I Segreti di Venezia: Il Foro del Diavolo a Ca’ Soranzo – Castello

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. Oggi vi porto una storia “di confine”, ambientata in un luogo dove il passo di chi attraversa segna un inizio o una fine, a seconda della riva o del lato del ponte in cui ci si trova. Siamo esattamente tra il Sestiere di San Marco e quello di Castello, ma per raccontarla poseremo la nostra puntina su quest’ultimo, davanti a Ca’ Soranzo, teatro della vicenda.

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Come arrivare alla Casa dell’Angelo

Questo luogo, ben nascosto ai turisti, si trova in un punto di passaggio intimo e tipicamente veneziano. Qui non sarà raro incontrare gondolieri al lavoro, magari con un accompagnamento musicale capace di regalare un momento romantico agli innamorati di turno.

Raggiungerlo è semplicissimo: partite dal lato sinistro guardando la Basilica di San Marco, imboccate la Calle de la Canonica e svoltate alla prima a sinistra in Ramo va in Canonica. Proseguendo dritti per meno di un minuto, arriverete al Ponte de l’Anzolo e, guardando sulla destra, potrete ammirare la facciata di Palazzo Soranzo, noto anche come Casa dell’Angelo, sul cui altorilievo noterete il famoso foro.

Ca' Soranzo ed il foro del diavolo con gondola

Un segno inciso dal male nel cuore di Venezia

Come detto, siamo a pochi passi da Piazza San Marco, in calli percorse ogni giorno da centinaia di turisti che, presi dalla loro folle corsa contro il tempo, finiscono per ignorare quelle sfumature preziose di cui può godere solo chi ha la fortuna — o il merito — di rallentare.

La leggenda vuole che questo foro sia stato lasciato dal diavolo in persona: un segno che, per chi conosce la storia, non è soltanto una curiosità architettonica, ma la testimonianza di un patto oscuro e, proprio per questo, irresistibilmente affascinante.

L’avvocato che ingannava tutti (tranne il cielo)

A Ca’ Soranzo, nel XVI secolo, viveva l’avvocato della Curia del Doge Iseppo Pasini. Noto a tutti come uomo devoto e integerrimo, costruì la propria fortuna attraverso raggiri e inganni ai danni dei più deboli e indigenti. La classica facciata “perbene”, dietro la cui maschera morale si celava il più empio dei corrotti, mai sfiorato — peraltro — dalla giustizia veneziana.

Così almeno fino a un giorno, per Iseppo maledetto, in cui un frate cappuccino, tale Matteo da Bascio, fu invitato a cena e riconobbe nella scimmia che faceva compagnia a Iseppo nientemeno che il demonio, giunto in quella forma per reclamare l’anima dell’avvocato.

Il diavolo rivelò infatti al frate che non aveva ancora potuto far compiere il destino di Pasini, perché lo stesso ogni sera si affidava in preghiera alla Madonna. “Il giorno in cui dimenticherà di pregare, lo trascinerò agli inferi”, disse.

Il frate dunque ragionò di astuzia e diplomazia: non voleva la morte di Pasini, ma nemmeno cedere al ricatto lasciando il male in quella casa. Iniziò una trattativa col demonio e, alla fine, si accordò con il maligno che sarebbe tornato agli inferi solo dopo aver lasciato un segno indelebile, che realizzò subito, aprendo il foro ancora oggi visibile sulla facciata di Ca’ Soranzo.

Ma per Iseppo la storia non finì lì: il frate infatti lo punì in un altro modo, strizzando una tovaglia da cui fece scaturire “miracolosamente” del sangue, simbolo del prezzo in vite umane delle sue truffe. Pasini pianse disperato e ringraziò il frate per avergli fatto salva la vita.

il Foro del Diavolo e l'altorilievo dell'Angelo
il Foro del Diavolo e l’altorilievo dell’Angelo

Il foro maledetto e la soluzione al ritorno del diavolo

Il diavolo, nel suo tentativo di fuggire, colpì con forza la facciata del palazzo, lasciando un foro che ancora oggi si può osservare. Quel segno tangibile della sua presenza terrorizzò profondamente Iseppo, che temeva il ritorno del maligno proprio da quell’apertura. Per proteggersi, l’avvocato fece realizzare sopra il foro un altorilievo raffigurante un angelo, scolpito con uno sguardo deciso e vigile, rivolto a chiunque si avvicinasse, come a voler respingere ogni spirito oscuro.

Da allora, per questa presenza protettiva e per il celebre segno lasciato dal demonio, il palazzo venne chiamato Casa dell’Angelo.

Il foro oggi: un segreto a portata di sguardo

Ed è proprio questa sottile linea di confine a rendere la città un luogo unico, dove ogni angolo nasconde storie e leggende che attendono di essere scoperte. Nella rubrica “I Segreti di Venezia” abbiamo già esplorato altri misteri affascinanti, svelando lati nascosti e racconti dimenticati che rendono questa città un tesoro di enigmi senza tempo.

