“Chi ha rapito Santa Claus?” 15 Dicembre – Lo specchio infranto

"Chi ha rapito Santa Claus?" - cover by Trarealtaesogno

15 Dicembre – Lo specchio infranto

la magoga, un grande gabbiano con un frammento della tunica di Santa dell'anno precedente

15 Dicembre – Lo specchio infranto

Luca fece tornare tutti sui loro passi fino alla porta della casa di Alfredo e bussò. “Rieccoci,” disse, e Alfredo, affacciandosi, rispose: “Vi vedo. Se stai per chiedermi dove andare a mangiare coi tuoi amici, ti consiglio la trattoria vicino a Piazza delle Erbe.” Il frate sorrise di quella sua calma decisa. “Non andiamo a mangiare, Alfredo. Ci accompagni da un’altra parte.”  Prima che potesse protestare, Luca lo prese per il braccio e, senza lasciare spazio a obiezioni, lo guidò fuori. Alfredo, divertito e incuriosito, si lasciò trascinare, chiudendo la porta dietro di sé. Giunti al locale, il vecchio padrino si assicurò che fossero accolti con ogni attenzione, e il frate, con un sorriso malizioso, chiese: “Hai ancora le chiavi della casa del parroco?”  “Sì,” rispose Alfredo, intuendo la domanda. “Ora è vuota, e con una piccola offerta per la parrocchia, vi posso far passare la notte lì.” Rudolf, tirando fuori il sacchetto un sacchetto di juta pieno di monete, fece una smorfia: erano almeno cento euro. Alfredo rise di gusto: “Per caso sei uno di quelli che si appropriano delle offerte? Non ti avevo immaginato come un malandrino.”  Artemisia ringraziò, mentre Krampus continuava a guardarsi intorno con un misto di stupore e incredulità inarcando il sopracciglio destro. Elio, con calma felina, rosicchiava una lisca di pesce caduta con apparente casualità dal piatto di Artemisia. Finita la cena, Alfredo li condusse verso la casa del parroco. La strada era silenziosa, illuminata dai lampioni che riflettevano sulle acque tranquille dei canali, e il frate camminava davanti, passo sicuro, come se tutto ciò fosse parte di un rituale segreto. Alfredo si dimostrò un ottimo anfitrione e, data l’abituale solitudine decise di passare la notte con loro. La casa del parroco si animò di voci e passi leggeri mentre ciascuno trovava il proprio spazio. Artemisia si accovacciò vicino al grande camino, sistemando con cura alcuni oggetti sullo scaffale mentre il bagliore delle fiamme del camino danzava sul suo viso concentrato. Luca prese una sedia e si sedette accanto alla finestra, osservando al di fuori. Rudolf preferì la stanza più piccola, sedendosi sul pavimento con le gambe incrociate, estraendo dal sacchetto i Luminæon e gli Umbræon raccolti fino ad allora. Elio, fedele e curioso, saltellava tra il corridoio e la cucina, annusando ogni angolo e accoccolandosi infine su un morbido cuscino vicino alla porta della stanza dove si era sistemata Artemisia. Krampus infine, fedele alla sua abitudine, rimase in piedi nell’ingresso, il volto semicoperto dall’ombra, le braccia incrociate, dormendo con quella rigidità burbera che lo contraddistingueva, come se persino il sonno fosse qualcosa da vivere come un atto di sfida. La mattina seguente Rudolf fu svegliato da un verso fortissimo appena fuori dalla finestra: “kiaaak…kree-ar” si avvicinò e vide un gabbiano reale spiccare il volo. Affacciandosi non vide nulla di strano e pensò ad una casualità. Andò in bagno, così da sciacquarsi il viso quand’ecco di nuovo quel verso potentissimo, si affacciò ancora una volta ma di nuovo vide il gabbiano spiccare il volo. Rudolf si girò verso lo specchio, e come spesso accadeva, vi trovò il volto cupo che lo spiava. Stavolta però il senso di familiarità non calmò l’ansia: “Chi sei? Cosa