I Segreti di Venezia: Ponte delle Tette, il più scandaloso della città – San Polo

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi esploreremo un tema di portata forse più triviale rispetto al solito, ma non per questo meno curioso. E, a prescindere dal nostro grado di pudore, sarà un… piacere accompagnarvi alla scoperta di una dimensione di Venezia che — se non fosse per i nizioleti che vi citerò — rischierebbe di essere dimenticata. Perché sì, anche tra calli silenziose e campielli sonnacchiosi, Venezia ha avuto il suo quartiere a luci rosse. E, come scopriremo, lo ha tramandato in modo tutto suo: scrivendolo sui muri.

isegretidivenezia.com

Dove siamo e cosa c’è intorno al Ponte delle Tette?

Ci troviamo nel Sestiere di San Polo, non lontani da Campo San Boldo e dal Ponte dei Meloni, quello invisibile.. Sembra che proprio il governo della Serenissima avesse imposto alle prostitute di mostrare il seno ai passanti dal davanzale, nel tentativo di incentivare una sessualità di genere eterosessuale. L’omosessualità, all’epoca diffusa e invisa alle autorità che la vedevano come una deviazione da contenere, spinse il governo a mettere in atto misure che oggi appaiono tanto discutibili quanto rivelatrici del pensiero dell’epoca.

vista panoramica dal ponte delle tette
Un quartiere a luci rosse… legalizzato

Venezia, punto di fusione di culture, temeva che i “costumi sessuali d’importazione” minassero la struttura familiare tradizionale. Per questo, la Serenissima favorì la prostituzione femminile, imponendo dunque alle meretrici di essere visibili e seducenti.

il ponte de le tette

Tra tolleranza e controllo: le regole del “gioco” nella Venezia della Serenissima

La prostituzione era tollerata, ma le norme rigide e severe. Ecco qualche esempio:

  • Impossibilità ad uscire dal quartiere salvo eccezioni specifiche
  • Colei che non rientrasse al tramonto (terza campana) era punita con un numero di dieci frustate.
  • Potevano esercitare ogni giorno, ma non nei periodi sacri, come ad esempio Natale o Pasqua.
  • Nei giorni di uscita eccezionale potevano girare la città munite di un fazzoletto giallo che facesse da marchio di riconoscimento indossandolo.
  • Divieto assoluto di uscire la domenica.

E quando le carampane invecchiavano? Il destino delle “professioniste” di ieri

Venne istituito presso le dimore del Signor Rampani un ospizio per le prostitute che non praticavano più “il mestiere”, da qui si tramanda derivi un epiteto rivolto ad una donna vecchia e sciatta: “Ti xe na Carampana!” cioè la fusione tra “Ca’” per casa e “Rampana” da Rampani, per indicare appunto una donna consumata dalle sue esperienze di vita e non più bella a vedersi come un tempo. Addirittura pare che le donne relegate a Ca’ Rampani seguitavano a praticare sottostando ai prezzi imposti dal governo e col divieto assoluto di uscire in pubblico in quanto “sgradite”.

Una morale a due facce: nascondere la polvere sotto il tappeto veneziano

Oggi al Ponte de le Tette attraversiamo il Rio di San Canciano (delle Carampane in quel tratto..) e, leggendo il nizioleto, probabilmente sorridiamo, ma fermandoci un secondo a riflettere, il discorso si fa ampio, ampissimo. Si potrebbero aprire interi tomi su ipocrisia con il trattamento riservato alle donne e ancora di più alle Carampane, di controllo sociale, di resistenza e lotta femminile. Questo ponte si fa simbolo di un’epoca in cui la morale pubblica aveva un’influenza enorme negli interessi dello stato e, proprio grazie all’attualità di questo contrasto tematico-visivo, resta uno degli angoli più affascinanti, meno conosciuti, ma potenzialmente più forieri di dibattito, tra tutti i Segreti di Venezia rivelati finora.

rio terà de le carampane

Itinerario a piedi: da Rialto al Ponte delle Tette

Partendo dal Ponte di Rialto, sul lato di San Polo, immergiti nel cuore pulsante del mercato cittadino. Segui la Ruga dei Oresi, ricca di vetrine e botteghe artigiane, fino a imboccare la Ruga Vecchia San Giovanni (quella della chiesa “murata” tra le case). Prosegui lungo questa vivace via, quindi svolta a sinistra in Calle de la Donzella, una calle più appartata che ti guida verso la Venezia meno turistica. Attraversa Calle dei Sansoni, passando per Campiello dei Sansoni e poi per Calle de Ca’ Raspi. Svolta ora a sinistra in Calle dei Botteri, poi ancora a sinistra in Carampane, una zona che già nel nome rievoca storie di un passato piccante. Pochi metri più avanti, imbocca Rio Terà de le Carampane, e svolta subito a destra: sei sulla Fondamenta delle Tette. A questo punto, non puoi sbagliare. Davanti a te c’è il piccolo e celebre Ponte delle Tette, sospeso sul Rio de San Canciano, incorniciato da nizioleti che parlano chiaro e da mura che — se potessero — avrebbero molto da sussurrare.