Se questo racconto vi ha incuriosito, vi invito a scoprire altri affascinanti segreti della città lagunare. Dalla romantica storia d’amore di Orio il Pescatore e della Sirena Melusina, alle misteriose superstizioni legate alla Pietra Rossa, fino alla suggestiva cripta sommersa della Chiesa di San Zaccaria. Potrete anche esplorare simboli di protezione come il celebre Mascherone a difesa di Santa Maria Formosa o incontrare racconti di presenze spettrali con la leggenda di Bepi, il Fantasma di Venezia. Se amate i palazzi storici, non perdetevi la visita a Palazzo Grimani, una gemma nascosta nel Sestiere di Castello, o le scoperte digitali legate a La Porta Blu di Castello. Infine, per chi vuole approfondire il rapporto tra storia, fede e toponomastica veneziana, consiglio il nostro articolo su Intrecci di Toponomastica e Fede. Ogni angolo di Venezia nasconde un pezzo di mistero pronto a essere svelato!

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In conclusione:

Venezia non smette mai di stupirci.
Anche il foro del diavolo a Ca’ Soranzo, nascosto tra le calli e i sestieri della città, racconta un passato intriso di misteri e leggende, dove ogni dettaglio nasconde significati nascosti e storie segrete. Questo luogo sfida lo sguardo distratto del visitatore, invitandoci a fermarci, a osservare con attenzione, a leggere e provare ad intuire ciò che non è detto.

Scoprire la Casa dell’Angelo significa varcare una soglia verso un Venezia meno conosciuta, fatta di enigmi e di racconti custoditi nel tempo. È un invito a perdersi nei suoi silenzi, a lasciarsi guidare da quella magia sottile che solo questa città sa offrire a chi ha occhi per vedere davvero.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: la Chiesa della Maddalena tra leggende e simboli massonici – Cannaregio

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. In questo episodio vi porterò a scoprire due aspetti apparentemente distinti della storia veneziana e dello spirito che anima la venezianità. Siamo spesso convinti che, per scoprire un mistero, sia necessario intraprendere viaggi lunghissimi, percorrere itinerari tenebrosi, attraversare luoghi remoti. Ma non sempre è così. Oggi vi racconterò un luogo tanto incredibile quanto vicino, tanto alla portata quanto, a suo modo, apparentemente “inaccessibile”.

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La Chiesa della Maddalena: dove si trova e come raggiungerla

Nel dedalo silenzioso del sestiere di Cannaregio, tra palazzi sfiorati da milioni di turisti e scorci d’acqua che sembrano fuori dal tempo, si cela uno degli edifici più enigmatici e divisivi di Venezia: la Chiesa di Santa Maria Maddalena. Per molti è un semplice luogo sacro, ma per altri rappresenta un portale simbolico che nasconde una storia fatta di geometrie iniziatiche, riti scomparsi e iconografie massoniche.

Per raggiungerla dalla stazione di Venezia Santa Lucia, procedete in direzione nord-est lungo Calle Favretti e continuate su Fondamenta dei Scalzi, che diventa Rio Terà Lista di Spagna. Dopo circa 300 metri, svoltate a sinistra in Campo San Geremia, poi girate a destra su Fondamenta Cannaregio. Proseguite imboccando Calle del Pistor, Campiello de l’Anconeta e Calle de l’Anconeta, fino a continuare su Rio Terà de la Maddalena. Infine, svoltate a destra su Fondamenta de la Maddalena: qui si apre il suggestivo Campo della Maddalena, con la chiesa che si staglia davanti a voi, discreta custode di segreti e antiche geometrie.

Nelle vicinanze troverete anche: I “Grattacieli” del Ghetto Ebraico, Il Pontile più Instagrammabile della città, Calle Varisco, la più stretta di Venezia, le Misteriose Statue in Campo dei Mori e la Casa del Tintoretto, il Ponte Chiodo, il più iconico ponte privato di Venezia, il Supermercato nel Teatro e le ancorette “portafortuna”.

Una chiesa diversa da tutte le altre e una dedicazione che fa discutere

Come un colpo di fulmine, basta uno sguardo per capire che la Maddalena non è una chiesa come le altre. Il suo elemento più sorprendente è la pianta circolare, un richiamo immediato al Pantheon di Roma — che scopriremo più avanti — e non si tratta certo di una scelta stilistica casuale. Ogni angolo è intriso di significati nascosti, come se l’architettura stessa fosse una scrittura da decifrare, desiderosa di suscitare domande e celare risposte.

Intitolata a Maria Maddalena, la chiesa porta con sé un messaggio teologico e culturale sottotraccia che non è mai stato del tutto chiarito. Maddalena è una figura discussa del Nuovo Testamento: discepola di Gesù, testimone della resurrezione. Questa intitolazione, inserita in un contesto architettonico così suggestivo, alimenta suggestioni e misteri che sfiorano il mito, figli di una scelta certamente non casuale.

Il portale dell’occhio che osserva e, dentro, una citazione al Pantheon

Sulla facciata, scolpito in pietra d’Istria sopra l’ingresso, l’Occhio Onniveggente scruta meticolosamente chi varca la soglia. Triangolo e cerchio si intrecciano in una tipica iconografia massonica ed esoterica; personalmente, non ho memoria di altri simboli simili presenti altrove in forma così esplicita su un edificio religioso. Sopra l’ingresso, un frontone sorretto da colonne ioniche richiama più un tempio greco che una chiesa cristiana.

Questa simbologia si riflette anche nella struttura superiore della chiesa, con un elemento che richiama il celebre Pantheon di Roma.