vuoi? Non mi fai paura,” mormorò, cercando di mantenere fermezza. L’ombra evaporò, lasciando una crepa lunga dallo alto verso il basso, e per un attimo tutto sembrò normale. Ma la metà destra dello specchio non rifletteva il bagno: mostrava una stanza scura, illuminata solo dal bagliore di un focolare, con una topolina bianca che correva tra gli oggetti, poi si arrampicò su Santa, tirò fortissimo dal lato della nuca il cappuccio che copriva la sua testa e glielo sfilò. Era al centro di quello spazio angusto e dalla finestra si intravedevano dei rovi. Era legato con polsi e caviglie ad una sedia, Rudolf riconobbe i lineamenti di Santa, l’aria un po’ sciupata ma era vivo! Poi, quasi in un miracoloso segno di complicità, Santa si girò e fece tre volte l’occhiolino in direzione dello specchio che si illuminò brevemente, come se stesse comunicando il codice del pericolo direttamente al suo fedele amico, come se avesse saputo di Rudolf. Poi si girò verso la topolina bianca, come se nulla di ciò che aveva preceduto quell’istante fosse accaduto. Rudolf trattenne il respiro, consapevole di essere testimone di qualcosa di straordinario, sospeso tra realtà e riflesso. Quando Krampus bussò alla porta del bagno l’immagine scomparve, come se il silenzio spezzato fosse la via di fuga di un segreto. Rudolf scappò fuori, facendo accomodare Krampus, corse a raccontare ad Artemisia e Luca quanto aveva visto e dei tre occhiolini, esplicando il loro significato: “Santa è vivo e dalla finestra si intravedono dei rovi!” concluse. Alfredo, sentendo del trambusto uscì dalla sua stanza, aveva scelto quella del parroco, chiedendo lumi sugli accadimenti che avevano portato alla rottura di qualcosa, avendone sentito il rumore. Rudolf spiegò fosse stato un incidente casuale, ma si offrì di ripagare il danno, cosa che non fu necessaria, in quanto Alfredo avrebbe cambiato ugualmente quello spechio nei mesi a venire. Nel frattempo Santa continuava il suo dialogo con Patty, non aveva ancora capito chi lo avesse ridotto così, ma ora sapeva che era una entità che sapeva giocare con la magia e gli specchi in maniera oscura, ma non del tutto furba o intelligente. Patty lo guardò e Santa disse: “Dimmi piccolina” e lei, tremante sulle zampe posteriori, si fece avanti e lo guardò con occhi grandi e lucidi: “Non ho avuto il coraggio di dirtelo prima, ma ieri sera… ho visto Artemisia nello specchio, prima che si rompesse. L’ho riconosciuta. Si tratta della leggendaria guaritrice di animali.” Santa fece cenno di sì col capo ed il cuore che gli balzava in petto, si chinò ancora, guardando con dolcezza quella creaturina: “Allora… insieme possiamo aiutare chi ha bisogno?” Patty emise un piccolo squittio di gioia. “Sì! E stavolta, nessun segreto. Finalmente possiamo lavorare fianco a fianco, io mi fido di te”. Nel frattempo Rudolf e gli altri si erano già preparati, ringraziarono con profonda riconoscenza Alfredo e, si abbracciarono tutti insieme, tranne Krampus che aveva già salutato e si era avvicinato alla barca. Partirono col motore che suonava al solito ritmo e, dopo circa quaranta minuti giunsero nel canale che circumnaviga un’ampia parte dell’ingresso del Golf Club e attraccarono. Passarono dal tunnel al cui principio campeggiava la scritta: “Golf Club Venezia”. Nemmeno il tempo di fare il primo passo al circolo che si sentì una voce: “Hey, voi!” era il custode del Golf Club. Un uomo dalla solida presenza, con capelli brizzolati e barba rada bianca. I suoi occhi vivaci e verdi scrutano ogni dettaglio, mentre indossa gilet verde scuro, camicia beige e pantaloni robusti, con