I Segreti di Venezia: Perché una città che ami può sconvolgerti ancora (accadrà anche a te)

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”.

“A Venezia, a volte, è un dettaglio a cambiare tutto.”

Quante volte ci siamo soffermati su un dettaglio? Magari pensando alla sua unicità, a quel qualcosa che lo rende speciale e degno di essere conosciuto. Venezia, ambita e sognata da tutto il mondo, è piena di questi dettagli: spesso invisibili sotto l’immagine stereotipata, turistica e già vista della città. Io regalo un sogno diverso: scoprire il global con gli occhi del local, dove ogni piccolo segreto può trasformarsi in una rivelazione che ti sorprende. Andiamo a scoprirli insieme.

Il mio ruolo tra città e lettore

Perché ti sei avvicinato ai Segreti di Venezia?

Sono convinto di una cosa: non si smette mai di imparare e di conoscere. Venezia non sfugge a questo principio: è un macro-universo di mondi interconnessi, proprio come le isole che la costituiscono. Il mio bisogno era la risposta a un desiderio che, per ovvie ragioni, non potrò mai soddisfare. Non potrò mai ricordare o rivivere la mia “prima volta” a Venezia: quella rivelazione emozionale che ti sconvolge e ti entra nelle ossa. Ecco perché lo stupore nei Segreti di Venezia non parte dal generale, ma dallo specifico: prendere un micro-dettaglio, raccontarlo e farlo diventare tessera del mosaico cittadino. Un’espressione singola della pluralità unica di Venezia.

Il cuore di Melusina

Recentemente mi hanno raccontato che alle ancorette portafortuna tutti le toccano senza sapere perché, anche un veneziano. Come ti fa sentire sapere certe cose prima degli altri?

Mi onora. Perché quando scopro qualcosa — un perché, un dettaglio minuto che divampa e si fa grande — ho l’onore di poterlo raccontare. Di farmi veicolo di qualcosa la cui misura, per dignità e importanza, non è minimamente comparabile alla mia.

Da dove è nato il tuo percorso alla scoperta dei Segreti di Venezia?

Il percorso è partito dalla volontà di rendere visibile ciò che già era sotto gli occhi di tutti, ma che spesso sfuggiva. Alcuni segreti li ho scoperti passeggiando, osservando la città; altri leggendo articoli o post isolati online. Tutto è unito da un filo invisibile: Venezia.

I segreti che parlano alla città

Molti percepiscono Venezia come una città già raccontata mille volte. Cosa ti ha spinto a credere che esistessero ancora segreti da svelare?

Ci sono tantissime storie, tutte con dignità, ma alcune mi legano visceralmente: i Signori della Notte, Riva de Biasio, Orio e Melusina, le Ancorette. Una città ricca di storia come Venezia, eclettica e poliedrica, non poteva che custodire infinite storie sotterranee da raccontare.

I Signori della Notte

Cosa accomuna questi racconti e cosa li distingue, da attrarre così tanto la tua attenzione?

Perché sono moderni, efferati, mitologici, scaramantici. Ognuno unico nella sua polarità, ma di pari forza di attrazione per chi si lascia catturare.

Quando scegli quale segreto raccontare, cosa ti guida di più: la storia, il luogo o l’immaginare l’effetto sul lettore?

Talvolta immagino di dialogare con chi legge, come se ci fosse un botta e risposta tra “ti voglio raccontare” e “vorrei tu mi dicessi”. Alcuni segreti mi hanno sorpreso: quelli che sembravano banali si rivelano potenti per i lettori. Così seguo l’istinto, ma sono loro a decretare quali affascinano.

Come trasformi queste intuizioni in qualcosa di concreto?

La mappa dei segreti, per esempio, è lo strumento che io stesso avrei voluto avere: scartarli come cioccolatini, uno dopo l’altro. Immaginate una persona che conosce già San Marco, Punta della Dogana, Rialto… cosa resta se non perdersi in un altrove nascosto dal turismo di massa? La mappa premia non la corsa a ogni meta, ma il piacere di una prospettiva nuova, anche con solo due ore in città.

Riva de Biasio

Come immagini che chi ti legge possa vivere il senso di “altre prime volte” grazie alla mappa?

L’importante è cominciare, non conta come o dove. Ognuno segue ciò che sente nel momento: magari perché si trova vicino a una calle e decide di entrarci. La mappa aiuta, ma non guida rigidamente. Il vero fulcro è godere Venezia da angolazioni inedite.

