I Segreti di Venezia: Bere un’Ombra, la Storia di un Antico Modo di Dire – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio tra storie nascoste e piccoli miracoli quotidiani, spesso invisibili agli occhi di chi attraversa la città con troppa fretta.

Avete mai sentito un veneziano – o un veneto – dire: «Andiamo a bere un’ombra?»
Se la risposta è no, e un giorno vi capitasse, non pensate di aver capito male né di trovarvi davanti a un raggiro. Al contrario: è un invito a un antico rito cittadino, che da secoli si rinnova tra le calli e i campielli. Un’usanza così radicata da aver superato i confini lagunari, fino a ispirare persino il nome di un locale a Milano.

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Venezia, la Piazza e il Sole: l’origine del “bere un’ombra de vin”

Ogni giorno, Piazza San Marco diventa un palcoscenico silenzioso, dove il sole e l’ombra danzano nel silenzio. Al mattino, i raggi che si insinuano tra campanile e basilica proiettano ombre lunghe verso ovest, protendendo ombra verso le Procuratie. Nel pomeriggio poi, il sole scappa verso ovest e le ombre si ribaltano verso est, come se la piazza stessa misurasse il tempo, trasformandosi in una grandissima meridiana. Chi cammina tra i tavoli e le colonne può osservare questo lento movimento e farsene parte, un gioco antico, discreto e perfetto, che da secoli accompagna i veneziani nel loro rito quotidiano.

Ancora oggi le bancarelle di souvenir pare rincorrano l'ombra del campanile
Ancora oggi le bancarelle di souvenir pare rincorrano l’ombra del campanile

Nacque così dunque l’espressione diffusissima a Venezia e dintorni, “Andemo a bere un’ombra” che si traduce, nella realtà dei fatti in: “Andiamo a bere un bicchiere di vino?”. Ancora oggi si usa anche in senso più ampio per invitare qualcuno a bere qualcosa in compagnia.

Il chioschetto itinerante: una corsa all’ombra come in un gioco dell’oca

L’origine si può collocare intorno XIV secolo, 1300 e dintorni: attorno al campanile di San Marco vi erano dei tavoli mobili e le osterie vi servivano il vino spostandoli poi seguendo l’ombra del campanile per mantenere il vino al fresco. Da qui l’antico la frase “Andémo bere all’ombra”, poi evolutosi nell’attuale forma.

La piazza e l’ombra del campanile

Bacari e osterie, ma anche furbizia: il legame secolare tra Venezia e il vino

Venezia è da sempre una città di commerci e ingegno. In particolare, lungo Calle de l’Arco, al civico 456, un tempo si trovava un vivace laboratorio di artigiani intenti a costruire botti di legno, necessarie per trasportare vino e altri prodotti. Le strette e alte porte delle abitazioni veneziane rendevano spesso difficile far passare queste grandi botti, ma i proprietari dello stabilimento trovarono una soluzione: crearono un vano d’entrata sagomato appositamente per il passaggio dei cilindri di legno: la Porta della Botte.

la porta della botte
la porta della botte

Questo dettaglio racconta non solo l’abilità artigianale, ma anche la costante inventiva dei veneziani, capaci di trasformare ogni ostacolo in opportunità. Ancora oggi, passeggiando tra le calli, si percepisce il legame secolare tra la città e il vino, tra lavoro, creatività e tradizione.

Storie, aneddoti e risse da osteria, immaginiamole così:

Quante storie potrebbero raccontare i Signori della Notte… figure silenziose e vigili che percorrevano calli e campielli quando le luci dei bacari tremolavano appena e il chiacchiericcio dei bevitori del giorno lasciava spazio al silenzio della laguna. Il loro compito non era solo protezione, ma anche un sottile controllo, un equilibrio tra ordine e libertà, tra la curiosità dei passanti e l’ebbrezza di chi aveva già brindato troppo. Osservavano, ascoltavano, intervenivano solo quando necessario, diventando testimoni discreti di segreti, chiacchiere e pettegolezzi che Venezia custodiva gelosamente.