Sopra la Chiesa della Maddalena si nota una parte cilindrica chiamata tamburo, che sostiene la cupola e cattura subito lo sguardo. Questa forma richiama quella del celebre Pantheon di Roma, dove in cima si apre un grande foro circolare chiamato oculus, come un vero e proprio “occhio” che guarda il cielo.

Anche se qui non c’è un foro aperto, il tamburo della Maddalena sembra un occhio che osserva, un elemento che colpisce e invita a guardare con attenzione, come se la chiesa stessa volesse fissarti, sfidandoti a scoprire ciò che nasconde.

La porta segreta per inginocchiarsi

Sul retro dell’edificio infine si cela un’altra particolarità che funge da ultimo mistero: una porta alta appena 60 centimetri, attraverso la quale si può entrare solo rimanendo in ginocchio. Forse simbolo di umiltà o forse un varco rituale. Nessun documento ufficiale ne spiega la funzione, ma la sua presenza – così anomala in un luogo così eclettico – aggiunge un ulteriore strato di mistero alla già complessa simbologia della chiesa.

la porta segreta sul retro della chiesa della Maddalena

La Maddalena: un portale, quasi sempre chiuso, nascosto tra sacro e mistero

Oggi la Maddalena è quasi sempre chiusa al pubblico. Solo in rare occasioni — spesso per esposizioni o eventi culturali — apre le sue porte. Ho avuto la fortuna di visitarla, casualmente, proprio in uno di questi momenti. È difficile — se non impossibile — distinguere il confine tra architettura sacra e struttura iniziatica. Quel che è certo è che la Chiesa della Maddalena sembra essere una soglia: uno spazio dove il visibile e l’invisibile si sfiorano, e dove Venezia mostra il suo volto più enigmatico.

Un volto che, come sempre, non si offre a tutti, ma solo a chi ha occhi per vedere. Anzi, per osservare.

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In conclusione:

Venezia non smette mai di stupirci.
Anche la Chiesa della Maddalena, nascosta tra le calli di Cannaregio, ci parla di un passato fatto di misteri e simboli, di un’arte che va oltre la semplice forma per raccontare storie segrete. È un luogo che sfida lo sguardo frettoloso del passante, invitandoci invece a fermarci, ad osservare con attenzione, a leggere ciò che non è detto. Scoprire la Maddalena significa aprire una porta verso un Venezia meno conosciuta, fatta di enigmi e di sogni custoditi nel tempo. È un invito a perdersi nei suoi silenzi, a lasciarsi guidare da quella magia sottile che solo questa città sa offrire a chi ha occhi per vedere davvero.

mappa della posizione della chiesa della maddalena cannaregio

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: i ponti gemelli Duodo e Barbarigo “de la Feltrina” nascondono una porta segreta – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Sono i piccoli dettagli a stimolare la curiosità e la ricerca. Proprio da uno di questi inizia la storia che vi racconterò oggi. Una storia vera, un luogo reale ed un mistero, tutto da scoprire.

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Una porta sotto al ponte

A Venezia, ogni ponte ha un nome, ed ogni nome racconta una storia. Alcuni evocano amori, altri intrighi, altri ancora… misteri e silenzi. Sono pochi però i ponti così vicini da sembrare gemelli — e tra questi spiccano i ponti Duodo e Barbarigo, noti anche come i ponti gemelli “de la Feltrina”, nel cuore del sestiere di San Marco, a poche decine di metri in linea d’aria dal Teatro La Fenice.

A un primo sguardo, appaiono semplici passaggi speculari, quasi simmetrici nel loro disegno. Ma se ci si ferma ad osservare con attenzione, proprio sotto l’arcata di quello all’angolo, dove un capitello sporge discreto, si nasconde qualcosa di più.

Sotto la volta che sorregge la struttura e valica le acque, nascosta nell’ombra, giace una piccola porta murata che si affaccia direttamente sul canale. Potrebbe sembrare una casualità, un dettaglio dimenticato dal tempo — ma così non è. La sua forma è curata e precisa, il profilo è inciso nella pietra d’Istria, elegante e deciso: qualcuno l’ha voluta lì, forse già consapevole del silenzio che l’avrebbe avvolta nei secoli.

Molte le ipotesi intorno al suo significato. C’è chi la immagina come accesso privato via acqua, chi come via di fuga o uscita segreta. Qualcuno suggerisce che potesse servire a sfuggire agli occhi vigili della Serenissima, magari per mercanti disonesti, trafichi clandestini o amori proibiti.

Una traccia viva nella pietra di una Venezia esoterica?

Proprio la sua collocazione appartata e la sua eccezionalità architettonica rendono questa porta una vera fonte d’ispirazione per chi segue e studia la Venezia più misteriosa ed esoterica, ma a conti fatti l’unica certezza che ci resta è quella offerta dalla toponomastica ufficiale, che lega il nome del luogo alla famiglia Feltrina, un tempo antica proprietaria della zona. Nomi e tradizioni, a differenza della funzione originaria della porta ormai murata, sono sopravvissuti al tempo, giungendo fino a noi come indizi sbiaditi di una storia più grande, tutta da immaginare.