C’è stato un momento in cui hai capito che questo progetto non era più una semplice curiosità personale?

È stata una “rivelazione”: Venezia non è un singolo luogo, ma la somma di ogni sua moltitudine. Ogni sestiere, campo, calle, finestra è Venezia, ma non sarà uguale per ciascuno. E pluribus unum.

Una delle ancorette “portafortuna”

Come scoprirli e viverli

Quando lavori su un nuovo segreto, cosa ti guida per prima cosa?

La somma di tutto: storia, luogo, suggestione, e il pensiero di chi leggerà. Sapere che anche io ho dovuto scoprire e capire certe cose una prima volta mi avvolge ancora del fascino della scoperta.

Quando trasformi un segreto in un racconto, che ruolo hai tra Venezia e chi ti legge?

Mi faccio tramite. Custodisco qualcosa presente nei libri, nelle carte, nelle menti, e lo restituisco in forma orale, come un vecchio che racconta ciò che ha visto e scoperto. Rinnovo l’eternità di quei fatti, non delle nozioni.

Perché continuare a cercare

C’è un momento in cui hai capito che raccontare i segreti era un bisogno e non solo passione?

Torniamo ai cioccolatini: ne assaggi uno e non ti basta più la scatola. Così sono i segreti. Non è l’atto rivelatorio, ma il gusto di andare avanti, percependo che più ne riveli e più se ne dischiudono. Potenti o meno, poco importa: il fulcro resta la città che ha sempre da raccontare.

Chi ti legge cosa cerca davvero?

Si aspetta un sito classico, magari esperienze edulcorate. Ma trova altro: un piccolo mondo gentile, in cui qualcuno, se ti perdi, ti dice semplicemente “vai di qua, non sbaglierai”. Come mi capitò a Londra, vicino al Tamigi, con una signora che senza parole mi indicò il luogo perfetto per fotografare. Così i lettori scoprono anche Venezia in compagnia, senza guida ufficiale.

Cosa offre un segreto che una guida tradizionale non può dare?

Non mi sostituirò mai a una guida. Il mio compito è dare uno stimolo, una chiave per esperienze al 90% fuori dai flussi inflazionati. Sono complementare: permetto di percepire Venezia in modo diverso, senza dire dove andare o cosa fare.

Il senso ultimo dei Segreti di Venezia

Se dovessi spiegare perché vale la pena scoprire i segreti, cosa diresti?

Venezia è sognata da tutto il pianeta, ma spesso in modo stereotipato. Io regalo un sogno: scoprire il global con gli occhi del local. Cercarli è stato un piccolo sogno che, segreto dopo segreto, si è trasformato in un baule di pin conficcati nel sughero della mappa. Ogni pin è un invito a vedere, sentire e vivere Venezia in modo unico.

La mia presentazione su youtube @trarealtaesogno

Tutti questi segreti e racconti, prima o poi, diventeranno un libro?

Senza dubbio, l’idea c’è e cresce con ogni storia che scopro. I Segreti di Venezia non sono solo aneddoti sparsi: sono tessere di un mosaico unico, e vorrei che chi legge potesse avere tra le mani quell’esperienza completa, in un formato che duri nel tempo. Non è solo un progetto personale, ma un invito a condividere un universo di dettagli e suggestioni che meritano di essere custoditi. Un libro sarebbe il modo più naturale per far dialogare la città con chi la ama e con chi, come me, ha scoperto che ogni piccolo segreto può diventare eterno.

Ultima domanda: che consiglio daresti a chi vuole vivere Venezia come la vivi tu?

Abbandona le mappe e gli itinerari inflazionati. Lasciati sorprendere, perditi e ritrovati. Può sembrare in contraddizione con il mio progetto, ma non lo è. Tante volte ho riposto la mappa e sono stato guidato a destinazioni che oggi sono articoli. Non esiste giusto o sbagliato: esiste Venezia, e ciascuno può raccontare i propri “Segreti di Venezia”. Se riveli qualcosa di ignoto a chi ti ascolta, anche tu diventi autore grazie alla tua esperienza.

Per concludere

Venezia non smette mai di sorprendere chi sa guardarla con attenzione. Ogni calle, ogni ponte, ogni leggenda nasconde un piccolo segreto, un dettaglio che aspetta solo di essere scoperto. Raccontarli non significa possedere la città, ma restituirle la sua vita e condividerla con chi desidera viverla davvero.

