I Segreti di Venezia: La foresta capovolta e le fondamenta invisibili della Serenissima

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi vi racconterò di come sia stato possibile rendere Venezia lo scrigno di tesori storico-architettonici che è oggi, nonostante l’intero territorio si fondi su antiche paludi salmastre. Per farlo, però, dobbiamo partire dalla sua parte invisibile, che, in un meraviglioso parallelismo con la natura degli alberi, consta nelle sue “radici”.

Le fondamenta della città sull’Acqua:

Venezia è un’utopia trasformata in realtà, costituita da oltre un centinaio di isole, e resa possibile grazie a un fantasioso quanto ingegnoso insieme di pali di legno che, a migliaia, sono stati piantati nell’instabile terreno lagunare.

Questi pali, che potevano arrivare fino a cinque metri, sono stati piantati fino a totale immersione nel fango salmastro che, anziché cagionarne il consumo (come accade alle famose bricole, erose dalle acque), ne preserva la robustezza grazie alla totale assenza di ossigeno. In tal modo, il legno si fa quasi pietra, solida e affidabile per poggiarvi gli edifici.

Convivendo con le sue criticità — acqua, fango, erosione — la città ha scelto la pietra bianca d’Istria per le rive, così da contrastare la forza del tempo.

L’ingegneria delle fondamenta veneziane:

Citando l’Atlante Storico della Serenissima:

“Le fondamenta di tutti gli edifici sono fatte di pali molto robusti di quercia o durmast, che durano per sempre sott’acqua… Questi vengono piantati saldamente nel terreno, poi chiusi con grandi pezzi trasversali e riempiti tra i pali con vari frammenti di pietre e cemento, creando così basi stabili e solide attraverso la coagulazione e l’assestamento.”

Questa foresta sommersa poi si vedeva posare al di sopra tavole di legno, blocchi di pietra e altro materiale. È come se gli alberi fossero capovolti e le loro radici, disposte come infinite braccia, sorreggessero metaforicamente il peso della città.

L’elasticità degli edifici veneziani:

Grazie a un terreno all’apparenza inadatto, gli edifici veneziani hanno sviluppato un’elasticità strutturale che nei secoli li ha aiutati a resistere a numerosi eventi infausti.

Passeggiando per Venezia, vedremo pareti arrotondate o inclinate in maniera atipica e tante, tantissime capochiave che, attraversando gli edifici da parte a parte, rafforzano reciprocamente la tenuta di pareti opposte.

Da dove proveniva tutto questo legno?

Tra imbarcazioni, bricole, edifici, fondazioni nei terreni, la Serenissima ha sfruttato i suoi domini nel Cansiglio e i suoi boschi, ma non solo. Sfruttò anche zone del trevigiano, del Friuli, fino al Cadore, veronese e il bassanese.

I tronchi risalivano l’Adige, il Brenta ed il Piave con grandi zattere che, sfruttando la corrente favorevole, giungevano placidamente navigando fino alla laguna.

una vista immaginaria dell'isola di San Giorgio nella sua prospettiva da Piazza San Marco con un rilievo sulle fondazioni della stessa.
Fondazioni immaginarie di Piazza San Marco

Il destino del legno a Venezia:

Proprio le “Zattere” erano il punto d’arrivo del materiale che poi veniva così gestito:

  • Verso l’Arsenale per le navi da costruire.
  • Verso San Biagio e Giudecca per divenire legna da ardere.
  • Infine il resto per consolidare terreni fangosi.

Il larice era il legno migliore per le fondazioni, la quercia per le navi e l’abete per gli alberi maestri.

Le bricole di Venezia: Sentinelle della Laguna

Citate poco sopra ci sono poi le Bricole, quei pali in legno che delimitano canali, stazi e soprattutto le vie navigabili lagunari. A “fine carriera”, salvo dispersioni e rotture accidentali, diventano spesso oggetto di riciclo o riuso creativo.

Celeberrimo il caso de i Pezzi di Venezia che fa rivivere in souvenir unici e di design i materiali che, diversamente, diventerebbero ostacolo, rifiuto o spreco di materia prima.