Uno scorcio veneziano del 1200 di notte immaginato da Copilot AI
Uno scorcio veneziano del 1200 di notte immaginato da Copilot AI

Se il racconto di oggi non ti è bastato, facciamo un sorso di Venezia in più:

Quante storie può custodire un’ombra de vin. Non solo il bicchiere condiviso all’osteria, tra chiacchiere e risate, ma anche il riflesso di secoli di vicende e segreti. Dietro ogni sorso c’è una Venezia fatta di pietre antiche e voci sussurrate: dai Dogi che si incoronavano tra la Porta della Carta e la Scala dei Giganti, ai sospiri dei prigionieri che attraversavano il ponte più famoso. C’è l’eco delle denunce segrete infilate nelle Bocche di Leone, l’ombra dei Signori della Notte a vigilare sulle calli dopo il tramonto, e il profumo di storie incredibili che aleggia tra campanili, palazzi e ponti nascosti. Ogni angolo di Venezia è una storia che si accompagna bene a un calice di vino: basta fermarsi, ascoltare e lasciarsi guidare.

panoramica della piazza
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In conclusione:

Bere un’ombra non è solo gustare un bicchiere di vino: è partecipare a un rito che attraversa i secoli, un gesto semplice che unisce la storia, con curiosità e convivialità. Come la meridiana naturale di Piazza San Marco, che misura il tempo con ombre mute e precise, anche il rito dell’ombra ci ricorda di osservare, rallentare e, soprattutto, lasciarci sorprendere.

Prendersi il tempo di seguire queste tradizioni, di camminare tra bacari e calli, significa diventare custodi del patrimonio invisibile di Venezia, assaporando un piccolo miracolo quotidiano che continua a vivere e ripetersi, tra memoria e presente, nelle storie che la città ancora sussurra da ogni suo mattone.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: i ponti gemelli Duodo e Barbarigo “de la Feltrina” nascondono una porta segreta – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Sono i piccoli dettagli a stimolare la curiosità e la ricerca. Proprio da uno di questi inizia la storia che vi racconterò oggi. Una storia vera, un luogo reale ed un mistero, tutto da scoprire.

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Una porta sotto al ponte

A Venezia, ogni ponte ha un nome, ed ogni nome racconta una storia. Alcuni evocano amori, altri intrighi, altri ancora… misteri e silenzi. Sono pochi però i ponti così vicini da sembrare gemelli — e tra questi spiccano i ponti Duodo e Barbarigo, noti anche come i ponti gemelli “de la Feltrina”, nel cuore del sestiere di San Marco, a poche decine di metri in linea d’aria dal Teatro La Fenice.

A un primo sguardo, appaiono semplici passaggi speculari, quasi simmetrici nel loro disegno. Ma se ci si ferma ad osservare con attenzione, proprio sotto l’arcata di quello all’angolo, dove un capitello sporge discreto, si nasconde qualcosa di più.

Sotto la volta che sorregge la struttura e valica le acque, nascosta nell’ombra, giace una piccola porta murata che si affaccia direttamente sul canale. Potrebbe sembrare una casualità, un dettaglio dimenticato dal tempo — ma così non è. La sua forma è curata e precisa, il profilo è inciso nella pietra d’Istria, elegante e deciso: qualcuno l’ha voluta lì, forse già consapevole del silenzio che l’avrebbe avvolta nei secoli.

Molte le ipotesi intorno al suo significato. C’è chi la immagina come accesso privato via acqua, chi come via di fuga o uscita segreta. Qualcuno suggerisce che potesse servire a sfuggire agli occhi vigili della Serenissima, magari per mercanti disonesti, trafichi clandestini o amori proibiti.

Una traccia viva nella pietra di una Venezia esoterica?

