“Chi ha rapito Santa Claus?” 7 Dicembre – L’intuizione di Elio 

"Chi ha rapito Santa Claus?" - cover by Trarealtaesogno

7 Dicembre – L’intuizione di Elio

Artemisia ed Elio in un affascinante scenario veneziano

Quella mattina Artemisia e gli altri pensarono recuperare le energie. Ognuno riposando nella maniera che più riteneva adeguata. Krampus infatti, per citarne uno continuava a dormire in piedi nel suo ormai classico angolo di Muro. L’unico che non se la passava bene, non avendo chiuso occhio, era Rudolf, la cui mente aveva cominciato a viaggiare, ragionare e ipotizzare senza sosta su quali fossero i significati di quelle sfere oscure e di chi potesse essere l’artefice di un rapimento così sensazionale e contemporaneamente all’apparenza così semplice. Artemisia si rivolse verso Rudolf e gli disse: “Guarda che anche tu devi riposare, fermarti, ritemprarti. Mi sono svegliata più volte durante la notte ho percepito chiaramente il tuo respiro a tratti ricco di ansia e a tratti più lento e riflessivo e lo so che avevi gli occhi aperti. Tra i presenti sei quello che conosce di più Santa, dunque sei anche il più importante di noi, perché per quanto in questo momento la ricerca non dipenda da lui, conoscendolo così profondamente come solo tu lo conosci sarà più facile raggiungere quell’intuizione che ci potrà fornire indizi decisivi o magari addirittura permetterci di trarlo in salvo”. Lui, visibilmente emozionato, rispose: “Grazie per le tue parole. Convivo con un senso di colpa smisurato. Quella notte in cui l’hanno rapito ero qui a Venezia, l’ho perso di vista per un attimo perché entrambi eravamo troppo felici in nostro essere riusciti a compiere la missione di salvare il Natale e di esserci riuniti, grazie al mio arrivo sorpresa nel momento più propizio. Al contempo mi interrogo e mi sorge il dubbio che possa esserci una mia responsabilità più profonda e non palese in quanto accaduto”. Lei sorrise, proprio come chi aveva già immaginato di ricevere quel tipo di risposta e disse: “Stai cadendo nell’errore più comune tra tutti, quello di cercare le colpe dove non ci sono. Nessuno poteva sapere che qualcuno stava lì, nell’ombra, ad orchestrare un rapimento. E anche lo avessi saputo, non avresti potuto prevedere quando sarebbe stato messo in atto. Ci sono molti quesiti di cui non conosciamo le risposte”. E lui:  “Hai ragione, ma è la mia indole interrogarmi mille volte su ogni passo compiuto. Esiste però un modo per stemperare il mio senso di colpa e tu puoi essermi d’aiuto, dobbiamo agire, ti va di cominciare ad analizzare il quarto capitolo insieme?” Mentre Elio gli si andò ad accovacciare sulle gambe, strappandogli un sorriso intenerito, Artemisia disse: “Perfetto ma lascia che prenda dei biscotti dalla dispensa così che tu, io, ma anche Krampus al suo risveglio, avremo modo di ricaricare le nostre energie”. Rudolf posò il tomo sul tavolo, lo aprì al capitolo quattro e, nel mentre, Elio scese a terra, forse scocciato da tutto quel movimento. Artemisia si mise a sedere posando sul tavolo un bellissimo vaso di vetro rosa semitrasparente ricolmo di biscotti e chiuso da un coperchio di colore uguale, sovrastato da un pomello rosso ciliegia. “Grazie” disse Rudolf. E lei: “Allora Rudolf, sei già riuscito a carpire qualche segreto da queste pagine?” rispose: “Una cosa è certa, la parola profumo l’ho già letta sei volte in poche righe, ma devo leggere meglio per coglierne il senso”. Nel frattempo tra i due volti, quello di lei in ascolto e quello di lui intento a leggere comparve una mano ombrosa. Questa si allungava furtiva verso il tavolo, anche loro la notarono, non ne capivano il senso. Afferrò il pomello, alzò il coperchio, infilò la mano nel vaso e, con voce piena disse: “Non favorite un biscotto malandrini?” era Krampus, che a quel punto sapendo d’essersi fatto percepire più minaccioso di quanto fosse si lasciò andare ad una grassa risata. Rudolf chiuse il libro di scatto ed esordì così: “Ci sono!” Krampus e Artemisia si voltarono verso di lui, Elio ritornó sul tavolo. “Il tempio delle essenze silenti; ecco la traduzione di oggi!”