Dove trovarla:

La porta si trova nel sestiere di San Marco, nelle adiacenze del Campo e della Chiesa di Santa Maria del Giglio.

Da Piazza San Marco, queste le indicazioni: procedi in direzione sud su Piazza San Marco verso Salizada San Moisè, poi svolta a destra imboccando Salizada San Moisè. Prosegui su Calle Seconda de l’Ascension e continua dritto su Salizada San Moisè, salendo le scale. Avanza lungo Calle Larga XXII Marzo, attraversa il Ponte San Moisè e sali nuovamente le scale. La strada curva leggermente a destra diventando Calle delle Ostreghe: continua su di essa, sali ancora le scale e svolta leggermente a destra per restare su Calle delle Ostreghe. Attraversa poi il Ponte Duodo o Barbarigo e infine svolta a destra su Campiello de la Feltrina San Marco, salendo le ultime scale del percorso.

Per scorgere la porta segreta, dovrai restare giù dai ponti o salire su quello che conduce verso Fondamenta Corner Zaguri. È lì che si cela uno dei piccoli enigmi della città.

Nel cuore del dedalo veneziano, non conta soltanto la meta, ma lo sguardo con cui la raggiungiamo. Spesso è proprio nei dettagli più silenziosi che si nasconde la meraviglia. Tra due ponti, in una pausa tra un passo e l’altro, questa porta può apparire come la pagina di un libro aperta dal caso.

La porta della Feltrina suscita interrogativi, forse da secoli, in chi la osserva. Chi la attraversava? Quali segreti custodiva? Perché fu chiusa? Non abbiamo risposte certe, ma in fondo non importa. A Venezia, anche le porte che non si aprono ci fanno sentire qualcosa. Lo fanno con la grazia delle cose dimenticate, che sanno ancora emozionare chi ha il coraggio di rallentare e osservarle.

Perché in questa città, ogni muro ed ogni mattone sono un sussurro, e ogni scorcio un invito alla meraviglia.

Cosa vedere nelle vicinanze:

Nel Sestiere di San Marco, già di suo ricco di fascino e storia, ci sono alcune piccole gemme che, visitando il Ponte Duodo, si rendono vicine e ve ne rivelo alcune: Bacino Orseolo, il Negozio Olivetti, il Balcone del Doge, il Campanile pendente di Santo Stefano da Campo Sant’Anzolo col suo Canale Segreto, la Scala Contarini del Bovolo o anche la Piscina San Moisè e il pontile dei pittori.

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In conclusione:

Nel cuore del dedalo veneziano, non conta soltanto la meta, ma lo sguardo con cui la raggiungiamo. Spesso è proprio nei dettagli più silenziosi che si nasconde la meraviglia. Tra due ponti, in una pausa tra un passo e l’altro, questa porta può apparire come la pagina di un libro aperta dal caso.

Quella porta suscita interrogativi, forse da secoli, in chi la osserva. Chi la attraversava? Quali segreti custodiva? Perché fu chiusa? Non abbiamo risposte certe, ma in fondo non importa. A Venezia, anche le porte che non si aprono ci fanno sentire qualcosa. Lo fanno con la grazia delle cose dimenticate, che sanno ancora emozionare chi ha il coraggio di rallentare e osservarle.

Perché in questa città, ogni muro ed ogni mattone sono un sussurro, e ogni scorcio un invito alla meraviglia.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: Ponte delle Tette, il più scandaloso della città – San Polo

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi esploreremo un tema di portata forse più triviale rispetto al solito, ma non per questo meno curioso. E, a prescindere dal nostro grado di pudore, sarà un… piacere accompagnarvi alla scoperta di una dimensione di Venezia che — se non fosse per i nizioleti che vi citerò — rischierebbe di essere dimenticata. Perché sì, anche tra calli silenziose e campielli sonnacchiosi, Venezia ha avuto il suo quartiere a luci rosse. E, come scopriremo, lo ha tramandato in modo tutto suo: scrivendolo sui muri.

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Dove siamo e cosa c’è intorno al Ponte delle Tette?

Ci troviamo nel Sestiere di San Polo, non lontani da Campo San Boldo e dal Ponte dei Meloni, quello invisibile.. Sembra che proprio il governo della Serenissima avesse imposto alle prostitute di mostrare il seno ai passanti dal davanzale, nel tentativo di incentivare una sessualità di genere eterosessuale. L’omosessualità, all’epoca diffusa e invisa alle autorità che la vedevano come una deviazione da contenere, spinse il governo a mettere in atto misure che oggi appaiono tanto discutibili quanto rivelatrici del pensiero dell’epoca.

vista panoramica dal ponte delle tette
Un quartiere a luci rosse… legalizzato

Venezia, punto di fusione di culture, temeva che i “costumi sessuali d’importazione” minassero la struttura familiare tradizionale. Per questo, la Serenissima favorì la prostituzione femminile, imponendo dunque alle meretrici di essere visibili e seducenti.

il ponte de le tette

Tra tolleranza e controllo: le regole del “gioco” nella Venezia della Serenissima

La prostituzione era tollerata, ma le norme rigide e severe. Ecco qualche esempio:

  • Impossibilità ad uscire dal quartiere salvo eccezioni specifiche
  • Colei che non rientrasse al tramonto (terza campana) era punita con un numero di dieci frustate.
  • Potevano esercitare ogni giorno, ma non nei periodi sacri, come ad esempio Natale o Pasqua.
  • Nei giorni di uscita eccezionale potevano girare la città munite di un fazzoletto giallo che facesse da marchio di riconoscimento indossandolo.
  • Divieto assoluto di uscire la domenica.