E tu? Quale segreto di Venezia hai scoperto o sogni di scoprire? Condividilo nei commenti, tagga chi vorresti portare con te o aggiungilo alla tua mappa dei luoghi nascosti. Perché ogni storia, anche la più piccola, diventa parte del grande mosaico che è Venezia.

Scoprire Venezia è un viaggio che non finisce mai: più riveli, più si aprono nuovi mondi da esplorare.

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Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare

Qui sotto trovi la mappa interattiva dei Segreti di Venezia, con tutti i luoghi geolocalizzati. Ogni pin ti condurrà direttamente all’articolo corrispondente, permettendoti di esplorare la città seguendo le tracce dei racconti e di scoprire angoli nascosti e curiosità come mai prima d’ora.

Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.

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I Segreti di Venezia: Palazzo Mocenigo, il profumo della storia – Santa Croce

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. La settimana scorsa abbiamo esplorato il silenzio di Torcello, le sue suggestioni attorno al Trono di Attila e la sua posizione sospesa e isolata nella laguna. Oggi torniamo nel cuore di Venezia, a passo lento, per scoprire uno scrigno profumato nascosto tra calli e palazzi. Un museo che, probabilmente, solo Venezia – e poche altre città al mondo – sarebbe stata degna di ospitare. Siete pronti a scoprire un luogo che custodisce il Centro Studi del Tessuto, del Costume e del Profumo?

Come raggiungere Palazzo Mocenigo

Dalla Stazione di Venezia Santa Lucia si esce verso la Calle Favretti e si prosegue lungo la Fondamenta dei Scalzi, fino ad attraversare il Ponte degli Scalzi. Superato il ponte, si entra in Calle Longa e poi in Calle Bergami, che conduce alla Salizada de la Chiesa. Qui la strada piega a sinistra e diventa la Lista Vechia dei Bari, che porta fino al Campiello Rielo. Girando a sinistra si imbocca il Rio Terà di Santa Croce, quindi a destra per Calle Bembo, fino ad arrivare a Campo San Zandegolà. Si svolta poi a destra in Calle dello Spezier, che attraversa il Ponte del Megio, e da lì in Calle del Megio. Una breve deviazione sulla destra porta in Salizada San Stae, dove, al civico 1992, si trova il Museo di Palazzo Mocenigo – Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo.

Gli interni di Palazzo Mocenigo: un viaggio tra vesti, stoffe e profumi

Appena varcata la soglia del museo, vi sentirete trasportati in un’altra epoca. Lo stile veneziano più classico si intreccia allo sfarzo nobiliare degli arredi, mentre dipinti e tessuti raccontano la ricchezza e il gusto di chi li possedeva. I manichini, vestiti con costumi d’epoca, sembrano sospesi tra realtà e leggenda, pronti a confidare storie e gesti quotidiani dimenticati. Le opere d’arte austere vi scrutano dall’alto, come se il loro status imponesse silenzio e meraviglia. Camminando tra le sale, ogni passo diventa un invito a osservare, immaginare e sentire il respiro della storia, pronto a svelarsi attraverso le immagini che che potete vedere proprio qui sotto.

Il profumo e i suoi flaconi come declinazione di epoche diverse

Affascinante: è la parola che più si avvicina alla “tribuna dei profumi”. Un’esposizione cronologica che abbraccia l’intero salone in latitudine e longitudine. Flaconi provenienti dall’oggi e dall’ieri, quasi a suggerirci il futuro, ci attendono in silenzio, protetti dalle loro calotte vitree. Qui potrete osservare e annusare profumi nati prima di molte civiltà: dall’Egitto alla Grecia, da Roma ai tempi moderni. Flaconi artigianali in vetro si alternano a quelli celebri e industriali, mentre la curiosità si lascia trascinare da tutti i sensi, esaltandosi davanti a uno spettacolo inaspettato e unico, come pochi altri al mondo.