Se cercate inoltre un approfondimento più scientifico del mio attorno alle “fondazioni di Venezia” scoprite il fantastico video realizzato da Geopop sul tema!

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In conclusione:

Questa storia, eccezionale in senso assoluto, ci ricorda la nativa resilienza dei “futuri veneziani” che, in una situazione disperata — la fuga dalle terre limitrofe causata dalle incursioni barbariche — investirono in sudore e progettualità innovativa per vincere la loro sfida col destino. Così facendo, ci hanno regalato alcune delle pagine più belle, ricche e affascinanti di un popolo che, partito dalla terra, conquistò il mare e riconquistò territori ben oltre i confini dei suoi possedimenti originari.

Questa espansione raggiunse il suo apice nel XV secolo, quando la Serenissima estese il proprio dominio dalla Lombardia orientale fino alle coste dalmate, includendo città e porti strategici lungo l’Adriatico, le isole Ionie e persino Cipro. Venezia non solo controllava rotte commerciali vitali, ma divenne una potenza marittima e terrestre capace di influenzare la politica e l’economia del Mediterraneo e oltre. Da un arcipelago di esuli a un impero che si estendeva dalle Alpi al Levante, la città seppe trasformare la fragilità delle sue origini in una forza che avrebbe segnato la storia per secoli.

“E così, dal fango delle paludi nacque una potenza capace di dominare i mari e di incidere per sempre il proprio nome nella storia.”

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: Vi Racconto il Volto di Venezia ai tempi della Pandemia e del Lockdown

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi vi svelerò due dei privilegi di cui ho avuto la fortuna di godere in questi anni. Il primo è che le mie radici affondano nella salmastra laguna, dove ha avuto origine la mia stessa vita e in cui vivevano tutti i miei antenati, nell’Isola di Pellestrina. Il secondo l’ho vissuto in un periodo storico particolarmente delicato a livello mondiale: fu durante la pandemia e il lockdown. Il 15 maggio 2020, infatti, in qualità di residente e grazie all’allentamento delle norme di contenimento alla circolazione, potei rivedere la mia amata Venezia nel pieno del suo isolamento forzato.

Come ti sei sentito prima di arrivare a Venezia?

Sentivo un vuoto, un’assenza, una sensazione che ciò che stavo perdendo, non vedendo più questo luogo, fosse nulla al confronto di ciò che si era perso in termini di persone e di Mondo. Eppure, la curiosità, il desiderio di tornare a muovere passi fuori dal confine del tappeto del salotto, di scagliare un sorriso sotto la mascherina ai passanti che non fossero vicino allo scaffale dei biscotti al supermercato, tutti questi desideri semplici costituivano un quadro d’insieme immenso. Mi sono sentito come una di quelle gondole di plastica, che, improvvisamente, si è ritrovata ad affrontare le acque.

Gondole di plastica in una vetrina di souvenir

Come appariva la città al tuo arrivo?

Attraversai Piazzale Roma, solitamente gremito di mezzi pubblici, auto, turisti, uomini d’affari e trasportatori di bagagli: era vuoto. Fui abbracciato dal silenzio, dal canto dei gabbiani e dal vociare di qualche residente che, per lavoro o necessità, si aggirava nei dintorni.

Gondola nei pressi del Ponte Tre Ponti vicino a Piazzale Roma

Con quali aspettative avevi pianificato questo reportage fotografico?

Ero consapevole che stavo per aprirmi a emozioni forti e contrastanti. Dentro di me coesistevano la curiosità e il desiderio di rivedere la mia città del cuore, ma anche la certezza che l’impatto della pandemia avrebbe certamente scavato delle “rughe” sul volto della Serenissima. Fortissima era, poi, la curiosità di scoprire come i Veneziani avessero ripreso possesso della loro città, un aspetto che, a causa degli enormi flussi turistici, spesso era passato in secondo piano. Nelle due foto qui sotto, due scorci celebri non distanti da Piazzale Roma e dalla Chiesa dei Frari.

Che tipo di cambiamenti hai notato immediatamente?