E quando le carampane invecchiavano? Il destino delle “professioniste” di ieri

Venne istituito presso le dimore del Signor Rampani un ospizio per le prostitute che non praticavano più “il mestiere”, da qui si tramanda derivi un epiteto rivolto ad una donna vecchia e sciatta: “Ti xe na Carampana!” cioè la fusione tra “Ca’” per casa e “Rampana” da Rampani, per indicare appunto una donna consumata dalle sue esperienze di vita e non più bella a vedersi come un tempo. Addirittura pare che le donne relegate a Ca’ Rampani seguitavano a praticare sottostando ai prezzi imposti dal governo e col divieto assoluto di uscire in pubblico in quanto “sgradite”.

Una morale a due facce: nascondere la polvere sotto il tappeto veneziano

Oggi al Ponte de le Tette attraversiamo il Rio di San Canciano (delle Carampane in quel tratto..) e, leggendo il nizioleto, probabilmente sorridiamo, ma fermandoci un secondo a riflettere, il discorso si fa ampio, ampissimo. Si potrebbero aprire interi tomi su ipocrisia con il trattamento riservato alle donne e ancora di più alle Carampane, di controllo sociale, di resistenza e lotta femminile. Questo ponte si fa simbolo di un’epoca in cui la morale pubblica aveva un’influenza enorme negli interessi dello stato e, proprio grazie all’attualità di questo contrasto tematico-visivo, resta uno degli angoli più affascinanti, meno conosciuti, ma potenzialmente più forieri di dibattito, tra tutti i Segreti di Venezia rivelati finora.

rio terà de le carampane

Itinerario a piedi: da Rialto al Ponte delle Tette

Partendo dal Ponte di Rialto, sul lato di San Polo, immergiti nel cuore pulsante del mercato cittadino. Segui la Ruga dei Oresi, ricca di vetrine e botteghe artigiane, fino a imboccare la Ruga Vecchia San Giovanni (quella della chiesa “murata” tra le case). Prosegui lungo questa vivace via, quindi svolta a sinistra in Calle de la Donzella, una calle più appartata che ti guida verso la Venezia meno turistica. Attraversa Calle dei Sansoni, passando per Campiello dei Sansoni e poi per Calle de Ca’ Raspi. Svolta ora a sinistra in Calle dei Botteri, poi ancora a sinistra in Carampane, una zona che già nel nome rievoca storie di un passato piccante. Pochi metri più avanti, imbocca Rio Terà de le Carampane, e svolta subito a destra: sei sulla Fondamenta delle Tette. A questo punto, non puoi sbagliare. Davanti a te c’è il piccolo e celebre Ponte delle Tette, sospeso sul Rio de San Canciano, incorniciato da nizioleti che parlano chiaro e da mura che — se potessero — avrebbero molto da sussurrare.

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In conclusione:

Venezia non smette mai di raccontare storie e, quando lo fa, ci mette sempre dentro un mix unico di ironia e modernità — anche quando affonda le radici in esperienze lontane nel tempo. La città ci invita, ancora una volta, a guardare più a fondo. Il Ponte delle Tette, con la sua apparente leggerezza, è in realtà uno di quei luoghi dove la Storia — quella con la S maiuscola — riaffiora tra le pietre e i nizioleti. Un angolo che parla di controllo, ma anche di desiderio; di marginalità e di potere; di limiti che generano espressione e si fanno espressione, attorno a figure femminili dimenticate da una società che ha scelto di regolare l’intimità per meglio governare. Camminare fin qui, in una calle appartata ma centrale, è come aprire una finestra su un’intera epoca. Ed è proprio questo che rende Venezia così unica: la sua capacità di svelarsi senza giudicare, lasciando che sia il nostro sguardo attento a decidere se ciò che vediamo è solo folclore… o un frammento scomodo, prezioso, unico. Giusto o sbagliato, forse. Ma pur sempre parte della nostra eredità culturale, che — in quanto tale — appartiene a ciascuno di noi in modo diverso.

E va bene che sia così.

mappa di venezia e localizzazione del ponte delle tette

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: Lido di Venezia, una guida incompleta tra ville Liberty, natura e cinema

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi lasciamo Venezia — nel senso insulare della questione — e ci spingiamo verso est, attraversando la laguna. Che sia un passaggio reale o immaginato, il nostro viaggio ci conduce in un luogo che ha qualcosa di sospeso, di teatrale, di profondamente autentico. Benvenuti al Lido di Venezia: un’isola lunga e sottile, dove il vento profuma di pini, i viali sanno di cinema d’altri tempi e le ville parlano ancora Liberty. Un luogo davvero speciale che, colpo di scena, in una mattinata tempestosa dell’Agosto del 1983 ha visto venire al mondo anche me, in quello che fu l’Ospedale al Mare.

