“Chi ha rapito Santa Claus?” 25 Dicembre – Punta della Dogana 

"Chi ha rapito Santa Claus?" - cover by Trarealtaesogno

25 Dicembre – Punta della Dogana 

Rudolf aveva smesso di guardare la luce. La cenere gli si era posata sulle maniche, sulle spalle,fin sopra in alto, nei pensieri. “Se questo è il Natale…” mormorò, senza finire la frase. Poi alzò lo sguardo verso Artemisia. “Dimmi la verità. Non quella che consola. Quella che senti.” Artemisia si fece serissima per un istante. Cambió espressione, non c’era paura. C’era attenzione. “Sì. Abbiamo tempo. Poco, ma non è ancora il momento della fine. È l’inizio di qualcosa che sta prendendo fiato per manifestarsi in tutta la sua veemenza”. Rudolf incassó il colpo, come chi accetta una sentenza sospesa. “Allora dobbiamo sfruttarlo se è poco, idee?”. “So dove andare” disse lei, senza esitazione. “Alla Serra dei Giardini. Lì la città respira ancora. Saremo abbastanza lontani da Krampus… e abbastanza vicini da non dimenticarlo”. I loro passi sembravano certi, sicuramente più di quello che stavano vivendo nei loro cuori. Ora che erano riuniti e insieme peró un filo di speranza si dipanava innanzi a loro. Percorsero, con la cenere che cercava di soffocare la loro luce, tutte le rive fino a giungere Riva dei Sette Martiri. Proseguirono fino al Ponte San Domenego e, proprio una volta che l’ebbero superato svoltarono a sinistra. Il locale non era gremito, ma caldo e accogliente come sempre. Presero posto vicino al  pianoforte e cominciarono a discutere. Luca guardava questo spaccato di vita con la curiositá di chi, per fede, vi aveva parzialmente rinunciato e a suo modo, prima di sorseggiare del tè rese grazie. Rudolf guardava preoccupato attraverso le vetrate in perfetto stile liberty che restituivano la vista del giardino e del cielo. Il fascio luminoso che si innalzava da Punta della Dogana era visibile anche da lì. Una luce che pareva gettare ombra su di loro. Mentre Artemisia si confrontava con gli altri un ragazzino si sedette vicino a loro, al pianoforte. Era vestito con un tabarro molto piu grande di lui, il mix gli conferiva l’aria di un adulto. Dalla prima nota peró l’atmosfera cambió. La cenere continuava a scendere, ma la musica ne aveva alterato la percezione. Luca: “Non trovate che la musica sappia farsi medicina a volte?” Artemisia: “Sì, vero, sa anche rimettere ordine nella mente quando fuori il vento bussa forte”. Rudolf invece rimase in silenzio. Ascoltava gli altri, si lasciava cullare dalla musica. Pareva quasi stesse ascoltando un bisbiglio distante che lo stava investendo di una dose di coraggio fondamentale. Proprio per lui che di dubbi per lungo tempo aveva continuato a nutrirsi. Guardó quelle mani generare melodia, c’era una grazia disordinata in lui. La musica si interruppe. Non bruscamente, bensì per necessitá. Il suonatore si diede slancio sullo sgabello e roteó rivelandosi. “Tu?!” Disse Rudolf riconoscendo Nico. E lui: “Vi cercavo” stette in silenzio fissandoli divertito. “Quando c’è buio tutti pensano serva più luce”. Lanció uno sguardo al pianoforte, poi verso la finestra ora ombrizzata dalla cenere depositata. Per un istante sembró che anche Nico ascoltasse un bisbiglio lontano. Poi cadde un tanto casuale quanto improvviso silenzio in cui nemmeno il pianoforte avrebbe suonato: “Dobbiamo ricordarci che è la scintilla la prima crepa delle tenebre”. Disse il ragazzino. Rudolf sentì qualcosa dentro, un bisbiglio era arrivato al suo cuore, forse stava per arrivare alla sua mente. La sua veste reagì tornando a pulsare in alcuni dettagli. Artemisia: “Nico, hai un’anima infinita. Grazie”. Rudolf si alzó in piedi: “Noi soffieremo la cenere e dovremo avere l’ambizione di farci scintilla”. Nico: “A proposito, devo darvi questa”. Frugó lungamente nelle tasche interne del tabarro e si illuminó: “eccola!”