Cosa vedere vicino a Palazzo Mocenigo

Passeggiando nei dintorni di Palazzo Mocenigo, ogni calle può diventare una sorpresa. A pochi minuti di cammino infatti ci si può imbattere nel Ponte delle Tette e nel Rio Terà delle Carampane, nomi che già da soli raccontano di storie popolari e antichi costumi veneziani. Poco più in là, il Mercato di Rialto vibra ancora di profumi e colori, come se nulla fosse cambiato nei secoli. È proprio in questa zona che, tra una cassetta di frutta e un banco di pesce, si possono incontrare i peluche salvati dagli operatori ecologici (vedi foto sotto), recuperati e messi in mostra quasi come piccoli guardiani silenziosi del quartiere.
Il Museo di Storia Naturale, affacciato sul Canal Grande, custodisce collezioni rare e suggestive, mentre sul lato opposto, verso Riva de Biasio, si apre un tratto più silenzioso e autentico della città. Non mancano luoghi meno noti ma dal fascino intatto: la chiesa di San Zandegolà, il raccolto Campo San Boldo, il curioso Palazzo Dimezzato e persino il Ponte Fantasma di San Polo, che pare custodire misteri mai svelati.

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Per concludere

A Palazzo Mocenigo, ogni sala e ogni flacone raccontano secoli di storia, gusto e curiosità.
Il viaggio tra stoffe, costumi e profumi diventa un’esperienza sensoriale unica, dove il passato prende vita davanti ai nostri occhi e al nostro naso. Osservare, annusare, immaginare: ogni gesto svela un dettaglio di epoche lontane e di artigianalità raffinata. La “tribuna dei profumi” rimane il cuore pulsante di questa scoperta, affascinante e senza tempo. Qui, tra sentori e visioni, il museo si trasforma in un’esperienza che resta impressa nella memoria.

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I Segreti di Venezia: Bere un’Ombra, la Storia di un Antico Modo di Dire – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio tra storie nascoste e piccoli miracoli quotidiani, spesso invisibili agli occhi di chi attraversa la città con troppa fretta.

Avete mai sentito un veneziano – o un veneto – dire: «Andiamo a bere un’ombra?»
Se la risposta è no, e un giorno vi capitasse, non pensate di aver capito male né di trovarvi davanti a un raggiro. Al contrario: è un invito a un antico rito cittadino, che da secoli si rinnova tra le calli e i campielli. Un’usanza così radicata da aver superato i confini lagunari, fino a ispirare persino il nome di un locale a Milano.

isegretidivenezia.com

Venezia, la Piazza e il Sole: l’origine del “bere un’ombra de vin”

Ogni giorno, Piazza San Marco diventa un palcoscenico silenzioso, dove il sole e l’ombra danzano nel silenzio. Al mattino, i raggi che si insinuano tra campanile e basilica proiettano ombre lunghe verso ovest, protendendo ombra verso le Procuratie. Nel pomeriggio poi, il sole scappa verso ovest e le ombre si ribaltano verso est, come se la piazza stessa misurasse il tempo, trasformandosi in una grandissima meridiana. Chi cammina tra i tavoli e le colonne può osservare questo lento movimento e farsene parte, un gioco antico, discreto e perfetto, che da secoli accompagna i veneziani nel loro rito quotidiano.

Ancora oggi le bancarelle di souvenir pare rincorrano l'ombra del campanile
Ancora oggi le bancarelle di souvenir pare rincorrano l’ombra del campanile

Nacque così dunque l’espressione diffusissima a Venezia e dintorni, “Andemo a bere un’ombra” che si traduce, nella realtà dei fatti in: “Andiamo a bere un bicchiere di vino?”. Ancora oggi si usa anche in senso più ampio per invitare qualcuno a bere qualcosa in compagnia.

Il chioschetto itinerante: una corsa all’ombra come in un gioco dell’oca

L’origine si può collocare intorno XIV secolo, 1300 e dintorni: attorno al campanile di San Marco vi erano dei tavoli mobili e le osterie vi servivano il vino spostandoli poi seguendo l’ombra del campanile per mantenere il vino al fresco. Da qui l’antico la frase “Andémo bere all’ombra”, poi evolutosi nell’attuale forma.