Come raggiungere il Lido (senza perdersi… troppo)

Esistono tanti modi per arrivare al Lido, ognuno dei quali è, a suo modo, un’esperienza.
Perché? Semplice: si può arrivare “a piedi” — non camminando sulle acque, ovviamente, ma grazie ai vaporetti — oppure in auto, moto o bici imbarcandosi sui ferry boat, e persino a bordo della propria barca o in Taxi acqueo. Il consiglio è di pianificare l’itinerario in base ai vostri tempi e desideri, perché il Lido si raggiunge da più fronti: da Venezia centro, da Punta Sabbioni, e persino da Chioggia, passando per l’incantevole Pellestrina.
Ogni tragitto regala il suo piccolo pezzo del grande spettacolo lagunare — e vale già come primo assaggio del viaggio.

Per comodità narrativa, partiremo da sud, dagli Alberoni, là dove arriva il ferry da Pellestrina e passa la Linea 11 che tra vaporetti e bus porta da Chioggia a Lido. È vero, l’approdo principale per chi arriva da Venezia in vaporetto è Santa Maria Elisabetta, mentre chi trasporta auto con il ferry da Tronchetto sbarca più a nord, a San Nicolò. Ma seguire il Lido dal suo estremo meridionale a quello settentrionale è come attraversarlo con lo sguardo disteso di una passeggiata lenta: un viaggio che, tappa dopo tappa, rende giustizia alla sua natura sottile e sorprendente.

Alberoni – Dove la Laguna si rilassa al sole e gioca a golf

Silenzio e natura: se un racconto dovesse parlare di questi luoghi, partirebbe proprio da qui. Alberoni è un luogo sospeso, dove il borgo si lascia abbracciare dalla natura nella sua massima espressione, e le case sembrano assecondarla. Affacciandosi dall’attracco del ferryboat, si scorge l’Isola di Pellestrina distendersi all’orizzonte con le sue casette colorate. Seguendo la sinuosa strada, si arriva al cospetto di uno dei più antichi golf club italiani. Fondato nel 1928 e inaugurato nel 1930, pare sia nato dall’ispirazione del magnate Henry Ford, desideroso di giocare a golf, un desiderio esaudito da Giuseppe Volpi di Misurata che in pochi mesi realizzò questa piccola utopia. Il Golf Club Venezia è uno dei più prestigiosi d’Italia. Con il suo percorso di 18 buche disegnato dall’architetto C.K. Cotton, si colloca tra i circoli storici di riferimento nel panorama golfistico nazionale, accanto a club come Roma Acquasanta (1903) e Menaggio (1907). La sua storia e la posizione unica nella laguna lo rendono una tappa imperdibile per gli appassionati e un vero fiore all’occhiello del Lido.

Passando oltre, immerso nella fitta vegetazione di Strada della Droma, si incontra un antico baluardo marittimo ormai in disuso: ex faro degli Alberoni , frammento di storia marittima e architettonica ormai silenziosa. Attivo fino a pochi decenni fa, faceva parte di un sistema di segnalazioni luminose che includeva anche il faro Spignon, su una minuscola isola poco distante, e altri punti strategici oggi in stato di abbandono, riadattati dai pescatori locali come riparo e magazzino.

Infine, perché non attendere un tramonto o rilassarsi su una delle tante panchine affacciate sulla laguna, lungo via Alberoni? In un mondo che corre veloce, una pausa con un pizzico di poesia non guasta mai.

Malamocco – Il borgo che non ha fretta (e nemmeno motivo di averla)

Tra calli di pietra, cortili sonnolenti e gatti più antichi delle barche, Malamocco è una Venezia parallela. Senza folla, senza tempo, e senza il bisogno di dimostrare nulla. Qui la vita scorre piano, tra i muretti fioriti e le ombre lunghe del pomeriggio. Il nome Malamocco sembra derivare dall’antico Metamauco, toponimo che risale all’epoca tardo-romana o bizantina, e che indicava un importante insediamento costiero: fu uno dei primi centri del dogado veneziano, anzi per un periodo ne fu persino la capitale, prima che il cuore del potere si spostasse a Rivo Alto (l’attuale Rialto). Poco lontano, anche Portosecco — oggi placido e quasi dimenticato — racconta una storia simile: un tempo era una vera e propria bocca di porto sull’isola di Pellestrina, tra Albiola e la stessa Pellestrina, ma con il passare dei secoli si interrò, probabilmente per i detriti trasportati dal fiume Medoaco, diventando letteralmente un “porto secco”.

Il ponte d’accesso a Malamocco

Camminare per Malamocco è come aprire una parentesi nel tempo: ci si sente altrove, eppure a casa. Un piccolo mondo sospeso tra pietra e acqua, dove il tempo non si è fermato — ha semplicemente deciso di camminare più piano. Le case sussurrano, come chi sa ma non ha bisogno di dire. Il canale centrale taglia il borgo con eleganza e quiete, mentre la piazza, la chiesa, il campo e i muretti assolati sembrano condividere un accordo segreto con il silenzio. Non per niente uno dei capitoli più intensi del mio “Calendario dell’avvento – Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” si è svolto proprio qui!