. La traduzione c’era, ma l’entusiasmo si smorzó subito in quanto nessuno aveva capito di che luogo o edficio si potesse trattare, i loro volti dapprima ebbri e felici s’incupirono per la difficoltà del quesito. Elio reagì diversamente, si sollevò dal tappeto e cominciò a muoversi con quella sua andatura morbida come un’ombra che prende forma. Si fermò davanti al vaso dei biscotti, poi alzò lo sguardo verso il vetro della finestra e scese. Le sue pupille, dilatate, seguivano qualcosa che nessun altro vedeva. Fece un passo, poi un altro, fino a posarsi accanto alla parete dove l’umidità aveva disegnato un alone azzurrognolo. Lì si accovacciò, annusando l’aria come se vi fosse nascosto qualcosa di dimenticato. Artemisia lo osservò in silenzio. L’odore della casa — di cera, legno, spezie e tè — le parve mutare impercettibilmente, lasciando affiorare una nota di stoffa bagnata, di erbe macerate, di colore e tinture antiche. Elio sollevò il muso e miagolò piano, come a voler dire “seguite il silenzio tracciato dalle essenze”. Rudolf sentiva il senso di colpa aumentare. Una lama di luce attraversò la stanza, colpendo una bottiglia vuota sul tavolo: per un attimo il vetro si tinse di viola e d’oro, come se dentro avesse preso vita una scia invisibile. L’odore cambiò ancora — più aspro, più antico — e Artemisia comprese che Elio non stava giocando. Aveva appena indicato la strada e disse: “Dirigiamoci alla Corte del Tintor!” Non era infatti un sentore vivo, ma un’eco di tradizioni perdute e la mente corse, improvvisa, dove il tempo aveva imprigionato il respiro delle antiche tinture. Partirono così verso Cannaregio e, prima di raggiungere l’attraversamento in gondola del Canal Grande a Santa Sofia, necessario per arrivare rapidamente a destinazione, passarono per il ponte San Canciano, Artemisia allungó la mano destra e sfioró le due ancorette facendole tintinnare, gli altri fecero lo stesso e Rudolf: “Perchè lo stiamo facendo?” Artemisia: “perchè se le puoi sentire sei ancora vivo”. Rudolf si fece bastare quella risposta, sicuro c’era di più, ma preferì annotarsele come portafortuna. Dopo altri cinque minuti arrivarono alle gondole di Santa Sofia e Artemisia: “ok, attraversiamo qui”. Krampus: “io non salgo su quel trabicolo! Proseguo a piedi”. Così per la prima volta da quando si era costituito il gruppo si divise. La traversata in gondola fu una vera rivelazione per Rudolf, impreziosita per di più dalla vista del palazzo Della Ca’ d’oro quando si votò quasi per caso verso il punto di partenza. Le acque cullavano quella gondola alla stessa maniera in cui Artemisia teneva tra le braccia un placido Elio. Guardandola Rudolf disse: “Sono convinto che una volta che avremo raccolto tutti, o almeno una buona parte degli Umbræon saremo in grado di capire dove si trova o come liberare Santa”. Lei rispose: “ sento che nelle tue parole risiede la più profonda delle verità”. La gondola scivolava silenziosa, e per un momento Venezia sembrò trattenere il respiro con loro. Artemisia osservò l’acqua incresparsi attorno alla prua, poi guardò Rudolf, che aveva lo sguardo perso sui palazzi riflessi sulla superficie del Canal Grande. Fu allora che lui abbassò la voce, quasi al livello dell’acqua sottostante, come se persino le increspature delle onde potessero ascoltare. “C’è un dettaglio che non ho detto a nessuno,” mormorò. “Santa… quando sa di essere in pericolo, lascia una traccia invisibile ai più, faccendo tre piccoli tocchi con il guanto, con la punta delle