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In conclusione:

Venezia non smette mai di raccontare storie e, quando lo fa, ci mette sempre dentro un mix unico di ironia e modernità — anche quando affonda le radici in esperienze lontane nel tempo. La città ci invita, ancora una volta, a guardare più a fondo. Il Ponte delle Tette, con la sua apparente leggerezza, è in realtà uno di quei luoghi dove la Storia — quella con la S maiuscola — riaffiora tra le pietre e i nizioleti. Un angolo che parla di controllo, ma anche di desiderio; di marginalità e di potere; di limiti che generano espressione e si fanno espressione, attorno a figure femminili dimenticate da una società che ha scelto di regolare l’intimità per meglio governare. Camminare fin qui, in una calle appartata ma centrale, è come aprire una finestra su un’intera epoca. Ed è proprio questo che rende Venezia così unica: la sua capacità di svelarsi senza giudicare, lasciando che sia il nostro sguardo attento a decidere se ciò che vediamo è solo folclore… o un frammento scomodo, prezioso, unico. Giusto o sbagliato, forse. Ma pur sempre parte della nostra eredità culturale, che — in quanto tale — appartiene a ciascuno di noi in modo diverso.

E va bene che sia così.

mappa di venezia e localizzazione del ponte delle tette

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: L’erosione silenziosa che sfida la città lagunare

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. Prima di cominciare, lasciate che vi ponga una domanda:
“Possiamo restaurare la pietra, ma potremo mai restituire l’anima a una città?”
È una riflessione difficile, lo so. Ma affrontarla con lo sguardo giusto vi condurrà dentro l’essenza del nostro cammino di oggi: una Venezia che, tra calli consunte e silenzi interrotti dall’incresparsi delle acque, si racconta nella sua fragilità potente, con la dignità di chi resiste al tempo senza clamore.

Quando l’acqua consuma la pietra: le cause dell’erosione lagunare

Venezia è, prima di tutto, una meraviglia di ingegneria arcaica: una città costruita con coraggio su una sorta di foresta capovolta, una fittissima trama di pali di legno piantati nel fango che, inconsapevoli, sorreggono la pietra, la storia, la città stessa.
La sua natura salmastra, plasmata dalle acque che la cullano e che l’hanno protetta nei secoli dalle scorribande degli invasori, rappresenta oggi anche il suo contrappasso.

Un antico pozzo e una facciata di una abitazione erosa parzialmente
Un antico pozzo e una facciata di una abitazione erosa parzialmente

Un tempo la sfida era approvvigionarsi d’acque potabili; oggi, la battaglia è contro un lento, inesorabile consumo: l’erosione.
Impossibile elencare con precisione tutte le cause, perché sono numerose e profondamente intrecciate tra loro. Dalle maree sempre più eccezionali alle grandi navi, dal moto ondoso al cambiamento climatico, molteplici fattori stanno minando giorno dopo giorno le fondamenta stesse della città, influenzandone anche la parte emersa dal punto di vista estetico e identitario.

Il prezzo della bellezza: materiali, permeabilità e fragilità

Venezia, come detto, è costruita su un equilibrio impossibile, eppure ancora visibile agli occhi di chi sa guardare. Un universo fatto di mattoni, calce e pietra d’Istria: materiali scelti non a caso, ma per eleganza e resistenza, capaci di sfidare l’abbraccio mutevole e salmastro della laguna.

Eppure, nessun materiale, per quanto nobile, è eterno se esposto ogni giorno al fiato salato della città d’acqua. Le facciate, spesso adornate con grazia e leggerezza, assorbono nel tempo l’umidità e il sale trasportato dal vento, dalla pioggia, dalle maree — o che trasuda dal basso, risalendo lentamente attraverso i pori della materia.
Il sale, nemico silenzioso e paziente, si deposita, si cristallizza, poi spinge, infine spacca e sgretola. Gli intonaci si gonfiano, le superfici si sfaldano, lasciando cicatrici sulla pietra: bolle, crepe, distacchi. Come una pelle che cede al tempo.

