Benvenuti in un nuovo appuntamento della serie “I Segreti di Venezia” un viaggio linguistico e culturale che si snoda tra calli, rii e memorie della laguna.
Dopo il successo del primo articolo dedicato alle parole in dialetto veneziano, proseguiamo la nostra collezione con altre 50 perle del vocabolario locale.
Se vi foste persi il precedente, potete recuperarlo qui, pronto da cliccare: 50 parole in Dialetto Veneziano che Svelano la Magia della Città.

Ecco a voi altre 50 parole veneziane “da collezione”:
In questo nuovo viaggio linguistico proverò a suddividere le parole per area tematica, seguendo i sentieri che la loro sonorità e il loro significato tracciano nel cuore della laguna.
Ci sono parole che, come avrebbe scritto Hemingway, raccontano la vita in barca e il respiro della laguna, altre che profumano e si assaporano lentamente, e poi quelle dalla musicalità rara e affascinante, simili a un sonetto di Shakespeare. Alcune affondano radici profonde, arcaiche e misteriose, mentre le onomatopeiche, citando Emily Dickinson, suonano come un vero e proprio tock tock alle soglie dello scibile. Ci sono sussurri piccoli e comuni, ma radicati nel micromondo lagunare, come usciti dalla penna di Guareschi, sorrisi di suoni morbidi, dolci e allegri nel loro significato, e infine le più familiari, ricorrenti nel quotidiano, come il ritornello di una canzone che amiamo cantare a memoria.
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🌊 Parole della Laguna e delle Imbarcazioni
Peata: antica imbarcazione da trasporto veneziana, grande e robusta, usata per merci pesanti.
Pagiol: tavola che compone il fondo delle barche a remi, rimovibile per facilitare pulizia e manutenzione.
Numero de aqua: il numero estratto a sorte per decidere la posizione lungo la griglia di partenza nelle regate; poteva influire sulle sorti della gara, poiché il lato del canale determina il verso e la forza delle correnti.
Paleto: palo che segna il punto di svolta nelle regate, simbolo della virata decisiva.
Pontapie: pedana su cui il vogatore appoggia il piede posteriore per aumentare la spinta; detto anche taparin, come quello che mio nonno mi costruì.
Prova / Provièr: la prua dell’imbarcazione e il vogatore che vi prende posto, contrapposto al “Pope”.
Ligar: legare la barca con corde agli ormeggi; usato anche in senso figurato per “legarsi” a qualcosa o qualcuno, o semplicemente per “legare”.

🔧 Mestieri, Oggetti e Architettura
Marangon: colui che lavora il legno, il falegname.
Caleghero: il calzolaio, parola quasi onomatopeica e danzante.
Scarsela: la tasca, quella dove riponiamo le cose; “no aver schei in scarsela” significa essere al verde.
Foghèr: focolare domestico, simbolo di intimità e unità familiare.
Noghéra: il noce, legno pregiato usato per le forcole.
Canevassa: strofinaccio consunto con cui si asciugano superfici umide e piatti.
Papusse: termine casalingo per le ciabatte.
Tabarro: mantello ampio e pesante, simbolo di eleganza maschile d’altri tempi, da cui deriva il modo di dire “ti xe drio ‘ndar in giro tuto intabarà!”, cioè eccessivamente coperto.
Sotoportego: passaggio coperto sotto un edificio; uno dei più famosi è il “Sotoportego dei preti” legato alla leggenda di Orio e Melusina.
Scoasse: spazzatura o immondizia.
Cotola: la gonna, un indumento iconico.

🌀 Modi di dire, Espressioni e Azioni
Andare a torsio: riferito a chi, in barca o vogando, per motivi tecnici o demeriti, anziché seguire la rotta va in balia della corrente.
Immusonarse: irritarsi, incupirsi, tenere il broncio.
Mea Moco co articioco: darsela a gambe, fuggire, abbandonare una situazione pericolosa, letteralmente: scappo col carciofo (curioso che in veneziano ed in inglese le due parole siano così simili articiòchi = artichokes).
Abatùo: essere tristi, senza energie, fisicamente o moralmente.
Anda: slancio negativo, mancanza di voglia o motivazione; “no go anda” significa “non ho spinta”.
A brazzacolo: tenere qualcosa a tracolla o sotto il braccio, spesso in senso affettuoso riferito a persone care.
Fuminanti: i fiammiferi.
Desgrassià: insulto popolare per persona poco di buono o dispettosa.
Furbire: pulire fino a rendere lucido.
Lustrofin: vernice lucidante usata per rifinire gondole, taxi acquei o superfici pregiate; sinonimo di cura minuziosa.
Impissa: accendere; es. “Piero, impissa la luce!” (contrario di “destua”).