dita o con la punta del suo stivaletto. Un segnale impercettibile, il nostro codice per manifestare una forma di pericolo che lo riguarda. Io sono l’unico a conoscerlo, ora anche se non lo puoi vedere, lo sai anche tu perchè ti reputo degna di questa fiducia.” Artemisia lo ascoltò senza interromperlo e visibilmente emozionata, nel mentre Elio aprì un occhio, come se avesse potuto percepire il peso di quelle parole. Rudolf continuò: “Nel punto in cui è sparito non c’era nessun segno. Nessun tocco.” Lei rimase immobile, la gondola oscillò più forte e disse: “Questo cambia tutto,” disse sottovoce. “O non ha avuto il tempo… o conosceva già chi aveva davanti.” Rudolf annuì, serrando le mani. “È per questo che dobbiamo arrivare al più presto. Prima lo capiamo, prima lo salviamo.” Il gondoliere li aiutò a scendere dalla gondola verso il classico attracco in legno che digrada verso l’acqua, ebbe un occhio di riguardo per Artemisia, probabilmente la conosceva e, sapendo della sua condizione, ebbe estrema premura nell’assistere il suo passo in maniera che la discesa risultasse quanto mai sicura. Lo ringraziarono e, Rudolf capì che erano tornati al mercato ittico, vicino al luogo in cui solamente il giorno prima lo stormo di pappagalli, capitanato da quello Buranello, li aveva assistiti nella ricerca del pozzo di vimini. Si guardarono ripetutamente intorno, ma di Krampus nessuna traccia, passò infine più di mezz’ora ed eccolo apparire, caracollante e sorridente: “Scusate il ritardo, ma tra gruppi di turisti giapponesi e calli pervie non sono riuscito subito a raccapezzarmi. L’importante è esserci ritrovati, proseguiamo dunque!”. Annuirono come a rasserenarlo sulla sua scelta e Artemisia li invitò a proseguire verso Riva de l’Ogio, ma Rudolf fu ammaliato da un piccolo ponticello in legno visibile dal ponte che portava a quella riva che dovevano raggiungere. Il ponte, davvero minuto e cortissimo, portava ad un ristorante “Alle Poste Vecie” e Artemisia, avendo immaginato cosa avesse attirato Rudolf, gli disse: “Quel locale è nato intorno al 1500, profuma di mare e storia”. Rudolf spalancò la sua bocca stupefatto dalla precisione della ragazza, ma preferì non evidenziarlo, consapevole che ella percepiva ben oltre il comprensibile. Dopo un dedalo di calli giunsero alla soglia di Corte del Tintor, entrarono in un piccolo portico, un tunnel da percorrere in fila indiana. Una volta dentro la corte si misero ciascuno schiena contro schiena per guardarsi intorno. Gli occhi di tutti, anche quelli interiori di Artemisia, si lanciarono alla ricerca di un segno, una traccia, un indizio. Nulla, dopo alcune decine di minuti, di nuovo, rinunciarono e decisero incamminarsi fuori dalla corte ed esplorare la Calle del Tentor, sperando che questa deviazione fosse foriera di notizie migliori. Rudolf: “Eppure la frase tradotta è corretta, dobbiamo capire cosa sia il tempio delle essenze silenti… ma, scusate, conosco tanti nomi di santi, ma, chi è San Stae?”. Artemisia: “Rudolf, si vede che non sei di qui! San Stae è il nome in dialetto di Sant’Eustachio cui è intitolata la chiesa qui vicino, se volete vi ci porto. Krampus: “io in chiesa non ci entro, penso lo possiate capire” a seguire Rudolf: “Io son curioso” ed Elio: “miaooo!”. Trovata l’intesa dunque svoltarono nella Salizada San Stae e.. Rudolf rimase di nuovo a bocca aperta: “A a a Artemisia – balbettando – ma non ti ricordavi che qui c’è il museo del profumo?” e lei: “Che la marea ribolla in cielo! Come ho fatto a non pensarci! Entriamo subito, il tempio del profumo potrebbe essere una formulazione libera per indicare questo luogo”. Krampus si fece largo, Artemisia al seguito, Rudolf, tenendo la porta, fece accomodare Elio. Ognuno felice e speranzoso a suo modo.

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