Proprio la sua collocazione appartata e la sua eccezionalità architettonica rendono questa porta una vera fonte d’ispirazione per chi segue e studia la Venezia più misteriosa ed esoterica, ma a conti fatti l’unica certezza che ci resta è quella offerta dalla toponomastica ufficiale, che lega il nome del luogo alla famiglia Feltrina, un tempo antica proprietaria della zona. Nomi e tradizioni, a differenza della funzione originaria della porta ormai murata, sono sopravvissuti al tempo, giungendo fino a noi come indizi sbiaditi di una storia più grande, tutta da immaginare.

Dove trovarla:

La porta si trova nel sestiere di San Marco, nelle adiacenze del Campo e della Chiesa di Santa Maria del Giglio.

Da Piazza San Marco, queste le indicazioni: procedi in direzione sud su Piazza San Marco verso Salizada San Moisè, poi svolta a destra imboccando Salizada San Moisè. Prosegui su Calle Seconda de l’Ascension e continua dritto su Salizada San Moisè, salendo le scale. Avanza lungo Calle Larga XXII Marzo, attraversa il Ponte San Moisè e sali nuovamente le scale. La strada curva leggermente a destra diventando Calle delle Ostreghe: continua su di essa, sali ancora le scale e svolta leggermente a destra per restare su Calle delle Ostreghe. Attraversa poi il Ponte Duodo o Barbarigo e infine svolta a destra su Campiello de la Feltrina San Marco, salendo le ultime scale del percorso.

Per scorgere la porta segreta, dovrai restare giù dai ponti o salire su quello che conduce verso Fondamenta Corner Zaguri. È lì che si cela uno dei piccoli enigmi della città.

Nel cuore del dedalo veneziano, non conta soltanto la meta, ma lo sguardo con cui la raggiungiamo. Spesso è proprio nei dettagli più silenziosi che si nasconde la meraviglia. Tra due ponti, in una pausa tra un passo e l’altro, questa porta può apparire come la pagina di un libro aperta dal caso.

La porta della Feltrina suscita interrogativi, forse da secoli, in chi la osserva. Chi la attraversava? Quali segreti custodiva? Perché fu chiusa? Non abbiamo risposte certe, ma in fondo non importa. A Venezia, anche le porte che non si aprono ci fanno sentire qualcosa. Lo fanno con la grazia delle cose dimenticate, che sanno ancora emozionare chi ha il coraggio di rallentare e osservarle.

Perché in questa città, ogni muro ed ogni mattone sono un sussurro, e ogni scorcio un invito alla meraviglia.

Cosa vedere nelle vicinanze:

Nel Sestiere di San Marco, già di suo ricco di fascino e storia, ci sono alcune piccole gemme che, visitando il Ponte Duodo, si rendono vicine e ve ne rivelo alcune: Bacino Orseolo, il Negozio Olivetti, il Balcone del Doge, il Campanile pendente di Santo Stefano da Campo Sant’Anzolo col suo Canale Segreto, la Scala Contarini del Bovolo o anche la Piscina San Moisè e il pontile dei pittori.

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In conclusione:

Nel cuore del dedalo veneziano, non conta soltanto la meta, ma lo sguardo con cui la raggiungiamo. Spesso è proprio nei dettagli più silenziosi che si nasconde la meraviglia. Tra due ponti, in una pausa tra un passo e l’altro, questa porta può apparire come la pagina di un libro aperta dal caso.

Quella porta suscita interrogativi, forse da secoli, in chi la osserva. Chi la attraversava? Quali segreti custodiva? Perché fu chiusa? Non abbiamo risposte certe, ma in fondo non importa. A Venezia, anche le porte che non si aprono ci fanno sentire qualcosa. Lo fanno con la grazia delle cose dimenticate, che sanno ancora emozionare chi ha il coraggio di rallentare e osservarle.