. Porse una lanterna cinese in miniatura a Rudolf dicendogli: “Una scintilla per voi”. Nell’anima e nella mente di Rudolf quanto appena vissuto risuonó, come una sorta di deja vu che peró non riusciva a spiegarsi. Si commosse e, quando fu il momento di ringraziarlo… sparito! “Io non capiró mai come faccia, ogni volta che il discorso si fa interessante o curioso, scompare”. Risero tutti portandosi verso l’uscita. Era il momento di tornare fuori. La luminescenza della veste di Rudolf, mentre camminavano, generava piccole particelle di proiezioni luminose che, di tanto in tanto, catturavano l’attenzione di Elio che, da bravo felino, si mise a rincorrere e giocare con quei ciondoli di luce che apparivano, per poi svanire nel nulla, senza un’apparente spiegazione ai suoi occhi. Più andavano avanti, più le impronte generate dai loro passi sulle ceneri rendeva manifesta la possibilità di una fuga all’indietro in caso la minaccia si fosse rivelata troppo alta. Dopo aver percorso la strada a ritroso Luca si lasciò andare ad un commento rivolto al più esperto del gruppo che da qualche tempo si era fatto taciturno: “Dunque? Una volta tornati a San Marco, cosa facciamo?” Non fece in tempo a giungere risposta alcuna, un boato ed una luce azzurra squarciò come un fascio luminoso verticale il cielo. Da quello si propagarono, come una sorta di energia primordiale, miriadi di flussi luminescenti che parevano un’aurora boreale. I nostri erano giunti all’altezza dei Giardini Reali, quasi perfettamente in asse con la sorgente del fascio luminoso. Era difficile da notare data la distanza ancora ampia, ma le porte frontali di Punta della Dogana si spalancarono e ne scaturì Krampus, la sua figura  era attraversata dall’energia assorbita dagli Umbræon e dai Luminæon, mentre il suo bastone tortile emanava un’aura azzurrognola. Inizió ad agitarlo e scuoterlo nell’aria. Venezia si spense. Rudolf si fece forza, guardó i suoi compagni d’avventura e scelse l’unico che avrebbe potuto aiutarlo. Elio si strusció su di loro, Artemisia li abbracció, ognuno dei presenti, a suo modo, infuse forza in loro. “Andiamo”. Disse Rudolf perentorio. Luca: “Prendiamo in prestito una gondola, con tutto ció che sta accadendo nessuno si accorgerà che un frate sta commettendo un peccato grave” e Rudolf: “il fine giustifica la scelta se é maggiore della sua conseguenza”. Luca si voltó peró, colto da un’intuizione folgorante. Corse verso Artemisia, ne guardó il vesito e, sapendo che come tutti i gatti anche Elio usasse le unghie cercó un filo pendente, lo staccó e le disse: “Sarai con noi in un istante speciale”. Luca tornó di corsa, Rudolf era già a prua di una gondola, pronto. Rudolf gli disse: “Cosa hai preso da Artemisia” e lui: “L’ancora per la nostra scintilla” Rudolf tiró fuori la lanterna regalatagli da Nico, Luca vi legó alla base il filo staccato dal vestito di Artemisia, poi cercó un fiammifero e lo accese. La fiamma tremò un istante, come se anche lei avvertisse il peso di ciò che stava per essere fatto. Poi trovò lo stoppino. La minuta lanterna si illuminò dall’interno con una luce calda, fragile, ostinata. Non era potente. Non voleva esserlo. Rudolf la osservò come si guarda qualcosa che si affida al mondo circostante senza difese. Artemisia, rimasta sulla riva, portò una mano al petto: “È legata a me” mormorò. “Lo so” rispose Rudolf senza voltarsi e facendosi udire solo da Luca:. “Ed è per questo che resisterà, perchè ha un frammento di della tua incredibile tenacia con sè”. Assicuró la lanterna a prua e cominciarono a vogare insieme. Il filo si tese appena, poi trovò equilibrio. Venezia si fermó ad osservare, sentendo mancare il respiro, quella gondola che puntava verso il fascio luminoso avvolta dalle tenebre circostanti. In quell’istante Krampus si arrestò e rise nel vederli. Il bastone tortile, ancora pulsante di aura azzurra, esitò peró nel suo movimento. Non si spense. Ma vacillò. Come se la cenere adesso contaminasse anche lui. Non era la luce a rallentarlo. Era il gesto. Altre gondole cominciarono a muoversi, quasi rispondendo a un richiamo antico, c’erano gondolieri, cittadini comuni, forse anche turisti. Dalle rive, qualcuno accese una candela. Le porte della Basilica di San Marco furono spalancate e di lì scaturirono fuori altre candele. Poi altre. Poi altre ancora. Venezia non si illuminò. Smise di essere buia. Elio si fece coraggio e sbucó da sotto il saio di Luca che esclamó: “E tu da dove sbuchi?” Il felino non si curó della domanda e si acquattó sotto la prua. Le gondole che li avevano emulati si disposero a mezzaluna dietro di loro, spinti da non si sa quale istinto a far da guardiani al duo partito in solitaria. Rudolf e Krampus non erano così vicini, in