Excelsior, Mostra del Cinema e l’ex Casinò – I palazzi che sognano ancora di essere delle star

L’ex Casinò ha visto di tutto, in un continuo rincorrersi tra Dea bendata e aspiranti vincitori. Il Liberty si veste da red carpet, passando dalle suggestioni moresche dell’Excelsior al razionalismo severo dell’ex Casinò. L’eco delle dive si confonde con il suono lontano dei ventilatori vintage, e l’edificio — oggi chiuso, malinconico e maestoso — sembra trattenere ancora l’eleganza sussurrata degli anni d’oro, quando il Lido era la Hollywood italiana e il jet set, nazionale ed estero, batteva tra vaporetti e corse in Vespa. Poco più in là, il Palazzo del Cinema resiste con orgoglio: ogni settembre torna ad essere il cuore pulsante della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. E accanto, come un fratello maggiore pieno di fascino vissuto, l’Hotel Excelsior continua a raccontare una storia fatta di ombrelloni, smoking e notti illuminate da cineprese che sanno di champagne. Passeggiare qui, fuori stagione, è come entrare in un set addormentato: aspetta solo la prossima scena per destarsi — o il prossimo sognatore per accendersi alla ribalta.

Una piccola curiosità in diretta dalla spiaggia: le capannine che si noleggiano lungo le grandi spiagge dorate del Lido, soprattutto all’Excelsior, non sono solo numerate… ma anche battezzate come costellazioni. Da Orione a Cassiopea, passando per Andromeda, ogni cabina sembra voler evocare una notte stellata anche sotto il sole cocente. Ma attenzione: in perfetto equilibrio tra eleganza e scaramanzia, il numero 17 manca all’appello. Sarà forse per l’influenza del vicino ex Casinò, o semplicemente per quel buon senso balneare che invita a non sfidare la sorte proprio mentre ci si rilassa al sole. Alcune voci popolari attribuiscono questa scelta alla tradizione latina: 17 = XVII, anagrammato diventa VIXI, ovvero “ho vissuto”. Espressione tipica delle epigrafi funebri dell’antica Roma. E insomma… meglio un tuffo che un epitaffio no?

Infine, proprio qui, l’Excelsior custodisce un approdo segretamente famoso: è quello riservato ai taxi acquei e, soprattutto, ai VIP che arrivano direttamente via laguna, lontano da sguardi indiscreti. Un piccolo molo privato, nascosto alla vista e collegato da un canale laterale silenzioso, che sbuca su due uscite d’acqua: una guarda verso il Lazzaretto Vecchio, l’altra alle vicinanze di San Lazzaro degli Armeni. Un passaggio discreto e suggestivo, degno delle più eleganti fughe cinematografiche — tra lusso, mistero e un pizzico di leggenda.

Gran Viale – Tra ville Liberty, canali discreti e quella strana atmosfera da Europa del Nord…

Ponticelli eleganti, case affacciate sull’acqua e la sensazione che Amsterdam e il Lido si siano scambiate una cartolina negli anni ’30 — o magari siano state amiche di penna, tra uno stile floreale e un viale alberato. In certi angoli, il silenzio è così pieno che sembra trattenere parole non dette. Alcune facciate decorate, certi giardini nascosti, ti osservano come se sapessero raccontare storie migliori delle tue. Ma non ti giudicano: ti invitano a restare un po’, a osservare con calma e perderti nello scorrere di un tempo che pareva passato da un’eternità.

Guarda qui sotto: è vero, l’impronta veneziana si sente tutta — nelle persiane scolorite, nei muretti in mattoni, nelle volte alla veneziana e nei ponticelli discreti. Ma c’è qualcosa, nei riflessi sull’acqua, nelle facciate che si specchiano silenziose nei canali, in quei ponti con ringhiere sottili, che ricorda da vicino Amsterdam. Come se il Lido, per un istante, parlasse anche olandese. O forse è solo che, in certi giorni, la luce lagunare ha il potere di trasformare tutto: e i riflessi, invece di essere semplici duplicati, si fanno portali verso altri mondi.

Lido o Nord Europa?

Piazzale Santa Maria Elisabetta: tutte le strade portano qui

Se il Lido fosse un corpo, Piazzale Santa Maria Elisabetta sarebbe senza dubbio il suo cuore pulsante. Qui si incrociano viaggiatori, residenti e turisti, tutti uniti dalla necessità di prendere un vaporetto o semplicemente di respirare un po’ dell’aria lagunare prima di tuffarsi nelle dune o tra le ville Liberty. Il piazzale è un curioso mix di modernità e nostalgia: da un lato, l’efficienza degli imbarchi e la frenesia degli arrivi e delle partenze; dall’altro, qualche vecchio caffè che resiste al tempo e i ricordi di chi, magari, ha fatto il bagno a Malamocco da bambino.

A pochi passi, si ergono il maestoso Tempio Votivo della Pace, monumento imponente e silenzioso che veglia sull’isola, e la minuscola, raccolta chiesa di Santa Maria Elisabetta, piccola gemma nascosta tra le case, testimone discreta di una spiritualità antica e semplice. È il punto in cui il Lido si apre al mondo, senza però perdere la sua anima. Il contrasto tra il brusio degli arrivi e il silenzio delle pinete poco distanti è forse il modo migliore per capire quanto questa isola sia capace di sorprendere chi la visita — anche in una guida come questa, volutamente incompleta.