La piazza e l’ombra del campanile

Bacari e osterie, ma anche furbizia: il legame secolare tra Venezia e il vino

Venezia è da sempre una città di commerci e ingegno. In particolare, lungo Calle de l’Arco, al civico 456, un tempo si trovava un vivace laboratorio di artigiani intenti a costruire botti di legno, necessarie per trasportare vino e altri prodotti. Le strette e alte porte delle abitazioni veneziane rendevano spesso difficile far passare queste grandi botti, ma i proprietari dello stabilimento trovarono una soluzione: crearono un vano d’entrata sagomato appositamente per il passaggio dei cilindri di legno: la Porta della Botte.

la porta della botte
la porta della botte

Questo dettaglio racconta non solo l’abilità artigianale, ma anche la costante inventiva dei veneziani, capaci di trasformare ogni ostacolo in opportunità. Ancora oggi, passeggiando tra le calli, si percepisce il legame secolare tra la città e il vino, tra lavoro, creatività e tradizione.

Storie, aneddoti e risse da osteria, immaginiamole così:

Quante storie potrebbero raccontare i Signori della Notte… figure silenziose e vigili che percorrevano calli e campielli quando le luci dei bacari tremolavano appena e il chiacchiericcio dei bevitori del giorno lasciava spazio al silenzio della laguna. Il loro compito non era solo protezione, ma anche un sottile controllo, un equilibrio tra ordine e libertà, tra la curiosità dei passanti e l’ebbrezza di chi aveva già brindato troppo. Osservavano, ascoltavano, intervenivano solo quando necessario, diventando testimoni discreti di segreti, chiacchiere e pettegolezzi che Venezia custodiva gelosamente.

Uno scorcio veneziano del 1200 di notte immaginato da Copilot AI
Uno scorcio veneziano del 1200 di notte immaginato da Copilot AI

Se il racconto di oggi non ti è bastato, facciamo un sorso di Venezia in più:

Quante storie può custodire un’ombra de vin. Non solo il bicchiere condiviso all’osteria, tra chiacchiere e risate, ma anche il riflesso di secoli di vicende e segreti. Dietro ogni sorso c’è una Venezia fatta di pietre antiche e voci sussurrate: dai Dogi che si incoronavano tra la Porta della Carta e la Scala dei Giganti, ai sospiri dei prigionieri che attraversavano il ponte più famoso. C’è l’eco delle denunce segrete infilate nelle Bocche di Leone, l’ombra dei Signori della Notte a vigilare sulle calli dopo il tramonto, e il profumo di storie incredibili che aleggia tra campanili, palazzi e ponti nascosti. Ogni angolo di Venezia è una storia che si accompagna bene a un calice di vino: basta fermarsi, ascoltare e lasciarsi guidare.

panoramica della piazza
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In conclusione:

Bere un’ombra non è solo gustare un bicchiere di vino: è partecipare a un rito che attraversa i secoli, un gesto semplice che unisce la storia, con curiosità e convivialità. Come la meridiana naturale di Piazza San Marco, che misura il tempo con ombre mute e precise, anche il rito dell’ombra ci ricorda di osservare, rallentare e, soprattutto, lasciarci sorprendere.

Prendersi il tempo di seguire queste tradizioni, di camminare tra bacari e calli, significa diventare custodi del patrimonio invisibile di Venezia, assaporando un piccolo miracolo quotidiano che continua a vivere e ripetersi, tra memoria e presente, nelle storie che la città ancora sussurra da ogni suo mattone.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: Il Ponte più importante di Venezia è… provvisorio! – Dorsoduro

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio tra le intriganti vicende della città lagunare, fatta di storie nascoste e piccoli miracoli quotidiani, spesso invisibili agli occhi frettolosi dei turisti. Oggi proviamo a porci questa domanda: Venezia sa incuriosire? La risposta, in particolar modo se state leggendo le mie parole, magari nemmeno per la prima volta, è: “Assolutamente sì!”. A tal proposito, oggi vi racconterò del ponte più importante di Venezia. Questo ponte unisce rive distanti più di 300 metri — ben oltre la misura dei ponti più celebri — e, al tempo stesso, si fonde con la storia cittadina, diventandone parte viva.

isegretidivenezia.com

Chi appare una volta all’anno a Venezia? Il Ponte del Redentore!

