto d’arrivo del materiale che poi veniva così gestito:

  • Verso l’Arsenale per le navi da costruire.
  • Verso San Biagio e Giudecca per divenire legna da ardere.
  • Infine il resto per consolidare terreni fangosi.

Il larice era il legno migliore per le fondazioni, la quercia per le navi e l’abete per gli alberi maestri.

Le bricole di Venezia: Sentinelle della Laguna

Citate poco sopra ci sono poi le Bricole, quei pali in legno che delimitano canali, stazi e soprattutto le vie navigabili lagunari. A “fine carriera”, salvo dispersioni e rotture accidentali, diventano spesso oggetto di riciclo o riuso creativo.

Celeberrimo il caso de i Pezzi di Venezia che fa rivivere in souvenir unici e di design i materiali che, diversamente, diventerebbero ostacolo, rifiuto o spreco di materia prima.

Se cercate inoltre un approfondimento più scientifico del mio attorno alle “fondazioni di Venezia” scoprite il fantastico video realizzato da Geopop sul tema!

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In conclusione:

Questa storia, eccezionale in senso assoluto, ci ricorda la nativa resilienza dei “futuri veneziani” che, in una situazione disperata — la fuga dalle terre limitrofe causata dalle incursioni barbariche — investirono in sudore e progettualità innovativa per vincere la loro sfida col destino. Così facendo, ci hanno regalato alcune delle pagine più belle, ricche e affascinanti di un popolo che, partito dalla terra, conquistò il mare e riconquistò territori ben oltre i confini dei suoi possedimenti originari.

Questa espansione raggiunse il suo apice nel XV secolo, quando la Serenissima estese il proprio dominio dalla Lombardia orientale fino alle coste dalmate, includendo città e porti strategici lungo l’Adriatico, le isole Ionie e persino Cipro. Venezia non solo controllava rotte commerciali vitali, ma divenne una potenza marittima e terrestre capace di influenzare la politica e l’economia del Mediterraneo e oltre. Da un arcipelago di esuli a un impero che si estendeva dalle Alpi al Levante, la città seppe trasformare la fragilità delle sue origini in una forza che avrebbe segnato la storia per secoli.

“E così, dal fango delle paludi nacque una potenza capace di dominare i mari e di incidere per sempre il proprio nome nella storia.”

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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