Perché in questa città, ogni muro ed ogni mattone sono un sussurro, e ogni scorcio un invito alla meraviglia.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: In campo Sant’Angelo passa un canale “segreto” – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. L’autenticità di Venezia è cosa nota e, proprio in queste pagine, abbiamo sfogliato vari capitoli dei suoi piccoli, ma grandi, segreti. Oggi, però, non andremo a rievocare il potere dei Dogi o il fascino delle gondole: punteremo su qualcosa di più semplice e, proprio per questo, altrettanto affascinante. Scopriremo infatti un canale segreto che, passando sotto ad alcuni edifici, sembra scomparire — per poi proseguire il suo itinerario nel cuore della città, arrivando addirittura fino al Canal Grande.

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Dove ci troviamo e cosa c’è nelle vicinanze?

Siamo nel Sestiere di San Marco, il più nobile della città, e ci troviamo in Campo Sant’Anzolo (Sant’Angelo), una sorta di epicentro cittadino, praticamente equidistante dal Ponte dell’Accademia, da Piazza San Marco e dal Ponte di Rialto.
Se Venezia avesse un cuore, forse potremmo trovarlo proprio qui… oltre che a Castello, ma lì si parla di quello di Melusina, ve la ricordate la leggenda, vero?
Proseguendo, se ci guardiamo attorno, scorgeremo la Chiesa dell’Annunziata, una delle più piccole della città, ma anche sedi istituzionali, negozi di souvenir, un’edicola, osterie, vere da pozzo… insomma, veri frammenti di vita veneziana, quella autentica.

vista d'insieme di campo sant'anzolo e della chiesa dell'annunziata dando le spalle al canale segreto

Come raggiungerla?

Forse è proprio il suo farsi “viatico del mondo veneziano” a rendere prezioso questo campo.
Il suo essere così vicino a tutto lo trasforma in qualcosa che si attraversa distrattamente, mentre si è diretti altrove. Fermiamoci e scegliamo la via più comoda: partiamo dal Ponte dell’Accademia, attraversiamo tutto Campo Santo Stefano e, una volta in fondo, imbocchiamo la calle che nasce tra i palazzi e la facciata della chiesa dedicata al Santo che dà il nome al Campo. A quel punto, non ci resterà che imboccare la Calle dei Frati che, superato il Ponte dei Frati, ci farà arrivare a destinazione.

Ora, godete dell’atmosfera: cercate gli edifici e i dettagli che vi ho descritto poco sopra…
e infine, trovate il canale segreto.

il rio de sant'anzolo e l'inizio del canale segreto che porta verso il canal grande

Il Canale Segreto: Il Rio del Santissimo

Lo avete visto?
Se così non fosse, vi ci accompagno virtualmente. Andate verso il campanile storto: lì, proprio accanto allo stazio dei gondolieri (ne passano tantissime da quelle parti!), scorgerete il canale segreto che scorre giusto al di sotto dell’arcata di un ponte sospeso in muratura, il quale collega due edifici contigui. Il canale in questione fa parte del Rio del Santissimo e scorre proprio sotto l’abside della chiesa di Santo Stefano.
Il valore simbolico di questo dettaglio è davvero unico. Il canale non è navigabile e lo si può ammirare da vicino solo in gondola o in barca. Insieme al celebre “ponte invisibile”, è un altro fantastico esempio dell’ingegno veneziano.

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In conclusione:

Venezia non smette mai di stupirci.
Anche nei suoi luoghi più centrali, dove il passo del turista è rapido e il vociare della città si fa intenso, si nascondono angoli di unicità, discreti e quasi invisibili. Il Rio del Santissimo, con il suo percorso segreto, è uno di questi: un piccolo prodigio architettonico, scoperto da pochissimi, che ci ricorda quanto la città lagunare sia costruita non solo sull’acqua e sulla pietra, ma anche sul mistero e sull’ingegno. Attraversare questi spazi con occhi curiosi significa entrare in dialogo con la storia viva di Venezia, divertendosi a coglierne i segreti che si svelano solo a chi sa fermarsi per davvero, anche solo per un istante.

mappa della posizione di campo sant'anzolo e del canale segreto

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: Palazzo Ducale – Quarta puntata. Il governo della Serenissima e la sua modernità.