Così, la bellezza di Venezia si riempie di rughe sottili, giorno dopo giorno, in silenzio. La città è permeabile: lo è sempre stata, verso i popoli, le acque, le storie. Lascia entrare e restituisce, ma trattiene anche la fatica del tempo.
Ed è proprio questa sua fragilità dichiarata, che si fa tratto distintivo e orgoglio, a renderla irripetibile.

Un volto che invecchia sotto il sole e nel sale, come quello del vecchio Santiago nel romanzo di Hemingway – Il Vecchio e il mare: segnato, ma fiero. Consumato, ma non vinto.

Storia di un lento collasso: episodi e dati che non si vedono

Dietro il volto scintillante di Venezia si nasconde una realtà spesso invisibile: una lenta, inesorabile erosione che si dispiega sotto i nostri occhi impotenti.
Da secoli, la città affronta un progressivo abbassamento del suolo, noto come subsidenza, che ha radici in processi naturali ma è stato aggravato da alcune attività umane, come il prelievo delle acque sotterranee, ormai fortunatamente ridotto.
A questo lento declino si aggiungono i cedimenti strutturali di antichi edifici, spesso poggiati esclusivamente su pali di legno.
Questi pali, immersi nei fanghi anaerobici che ne preservavano l’integrità, sono ora impregnati d’acqua e, con il passare del tempo, si degradano, indebolendo il delicato tessuto urbano.

Le più recenti ricerche scientifiche, grazie a strumenti come GPS e telerilevamento satellitare, confermano che Venezia si abbassa mediamente di qualche millimetro all’anno: un dato apparentemente modesto, ma che, mantenendosi costante nel tempo, mette a serio rischio l’integrità stessa della città.

Questi segni silenziosi raccontano una storia di fragilità profonda, che richiede attenzione e interventi continui.
Venezia non è solo una città da ammirare per la sua bellezza, ma un organismo vivente che, pur nella sua maestosità, soffre e si trasforma, chiedendo a noi di comprenderne il lento declino e di prendersene cura.

Resistere o sparire: tra restauri, soluzioni e visioni per il futuro

Venezia oggi si trova a un bivio cruciale: resistere agli assalti del tempo e dell’acqua, o rischiare di scomparire lentamente sotto il peso delle sue fragilità.
I restauri, spesso lunghi e costosi, cercano di restituire dignità alle sue facciate, consolidare le fondamenta e fermare l’avanzata dell’erosione.
Progetti imponenti come il MOSE, concepito per difendere la città dalle acque alte eccezionali, rappresentano tentativi moderni di preservare un equilibrio che da secoli sembra sfuggire, ma che un giorno potrebbe non essere più sufficiente.

“Salvare Venezia” non significa soltanto proteggere i mattoni o innalzare barriere. È un compito complesso che coinvolge la gestione sostenibile del turismo, la tutela dell’ambiente lagunare e una riflessione profonda sul senso stesso di città: un organismo vivo che vive nella relazione armonica tra acqua e terra, tra passato e futuro.
Il vero futuro di Venezia dipende dalla nostra capacità di coniugare innovazione e rispetto per l’identità unica di questo luogo.

In questo fragile equilibrio, la città continua a raccontarci la sua storia come un vecchio disco che suona, fatta di resilienza, bellezza e di un lento, incessante dialogo con il tempo e con la natura.
Ignara però dei pericoli che corre proprio in virtù di ciò che è nella sua essenza più profonda.
Il futuro di Venezia è un’opera aperta: sta a noi scriverla con cura, consapevolezza e passione, trasformandolo nel capolavoro di tutti.

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In conclusione:

Camminiamo tra calli e palazzi, ammirando la bellezza senza sempre percepire la fragile trama che sostiene Venezia.
Ogni pietra, ogni muro segnato dal tempo, racconta una storia di resistenza e di equilibrio instabile tra acqua e terra.
La laguna, che ha cullato e protetto la città, oggi le pone una sfida silenziosa e continua: non solo conservare la sua materia, ma custodire la sua anima.
In questo dialogo delicato tra passato e futuro, Venezia ci insegna che la cura non è solo un gesto tecnico, ma un atto d’amore e consapevolezza.
Perché in questa città, dove il tempo sembra rallentare, ogni sforzo per salvarla è un impegno a preservare un patrimonio di storia, bellezza e identità che appartiene a tutti noi.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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