Un’opera effimera ma costante nei secoli: da 448 anni (al 2025), ogni terzo sabato di luglio, Venezia celebra la Festa del Redentore e, per l’occasione, viene montato un ponte votivo di 334 metri, il più grande della città se si esclude il Ponte della Libertà, nato però con altre funzioni. Questo passaggio straordinario collega la Fondamenta Zattere alla Basilica del Redentore sull’isola della Giudecca. Nel corso dei secoli il ponte ha assunto forme sempre diverse: in principio galere e zattere, poi un ponte Bailey militare, fino all’attuale struttura in legno e polietilene, lunga come sempre ma ora larga ben 4 metri.

il ponte votivo 2025 e la chiesa del redentore

Un corridoio sull’acqua tra Zattere e Giudecca

Il Canale della Giudecca si trasforma: dove fino a poco prima scorrevano vaporetti, navi e traghetti, ora fluisce un fiume di persone, tra fedeli e curiosi. Il ponte votivo diventa un corridoio sospeso sull’acqua, unendo i due sestieri in un cammino che fonde processione e festa, devozione e stupore. Attraversarlo significa immergersi in una storia che si rinnova ogni anno, al di là della fede personale: la dedicazione al Redentore resta intrecciata al destino di Venezia, che, uscita dalla peste, tornò finalmente a respirare. La basilica nacque come segno tangibile di gratitudine alla fine della terribile peste del 1575-77, e il ponte si rese necessario per garantire l’accesso a tutti coloro che volevano rendere omaggio.

il ponte votivo 2025 e la chiesa del redentore da una fermata actv

Come nasce e scompare un ponte provvisorio

L’assemblaggio del ponte votivo inizia alcuni giorni prima, quando una flotta di chiatte e piattaforme galleggianti viene progressivamente allineata e collegata tra le Zattere e la riva della Giudecca. L’opera richiede una precisione millimetrica: ogni sezione deve combaciare perfettamente per garantire stabilità e sicurezza a migliaia di persone.

Per mantenere la continuità della mobilità lagunare, il ponte è dotato di un rialzo con varco centrale, attraverso il quale possono transitare solo i mezzi pubblici più piccoli, come alcuni vaporetti e motoscafi di servizio. I traghetti di dimensioni maggiori, invece, non riescono a passare: i Ferryboat, che normalmente collegano Tronchetto – Lido San Nicolò, devono modificare il loro percorso, utilizzando la tratta alternativa Punta Sabbioni – Lido San Nicolò e ritorno.

Questa deviazione, ormai parte della tradizione logistica della Festa, mostra come, per un fine settimana all’anno, la città intera si pieghi a un rito collettivo, capace di modificare i ritmi e le abitudini di Venezia e della sua laguna.

L’ingresso principale è alle Zattere, il lungo camminamento assolato di Dorsoduro che conduce a Punta della Dogana. Da qui il ponte si protende verso la Giudecca, dove attende l’abbraccio con la Chiesa del Redentore, cuore pulsante della festa. Ai lati, calli e fondamenta svelano angoli vivi, tra chioschi, barche addobbate e scorci che raccontano la città nel suo momento più intimo e vibrante.

scorcio verso la Giudecca da Dorsoduro in fondamenta zattere

Da Dorsoduro a… Dorsoduro: come arrivare e cosa scoprire ai due capi

Partendo da Campo San Barnaba, cuore vivo del sestiere, si incontra la Bottega Galleggiante della Frutta e Verdura, un’imbarcazione che porta avanti una tradizione antica e pittoresca. Poco distante, sul Ponte dei Pugni “quattro piedi” raccontano storie di sfide e rivalità tra contrade veneziane, un tempo risolte proprio lì a colpi di lotta.

Camminando verso l’acqua, lo sguardo si apre sulla Punta della Dogana, il vero “ombelico del mondo”, dove si incontrano il Canal Grande, la Giudecca e il Bacino di San Marco. Qui, l’arte contemporanea dialoga con la storia millenaria della città. Poco più in là, lo Squero San Trovaso, uno dei pochi ancora attivi, svela l’antico mestiere dei maestri d’ascia, custodi della tradizione gondoliera.

Attraversando il canale, si entra in un’altra dimensione: la Giudecca, con i suoi scorci silenziosi e i racconti di vita sospesi tra fede, lavoro e segreti veneziani, che meritano un viaggio dedicato — come nelle due tappe di Alla Scoperta della Giudecca, parte uno e parte due.

Il Ponte provvisorio… che non è l’unico!