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Nell‘ultima delle quattro puntate della miniserie vi racconterò della modernità della Serenissima. Scopriremo infatti di quanti aspetti ancora attualissimi costituissero la politica del tempo.

La struttura del governo della Serenissima:

La Repubblica di Venezia, con il suo sistema complesso, si è distinta per un’organizzazione politica che cercava di bilanciare il potere al fine di garantire stabilità e funzionalità al suo governo. Al vertice di questa piramide si trovava il Doge, una figura simbolica definita “Primus inter pares” cioè “Primo fra pari”, ma anche un leader esecutivo con il compito di rappresentare l’unità della città-stato. Il Doge non governava in solitudine, ma faceva parte di un sistema di magistrature che includeva il Consiglio dei Dieci, il Maggiore Consiglio e il Senato, con un ruolo fondamentale anche della Quarantia (Civil e Criminal, cioè civile e penale) e della Giustizia. Questo modello di governo si ispirava alla necessità di impedire che un singolo potere, come quello di un monarca assoluto, prendesse il sopravvento. L’introduzione del “governo condiviso” tra un numero ristretto di cittadini privilegiati rendeva il sistema più resistente agli abusi di potere, creando una forma di equilibrio che ha contraddistinto Venezia nei secoli.

la sala del collegio
La Sala del Collegio

La modernità del sistema politico veneziano:

Nonostante le sue radici medievali, il sistema politico di Venezia si distingue per tratti straordinariamente moderni. Una delle caratteristiche più innovative era la distribuzione dei poteri e la creazione di un sistema complesso di controllo e reciproco bilanciamento. Il sistema elettorale, fondato su un’intricata rete di sorteggi, garantiva che il potere non fosse concentrato nelle mani di un singolo individuo, ma che fosse esercitato da un gruppo selezionato attraverso processi trasparenti e partecipativi. La separazione tra i vari organi del governo permetteva di evitare conflitti di interesse, creando un equilibrio che preservava l’autonomia del singolo dal potere centrale. In un’epoca in cui la monarchia assoluta era ancora la norma, Venezia riusciva a mantenere una stabilità che, pur essendo atipica, sembrava anticipare il concetto moderno di governo partecipativo e democratico, pur con tutte le differenze rispetto al nostro attuale concetto di democrazia.

liagò
il Liagò

Innovazioni veneziane e la loro epoca di attuazione:

Venezia, culla di innovazioni politiche e sociali, non si limitò a rinnovare solo l’organizzazione governativa, ma permeò l’intera struttura della sua città-stato. Tra le prime a creare un sistema di contabilità pubblica solido e duraturo, la Serenissima rese così possibile una gestione accorta delle risorse, che le consentì di diventare una delle città più ricche d’Europa. La sua apertura al commercio internazionale e la creazione di istituzioni bancarie, come il Monte di Pietà, non solo consolidarono la sua prosperità economica, ma favorirono anche la modernizzazione delle pratiche commerciali, rendendo Venezia un punto di riferimento per tutta l’Europa. La capacità di anticipare i cambiamenti in atto nel continente la rese in grado di costruire una macchina burocratica pronta a rispondere alle sfide del tempo, sebbene, talvolta, a costo di sacrificare l’ingresso di nuove idee. In un contesto storico che, pur essendo rivoluzionario per l’epoca, restava saldamente legato alle tradizioni e alle strutture consolidate, Venezia riuscì comunque a preservare il suo controllo, navigando tra il passato e le sfide di un futuro che stava già bussando alla sua porta.