Passo dopo passo, una cosa mi colpiva, dapprima inconsciamente: il silenzio assordante. Venezia ha una caratteristica unica, una gamma di suoni che le appartengono in modo assoluto: i clacson dei motoscafi e dei vaporetti, il dialetto bello, schietto e irriverente, le valigie che si trascinano sul selciato, la commistione di lingue che si intrecciano e si sovrappongono da ogni direzione. Era rimasto solo l’unico attore che, per sua natura, non si era mai potuto distinguere prima: il silenzio, appunto. Ricordo ancora, come fosse ora, l’istante in cui, da Rio Terà San Silvestro, arrivai in Riva del Vin, vicinissimo al Ponte di Rialto. Solitamente, in quel punto esatto, Venezia “deflagrava” in tutta la sua rumorosità, persino più che a San Marco. Eppure, fui travolto dall’assenza di suoni, dal placido muoversi delle acque, dall’assenza di tutto ciò che normalmente avrei dovuto schivare camminando lungo quella riva.

Hai incontrato qualcuno o vissuto un episodio che ti ha emozionato particolarmente?

Un momento particolarmente emozionante fu vedere la prova dell’infinita resilienza dei veneziani, che, mentre il Mondo sembrava sul punto di scrollarsi di dosso l’umanità, continuavano a vivere la loro quotidianità con una poesia infinita, percepibile anche solo osservandoli mentre frequentavano il Mercato di Rialto.

In che modo hai vissuto la solitudine della città?

Ho vissuto questa avventura con un mix di rispetto e responsabilità, consapevole che sarebbe stata un’opportunità unica per portare la mia personale testimonianza su un evento che pochi altri avrebbero potuto documentare. Cercando, allo stesso tempo, di mantenere un tono di verismo e non di sensazionalismo in ogni scatto, di costruire un racconto emozionale e non da “titoli urlati”. La città mi accolse nel silenzio e io la attraversai letteralmente in punta di piedi. Sentivo che, ad ogni “click!” della mia macchina fotografica, dovevo tributare il senso di responsabilità di un osservatore giusto e imparziale.

Cosa ti ha insegnato questa esperienza su Venezia e su te stesso?

Quel giorno, il 15 maggio 2020, ho imparato due lezioni. La prima è che la natura dell’umanità è contraddistinta dalla transitorietà, ma che, se saremo in grado di tutelarla adeguatamente, potremo essere gli artefici oggi, come lo furono altri ieri e altri ancora nel futuro, della conservazione di un luogo che, ad ogni angolo, ha qualcosa da raccontare. E che, anche privata della sua natura turistica, che, come in un ossimoro rappresentabile a mo’ di yin e yang, rende indissolubile la sua dualistica realtà di meta delle masse e patrimonio universale. La seconda lezione è più personale. Arrivai convinto che avrei provato delle emozioni, ma sottovalutai, al limite quasi del mancamento, l’impatto che alcuni silenzi avrebbero potuto cagionare alla mia “memoria fotografica” del mood e del carattere di alcune zone tipiche. Ad esempio, quando arrivai in Riva del Vin, mi sentii come mordere da quel silenzio imperioso.

piazza san marco deserta pandemia lockdown covid19 2020 maggio venezia
San Marco deserta maggio 2020 – lockdown

Quali emozioni ti suscitano oggi quelle fotografie?

Queste foto sono una vivida testimonianza di un luogo unico nel momento più unico della sua storia recente. Un silenzio che raramente fa clamore, eppure, in ogni singolo scatto, visto e rivisto, e in ogni singolo video, tutta questa quiete si trasforma in tumulto interiore.

Ma non vi bastassero le parole, giudicate voi stessi questi silenzi (la mascherina amplificava il mio respiro):

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In conclusione:

Con questo reportage, spero di trasmettervi l’importanza di preservare la bellezza e l’autenticità di Venezia, un luogo che, anche nel silenzio più profondo e nei momenti di dolore, conserva la sua essenza unica. Voglio che sentiate la potenza di un mondo che, seppur momentaneamente sospeso, continuava a raccontare la sua storia. In ogni angolo, in ogni riflesso, in ogni silenzio, c’era una lezione di resilienza e di amore per ciò che è autentico e imperituro.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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