Ogni anno, a novembre, Venezia si prepara a un ulteriore rito temporaneo sul Canal Grande: il ponte in legno della Festa della Madonna della Salute. Questa struttura provvisoria unisce la punta della Dogana con Santa Maria del Giglio e, dunque, Dorsoduro con San Marco, offrendo un passaggio sicuro ai fedeli diretti verso la Basilica della Salute. La tradizione risale al 1630, quando la città, colpita dalla peste, promise di erigere un tempio dedicato alla Madonna per chiedere la fine dell’epidemia. Così, ogni anno, il ponte diventa simbolo di devozione, memoria storica e partecipazione collettiva, proprio come il celebre ponte votivo del Redentore.

il ponte in legno della Festa della Madonna della Salute
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La Giudecca non è un sestiere… ma meriterebbe di esserlo!

Attraversando il ponte, si comprende quanto la Giudecca sia più di un semplice isolotto: la sua storia, le calli, le ville e il respiro dei campi la rendono quasi un sestiere a sé. Eppure, per tradizione, resta “fuori” dai confini ufficiali. Camminare fin lì significa scoprire un piccolo mondo parallelo, sospeso tra acqua, fede e segreti veneziani. Ogni passo diventa un varco tra passato e presente, tra il silenzio di antiche memorie e il fermento di una vita che scorre discreta, lontana dalla folla. Ci si imbatte in atmosfere che parlano di lavoro, di devozione e di una quotidianità autentica, fatta di scorci nascosti, respiri lenti e storie che sembrano emergere dalle pietre stesse.

vista del consorzio cantieristica minore venezia alla giudecca
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In conclusione:

Attraversare il ponte del Redentore non è solo camminare da una sponda all’altra della laguna: è un gesto che unisce storia, fede e curiosità, trasformando ogni passo in un piccolo atto di partecipazione alla vita della città. Come per la Giudecca, spesso invisibile ma piena di meraviglie, anche i dettagli più semplici di Venezia — le calli, le ville, le barche, i ponti provvisori — custodiscono storie preziose che attendono di essere scoperte.

Prendersi il tempo di osservare, fermarsi e ascoltare la città significa diventare custodi del suo patrimonio invisibile, cogliendo l’equilibrio tra vita quotidiana, memoria e celebrazione. Solo così Venezia continua a vivere, tra il passato e il presente, raccontandoci le sue storie senza tempo.

mappa della posizione e vista metaforica del ponte votivo del redentore tra dorsoduro e giudecca (dorsosduro)

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: la Chiesa della Maddalena tra leggende e simboli massonici – Cannaregio

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. In questo episodio vi porterò a scoprire due aspetti apparentemente distinti della storia veneziana e dello spirito che anima la venezianità. Siamo spesso convinti che, per scoprire un mistero, sia necessario intraprendere viaggi lunghissimi, percorrere itinerari tenebrosi, attraversare luoghi remoti. Ma non sempre è così. Oggi vi racconterò un luogo tanto incredibile quanto vicino, tanto alla portata quanto, a suo modo, apparentemente “inaccessibile”.

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La Chiesa della Maddalena: dove si trova e come raggiungerla

Nel dedalo silenzioso del sestiere di Cannaregio, tra palazzi sfiorati da milioni di turisti e scorci d’acqua che sembrano fuori dal tempo, si cela uno degli edifici più enigmatici e divisivi di Venezia: la Chiesa di Santa Maria Maddalena. Per molti è un semplice luogo sacro, ma per altri rappresenta un portale simbolico che nasconde una storia fatta di geometrie iniziatiche, riti scomparsi e iconografie massoniche.

Per raggiungerla dalla stazione di Venezia Santa Lucia, procedete in direzione nord-est lungo Calle Favretti e continuate su Fondamenta dei Scalzi, che diventa Rio Terà Lista di Spagna. Dopo circa 300 metri, svoltate a sinistra in Campo San Geremia, poi girate a destra su Fondamenta Cannaregio. Proseguite imboccando Calle del Pistor, Campiello de l’Anconeta e Calle de l’Anconeta, fino a continuare su Rio Terà de la Maddalena. Infine, svoltate a destra su Fondamenta de la Maddalena: qui si apre il suggestivo Campo della Maddalena, con la chiesa che si staglia davanti a voi, discreta custode di segreti e antiche geometrie.

Nelle vicinanze troverete anche: I “Grattacieli” del Ghetto Ebraico, Il Pontile più Instagrammabile della città, Calle Varisco, la più stretta di Venezia, le Misteriose Statue in Campo dei Mori e la Casa del Tintoretto, il Ponte Chiodo, il più iconico ponte privato di Venezia, il Supermercato nel Teatro e le ancorette “portafortuna”.