maniera consapevole, da giorni. Krampus pareva attenderlo senza ansia o patema alcuno. Rudolf accostó la gondola sul versante di Punta della Dogana rivolto verso il Canal Grande. Scese, guardó in direzione di Luca ed Elio e disse: “Grazie, non lo dimenticheró”. Si giró e camminó osservando Krampus che lo scrutava. Un passo alla volta, seminando luce ad ogni passo. I dettagli delle sue vesti si illuminarono e crebbero al pari degli effetti che si manifestavano in Krampus. Luce gialla, calda, come emanazione di Rudolf, azzurra e fredda da Krampus. Il loro riflesso fondendosi nel mezzo originava aloni verdi sulle acque circostanti. Krampus: “Bentrovato sapientone, sei pronto a saggiare la mia forza?” E Rudolf, quasi sfrontato: “Non ho attraversato il canale per saggiare la tua forza” il passo di Rudolf si fa luce “bensì per capire quanta te ne rimane”. Krampus reagì sbuffando presuntuosamente e usando il bastone nel tentativo di colpire Rudolf. Lo mancó. Di nuovo. Lo mancó. Andarono avanti per minuti. Ogni attacco trovava placida reazione con una schivata di Rudolf. La rabbia in quello divenne furia. Krampus era giunto al vertice di Punta della Dogana, parte della foresta capovolta che faceva da fondazione alla città fece capolino dalle viscere dei fondali fino a trapelare dalle acque. Il fascio, l’aura di Krampus e il bastone si fecero rosso rubino: “Io ti annienteró Rudolf”. Fu in quel momento che l’imponderabile accadde. Dai due lati che componevano quel tratto veneziano, incuranti del pericolo, decine di ragazzini e ragazzine fecero capolino, circa una trentina. Cantavano a bocca chiusa, una melodia natalizia. C’era chi aveva una candela, chi una lanterna, chi se stesso o se stessa. Un piccolo fiume umano capeggiato da Nico. Il ragazzino che sembrava custodire una luce interiore fuori dal comune. Nico si frappose tra Krampus e Rudolf proprio mentre il primo stava per sferrare l’attacco decisivo. La vista del bambino peró lo fermó. Nico a quel  punto: “tu sei triste, tu sei arrabbiato e deluso perchè sicuramente nessuno ti ha mai fatto un regalo, se tu avessi provato almeno una volta quella gioia, beh, sappilo, oggi non saresti così”.  Fu così che allungó un biscotto, incartato con cura in una carta rossa, proprio vicino alla punta del bastone rubro che, in risposta, emise una scintilla verso l’alto. Krampus fece un ulteriore passo indietro, quel gesto sfrontatamente gentile lo aveva sconvolto. Le lanterne avevano sostituito le stelle in quel momento. Sembrava una notte di agosto ed il loro riflesso sulle acque creava uno scenario commovente. La mezzaluna di barche era ancora più vicina, le luci amplificate dalle tenebre e dalle acque. Le ceneri non precipitavano più. Ancora un passo indietro, Nico disse: “accetta il mio dono, un anno fa lo accettarono e fu bellissimo”. Ora oltre ai bambini anche dalle barche, dalle rive, tutti cantavano la stessa canzone a bocca chiusa. Krampus lanció un urlo agghiacciante. Si giró verso le acque, usó alcuni dei pali di legno affiorati dando la sensazione di camminare sulle acque e poi, proiettando il suo bastone verso il basso, svanì in un vortice d’acqua. Forse per scappare attraverso il suo dedalo sotterraneo. Rudolf guardó verso riva, fece un cenno a chi da lì lo osservava, poi, e se ne accorse per primo, la cima del campanile di San Giorgio emanava luce, pulsante, silente, osservatrice. Nel frattempo Patty tolse il cappuccio a Santa e gli sussurró piano: “Oh Santa, hai parlato tantissimo nel sonno, credevi di essere fuggito, di aver vogato via da qui con un certo Luca, ti ho visto sognare la libertá”. Carezzandogli la mano: “Torneranno. Lo so. Ma quest’anno ogni volta che si sono avvicinati, tu non c’eri mai”. Santa, consapevole che Rudolf lo avrebbe sostituito quella notte come accaduto in rare occasioni lacrimó. Era sospeso, non sapeva dove e non ne capiva il motivo. Ma era vivo. Rudolf intanto, consapevole di doversi sostituire a Santa guardò il cielo e disse, con il volto segnato da lacrime ed emozioni una frase che solo lui aveva potuto leggere dal libro dei frammenti di tenebra: “La luce genera l’ombra, ma solo la luce vera puó riassorbirla.. finchè il mondo non sarà pronto a meritarla di nuovo”.

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