sala della bussola dettaglio
Dettaglio della Sala della Bussola

L’origine del ballottaggio si radica a Venezia:

Un altro aspetto della modernità politica veneziana, forse meno conosciuto ma di notevole importanza, è il ballottaggio. La Repubblica di Venezia è, infatti, uno dei luoghi in cui si radica l’idea di un processo elettorale che, pur evolvendosi nel corso del tempo, è passato alla storia come il metodo che ha permesso l’elezione dei Dogi. In un sistema in cui l’elezione avveniva attraverso un’accurata selezione di cittadini, il ballottaggio veniva usato per scegliere il Doge tra diversi candidati, riducendo il rischio di manipolazioni politiche.

Quali altre idee, parole e oggetti sono nati a Venezia? Scopritelo qui!

I candidati venivano scelti sfruttando una serie di votazioni segrete. Questo sistema, che ora vediamo come una caratteristica centrale di molte democrazie moderne, nasce quindi in un contesto molto particolare, ma affonda le radici proprio a Venezia. Fu una risposta alla necessità di equilibrare il potere, impedendo che un singolo candidato potesse emergere troppo facilmente. Il ballottaggio a Venezia è quindi una delle prime incarnazioni di quella selezione dei rappresentanti che oggi vediamo come fondamentale nelle elezioni politiche.

sala del maggior consiglio
La Sala del Maggior Consiglio

In questo modo, la Serenissima ha anticipato alcune delle dinamiche politiche moderne, mescolando tradizione e innovazione per creare un sistema che, pur non privo di limiti, è rimasto in piedi per oltre mille anni, influenzando profondamente la politica europea.

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In conclusione:

Concludiamo così il nostro viaggio a puntate attraverso le straordinarie dinamiche di Palazzo Ducale, un luogo dove la tradizione si intrecciava con l’innovazione, dando vita a un sistema che, pur segnato da limiti e contraddizioni, ha resistito nel tempo per oltre mille anni. Abbiamo visto come la politica veneziana sapesse anticipare alcuni degli sviluppi che oggi riconosciamo come tipici delle democrazie moderne, dal ballottaggio all’equilibrio tra potere e partecipazione. Venezia, con la sua burocrazia raffinata e le sue pratiche innovative, ha influenzato profondamente la politica europea, dimostrando come la gestione del potere non fosse solo una questione di strutture, ma anche di idee e visione.

mappa di venezia che indica dove ci troviamo. palazzo ducale.

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I Segreti di Venezia: Palazzo Ducale – Terza puntata. Le Bocche di Leone e il sistema delle denunce segrete.

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Nella terza delle quattro puntate della miniserie vi racconterò finalmente (ne avevo accennato qualcosa qui) il funzionamento e lo scopo delle Bocche di Leone, un pubblico recapito presso cui sporgere denunce segrete.

Cos’erano le “Bocche di Leone” e chi riceveva il loro contenuto?

Il sistema giudiziario veneziano fu uno dei più innovativi in assoluto. Tra gli strumenti distintivi di questa istituzione vi erano le Bocche di Leone, speciali cassette delle lettere murarie destinate a raccogliere denunce anonime indirizzate ai Magistrati Veneziani. Queste aperture scolpite nella pietra, che potevano raffigurare volti, leoni o altre figure simboliche, riportavano un’iscrizione che indicava il tipo di denuncia accettata.

L’introduzione delle Bocche di Leone rispondeva all’esigenza di rafforzare i controlli su eventuali moti insurrezionali. La storia ha visto molteplici tentativi di rovesciamento del potere: tra i più celebri, quello del 63 a.C., quando Lucio Sergio Catilina cercò di sovvertire la Repubblica Romana. Analogamente, nel 1310, la Serenissima fu teatro di una congiura guidata da Baiamonte Tiepolo, con il supporto di Marco Querini e Badoero Badoer, che tentò di rovesciare il governo veneziano in opposizione alle nuove leggi che limitavano l’accesso al Maggior Consiglio.