Una chiesa diversa da tutte le altre e una dedicazione che fa discutere

Come un colpo di fulmine, basta uno sguardo per capire che la Maddalena non è una chiesa come le altre. Il suo elemento più sorprendente è la pianta circolare, un richiamo immediato al Pantheon di Roma — che scopriremo più avanti — e non si tratta certo di una scelta stilistica casuale. Ogni angolo è intriso di significati nascosti, come se l’architettura stessa fosse una scrittura da decifrare, desiderosa di suscitare domande e celare risposte.

Intitolata a Maria Maddalena, la chiesa porta con sé un messaggio teologico e culturale sottotraccia che non è mai stato del tutto chiarito. Maddalena è una figura discussa del Nuovo Testamento: discepola di Gesù, testimone della resurrezione. Questa intitolazione, inserita in un contesto architettonico così suggestivo, alimenta suggestioni e misteri che sfiorano il mito, figli di una scelta certamente non casuale.

Il portale dell’occhio che osserva e, dentro, una citazione al Pantheon

Sulla facciata, scolpito in pietra d’Istria sopra l’ingresso, l’Occhio Onniveggente scruta meticolosamente chi varca la soglia. Triangolo e cerchio si intrecciano in una tipica iconografia massonica ed esoterica; personalmente, non ho memoria di altri simboli simili presenti altrove in forma così esplicita su un edificio religioso. Sopra l’ingresso, un frontone sorretto da colonne ioniche richiama più un tempio greco che una chiesa cristiana.

Questa simbologia si riflette anche nella struttura superiore della chiesa, con un elemento che richiama il celebre Pantheon di Roma.

Sopra la Chiesa della Maddalena si nota una parte cilindrica chiamata tamburo, che sostiene la cupola e cattura subito lo sguardo. Questa forma richiama quella del celebre Pantheon di Roma, dove in cima si apre un grande foro circolare chiamato oculus, come un vero e proprio “occhio” che guarda il cielo.

Anche se qui non c’è un foro aperto, il tamburo della Maddalena sembra un occhio che osserva, un elemento che colpisce e invita a guardare con attenzione, come se la chiesa stessa volesse fissarti, sfidandoti a scoprire ciò che nasconde.

La porta segreta per inginocchiarsi

Sul retro dell’edificio infine si cela un’altra particolarità che funge da ultimo mistero: una porta alta appena 60 centimetri, attraverso la quale si può entrare solo rimanendo in ginocchio. Forse simbolo di umiltà o forse un varco rituale. Nessun documento ufficiale ne spiega la funzione, ma la sua presenza – così anomala in un luogo così eclettico – aggiunge un ulteriore strato di mistero alla già complessa simbologia della chiesa.

la porta segreta sul retro della chiesa della Maddalena

La Maddalena: un portale, quasi sempre chiuso, nascosto tra sacro e mistero

Oggi la Maddalena è quasi sempre chiusa al pubblico. Solo in rare occasioni — spesso per esposizioni o eventi culturali — apre le sue porte. Ho avuto la fortuna di visitarla, casualmente, proprio in uno di questi momenti. È difficile — se non impossibile — distinguere il confine tra architettura sacra e struttura iniziatica. Quel che è certo è che la Chiesa della Maddalena sembra essere una soglia: uno spazio dove il visibile e l’invisibile si sfiorano, e dove Venezia mostra il suo volto più enigmatico.

Un volto che, come sempre, non si offre a tutti, ma solo a chi ha occhi per vedere. Anzi, per osservare.

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In conclusione:

Venezia non smette mai di stupirci.
Anche la Chiesa della Maddalena, nascosta tra le calli di Cannaregio, ci parla di un passato fatto di misteri e simboli, di un’arte che va oltre la semplice forma per raccontare storie segrete. È un luogo che sfida lo sguardo frettoloso del passante, invitandoci invece a fermarci, ad osservare con attenzione, a leggere ciò che non è detto. Scoprire la Maddalena significa aprire una porta verso un Venezia meno conosciuta, fatta di enigmi e di sogni custoditi nel tempo. È un invito a perdersi nei suoi silenzi, a lasciarsi guidare da quella magia sottile che solo questa città sa offrire a chi ha occhi per vedere davvero.

mappa della posizione della chiesa della maddalena cannaregio

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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