un mazzo di chiavi al collo e un fischietto sempre pronto. Parlò di nuovo: “Siete Luca, Rudolf, Krampus, Artemisia ed il piccolo Elio, giusto? – annuirono – mi ha chiamato Alfredo, mi ha detto che avevate necessità di visitare il golf, beh, buon divertimento” fece per allontanarsi ma tornò sui suoi passi e aggiunse “Tenete queste, Alfredo vi offre il noleggio di due golf cart, così potete gestire al meglio gli spostamenti”. Alla notizia di questo regalo andarono tutti in visibilio, le chiavi toccarono a Rudolf e a Krampus. Artemisia ed Elio andarono col primo, Luca, per la sua gioia, col secondo. Rudolf disse: “Bene, noi facciamo il giro delle buche da 1 a 9, voi quelle dal 10 al 18, ci ritroviamo a mezzogiorno alla 18, ok?” Luca annuì e i due golf cart si divisero. La natura era florida e rigogliosa, Krampus teneva un broncio molto marcato, Luca sorrideva, così anche i membri dell’altro cart. Girarono quasi fino ad ora di pranzo, coi cart con la batteria ai minimi termini, ma nessuna traccia di sfere. Si ritrovarono all’ultima buca, confrontandosi nessuna delle due squadre aveva trovato alcunchè o indizi. Sedettero al sole di dicembre a pensare fino a quando un verso squarciò il silenzio: “kiaaak…kree-ar kiaaak…kree-ar” Rudolf alzò gli occhi e lo vide, era un Gabbiano Reale. Il pennuto si fece insistente, versi su versi, così Rudolf, Artemisia e Luca lo seguirono tra i vialetti erbosi fino a un angolo più isolato del campo, dove un vecchio magazzino, una catapecchia di ferro arrugginito e legno consunto, c’erano attrezzi abbandonati e palline da golf rotte. Il gabbiano, che li aveva accompagnati sorvolando i campi, si librò improvvisamente sopra il tetto e iniziò a emettere versi acuti, battendo le ali verso una piccola finestra semiaperta. Rudolf indicò la direzione: “Lì! Guardate!” Dentro il magazzino, tra ombre e fasce di luce filtrante dal lucernario, Artemisia percepì un rumore tra mazze arrugginite e sacchi di palline. “È lì,” sussurrò indicando la direzione che l’udito le aveva suggerito. Luca si avvicinò con cautela, e raccolse il piccolo folletto con l’Umbræon ed il Luminæon nascosti nelle tasche. Rudolf: “Grintolo, volevi forse fregarci?” e lui, per nulla dispiaciuto: “ambisco ad ogni cosa, se poi detiene del potere, ancor di più” e così com’era apparso, sparì abbandonando la refurtiva dopo essere stato colto il flagrante. Rudolf non dovette fare altro che mettere nella sacca le due sfere che, prima di entrarvi, accidentalmente sfiorarono la mano di Krampus: “Cosa fai?!” proferì innervosito e in risposta Rudolf: “Nulla, e tu?” Dopo un momento di gelo risero dell’incomprensione e uscirono, vicini come mai prima di allora, dal magazzino. Il gabbiano reale volteggiò ancora una volta per poi scendere, emettendo un ultimo verso, stavolta di dolore, Artemisia gli si fece vicina, lui incredibilmente si lasciò toccare, lei parlò, anzi sussurrò, capì che era un problema ad una zampa. Tracciò dei segni nell’aria e, d’improvviso, quella guarì e facendola sorridere soddisfatta. Il gabbiano, felice e sicuro, si scrollò con vigore, scuotendo le ali e il corpo come farebbe un cane appena uscito dall’acqua e volò via, dalle piume cadde un piccolo pezzo di tessuto rosso, logoro e sbiadito, che planò lentamente fino al pavimento. Rudolf lo prese tra le mani come una reliquia pregustandone il senso. Lo osservò, gli scese una lacrima lungo la gota sinistra e disse: “Questo frammento apparteneva a Santa, forse questo gabbiano era la magoga con cui diceva di aver litigato un anno fa…”.





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