Saint-Tropez ha gli alberi degli yacht, il Lido invece ha i pini marittimi (e vince facile)

Nel mondo delle località di lusso, spesso il verde è un accessorio curato a tavolino, fatto di palme esotiche messe in posa ad arte e aiuole tanto perfette quanto innaturali. Al Lido di Venezia, invece, la natura si prende il suo spazio con una calma disarmante. Qui i pini marittimi sono padroni di casa da generazioni, creando ombre fresche e profumate che accompagnano passeggiate e riflessioni. Le dune si stendono libere, modellate dal vento e dal tempo, senza l’ansia di dover apparire perfette su Instagram (ma abbiamo anche quelle se vi servissero eh).

Questo verde spontaneo e vivido si fa lusso vero, perchè autentico, senza bisogno di filtri né di agghindamenti. L’aria profuma di resina e salsedine, un invito naturale a rallentare, a fermarsi su una panchina e lasciarsi attraversare dal silenzio. Nel confronto con altre località del Mediterraneo e non, il Lido si distingue per la sua natura “sospesa”, selvaggia ma accogliente e curata, un’oasi di pace in cui la vera star sono gli alberi e la luce che filtra tra i loro rami in un Komorebi in salsa lagunare.

San Nicolò – Il Faro che si fa via del mare e… spazio poetico!

Luce, mare e storia. Il Faro di San Nicolò si erge maestoso, una sentinella verticale che scruta l’orizzonte senza fretta sul finire della diga marittima. A volte basta uno scatto, un attimo fermato nel tempo, per capire che un luogo vale davvero il viaggio. E questo faro lo vale eccome.

È il punto più isolato del Lido, persino più silenzioso e spumeggiante del faro degli Alberoni, e si spinge nel mare nei pressi dell’aeroporto Nicelli, ma con un’atmosfera tutta sua, sospesa tra natura e storia. Qui, lungo il cammino verso la lanterna, piccoli versi ermetici si nascondono tra oggetti dimenticati, blocchi di cemento e scogli, sussurrando brevi poesie che aprono il cuore e allargano lo sguardo, invitandoci a perderci nella meraviglia di un tempo e di uno spazio che sembrano fuori dal mondo.

Adesso concentriamoci su… Come? Davvero dubitate ci sia stato davvero alla diga? Incredibile, eppure con molti ci conosciamo da anni… ma eccovi la prova:

faro di san nicolò al lido
Edoardo alias Trarealtaesogno al faro di San Nicolò al Lido

E poi c’è Pellestrina, dove la laguna si fa poesia (ma non ditelo troppo in giro sarà il nostro segreto)

E se il Lido ti sembrasse già troppo mondano (spoiler: non lo è, o lo è solo quando arrivano gli eventi internazionali…), sappi che da qui puoi spingerti ancora più lontano. Un vaporetto, una bicicletta e un pizzico di voglia di meraviglia ti condurranno fino a Pellestrina: una striscia di terra dove affondano le mie radici che pare sospesa tra cielo, terra e mare, fatta di case colorate, reti da pesca al sole, silenzi autentici e scorci che sembrano usciti da un delicato acquerello.

Nota a piè di pagina (non richiesta, ma ve l’ho scritta lo stesso)

So che non ho parlato dell’aeroporto Nicelli con i suoi hangar déco, del Palazzo del Cinema in dettaglio, della Chiesa di San Nicolò o dei bunker abbandonati sul litorale. Non ho menzionato gli stabilimenti storici, i bagni Belle Époque, i cinema d’essai, il mercatino settimanale o il profumo di frittura nella notte. Nemmeno di ristoranti vista laguna o mare, o della cabina riservata a Liz Taylor, dei risciò, le bici a quattro posti, e dei tandem cigolanti, i gelati del Titta o la dolce vita sulle Vespa 50.

Nei miei articoli, video e contenuti distribuiti qui su WordPress, Instagram, TikTok, YouTube e nel canale Telegram, volutamente non mostro sempre tutto. Questo perché voglio trasmettere un vero senso di scoperta, invitando chi mi segue a immergersi con curiosità in ciò che faccio con passione e a scovare con i propri occhi quei dettagli nascosti che rendono speciale ogni luogo di cui vi parlo.

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Conclusione… di guida volutamente incompleta… come tutte le cose davvero vissute:

Abbiamo camminato lungo un’isola sottile e sospesa (mai sottile come la vicina Pellestrina), tra silenzi, luci e storie che si intrecciano tra ville liberty, fari dimenticati e spiagge punteggiate di costellazioni. Il Lido non è solo uno scenario da cartolina, ma un luogo da scoprire con calma e attenzione. Non tutto è stato detto o mostrato: ciò che resta fuori campo è il cuore pulsante dell’isola. Ogni dettaglio è un invito a rallentare, ascoltare e lasciarsi sorprendere. Questa guida è volutamente incompleta, come la vita: fatta di attimi sfuggenti e scoperte per chi ha pazienza. Il vero segreto del Lido? Guardare oltre e trovare dentro di noi la risposta.

E comunque, una cosa voglio dirvela: “Amo le montagne, ma preferisco il rumore del mare”

E voi, cosa amate di più del Lido?
Fatemi sapere qui sotto nei commenti, sono curioso di scoprire le vostre impressioni e i vostri angoli segreti di quest’isola speciale!

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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