🗣️ Parole dal Suono Forte o Curioso
Brecane: luogo pieno di erbacce, non coltivato.
Tumbano: persona poco intelligente e un po’ rimbambita.
Rosegotto: oggetto consumato dal tempo, esteticamente compromesso e inutilizzabile.
Scagio: indica l’ascella, spesso riferito al suo odore sgradevole.
Sludro: qualcosa o qualcuno così unto e sporco da suscitare disgusto; spesso riferito a persone trasandate.
Marantega: donna bisbetica, brontolona, spesso vittima di malelingue.

🧭 Quotidianità Veneziana
Foresto: forestiero, chi viene da fuori; una sorta di “marchio” con cui si identifica chi non è del posto.
Visigole: l’aguglia, pesce lungo, snello e affusolato.
Ancuo: letteralmente “oggi”; es. “Ancuo xe bel tempo”.
Bagigio: il nome più simpatico per l’arachide!
Articiocco
Bagolo: il far festa, divertirsi.
Moroso / Morosa: fidanzato o fidanzata; voce dolce e familiare.
Gòto: il bicchiere, spesso associato al vino; “nina, dame un goto de vin!”.
Groppo: nodo, sia metaforico che fisico.
Molton: persona rozza e maleducata; in realtà indica il maschio della pecora.
Pantegana: non un topo qualsiasi, ma un ratto di grandi dimensioni, un roditore da primato!

💡 Curiosità e Forme Arcaiche
Samoro: originariamente indicava il cimurro, ma nel linguaggio veneziano è un colorito modo di chiamare chi è molto costipato.
Destua: verbo che significa spegnere; es. “Toni, destua a luce.” Contrario di impissa.
A casa per marina: espressione idiomatica tipica dell’isola di Pellestrina, usata per indicare un ritorno mesto, spesso dopo una sconfitta o delusione. “Tornemo casa per marina” si dice con un sorriso amaro, sottolineando la scelta di rientrare dal lato del mare — meno frequentato e più solitario — per evitare gli sguardi curiosi e le ironie della gente che si affolla sul lato lagunare, più esposto e vissuto. Una frase che racconta, con leggerezza malinconica, il desiderio di passare inosservati quando il vento non soffia a favore.
Cogoma: un nome bellissimo per la moka da caffè.
Cocòlesso: una carezza, un gesto gentile, una parola soave.
Pre – conclusione:
Prima di congedarmi con il consueto saluto vi voglio lasciare un sorriso, queste parole sono del compianto Lino Toffolo: attore, cantante, comico veneziano, icona culturale, dialetto vivace; venuto a mancare nel 2016. In uno sketch tipico del suo repertorio gli sentii dire questa frase che, nella sua semplicità, racconta la vita e lo spensierato modo di essere dei veneziani:
“Ghe xe tre fasi dea vita: giovane, adulto e… Te vedo ben!”
(letteralmente: ci sono tre fasi della vita: giovane, adulto e… ti vedo bene!)
In conclusione:
Queste seconde cinquanta parole sono un altro frammento del lessico segreto che rende Venezia viva, umana, inconfondibile. Ogni voce è una finestra aperta su mestieri, emozioni e modi di dire che resistono al tempo, come le pietre levigate dai passi. E ora, la sfida si rinnova: quante ne conoscevate davvero? Ma attenzione, niente cavane linguistiche dove nascondersi! Come diceva Goldoni: “Xe el parlar che fa la zente”. E per chi ama collezionare parole come si fa con le conchiglie d’estate: che questa sia un’altra manciata da custodire, da sfoggiare tra una ciacola e un goto de vin.
In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.
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