Entrambe le cospirazioni si conclusero con un fallimento, rafforzando il controllo delle autorità e portando all’introduzione di norme ancora più restrittive per prevenire future rivolte.

Alcune delle Bocche di Leone in giro per Venezia: Chiesa di San Martino, Chiesa dei Gesuati e di San Pantalon (clicca sulla freccia nera a inizio riga per vederle).

Le denunce anonime svolgevano un ruolo cruciale per i tribunali speciali incaricati di garantire la sicurezza della Repubblica. Le accuse di tradimento e complotto venivano esaminate dal temuto Consiglio dei Dieci, che avviava immediatamente le indagini attraverso sorveglianza, interrogatori e incarcerazioni preventive nei Piombi o nei Pozzi, in attesa del verdetto finale.

Le denunce venivano raccolte in cassette di legno, aperte dai Magistrati e dai Capi dei Sestieri. Questo sistema permetteva di monitorare minacce alla sicurezza dello Stato, coinvolgendo la cittadinanza nella salvaguardia dell’ordine pubblico.

Tuttavia, gli Inquisitori di Stato non si fidavano ciecamente delle denunce anonime e inviavano spie per verificarne l’accuratezza.

I “Signori della Notte” e gli “Esecutori contro la bestemmia” giocavano anch’essi un ruolo di primo piano nell’accoglimento e gestione delle denunce anonime, utilizzandole per avviare indagini. Sebbene entrambi avessero compiti di sorveglianza e controllo, le loro aree di intervento erano differenti, con gli Esecutori focalizzati su specifici reati morali e i Signori della Notte su questioni di ordine pubblico più ampie.

Le Bocche delle Denunce di Verona:

Le Bocche delle Denunce, tanto a Venezia quanto a Verona, avevano l’obiettivo di raccogliere segnalazioni anonime su crimini contro lo Stato, coinvolgendo attivamente la cittadinanza nella tutela dell’ordine pubblico. A Venezia, le Bocche di Leone furono introdotte nel XIV secolo per raccogliere denunce relative a specifiche infrazioni come tradimento o evasione fiscale, con un’iscrizione che indicava la natura delle segnalazioni accettate. A Verona, invece, le Bocche delle Denunce, attive nel XVIII secolo, operavano in modo simile, ma con un focus su reati come usura e contrabbando. Fessure nei muri permettevano ai cittadini di segnalare questi crimini in modo riservato.

La versione veronese della "Bocca delle Denunce" in Piazza dei Signori
La versione veronese della “Bocca delle Denunce” in Piazza dei Signori

Due esempi noti si trovano nel Palazzo della Ragione, uno in via Dante per il commercio illecito e l’altro in Piazza dei Signori per l’usura (ritratto nell’immagine), dove è ancora visibile un esempio odierno. Entrambi i sistemi rispondevano alla necessità di monitorare il territorio, favorendo la partecipazione popolare nella giustizia.

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In conclusione:

Le Bocche di Leone, strumenti di segnalazione anonima, offrono uno spunto affascinante per comprendere come la Serenissima mantenesse il controllo sulla sua popolazione, coinvolgendo direttamente i cittadini nella salvaguardia della sicurezza dello Stato. Se da un lato garantivano la riservatezza delle accuse, dall’altro richiedevano un’attenta verifica delle denunce, con un sistema che coinvolgeva anche i “Signori della Notte”. Un sistema che, tra simbolismo e vigilanza, delineava un delicato equilibrio tra libertà e sorveglianza. Nel prossimo episodio, ci immergeremo in un altro aspetto fondamentale della giustizia veneziana, scoprendo le sue più misteriose e affascinanti peculiarità. Non perdetevi l’ultima puntata di questa mini-serie. Scopriremo infatti come funzionava il governo della Serenissima e quanto fosse moderno.

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