I Segreti di Venezia: L’acqua della serenissima, i Veneziani e l’acqua potabile

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. In questa tappa esploriamo un dilemma quasi amletico: come riuscivano a bere acqua potabile in una città circondata da acque salmastre? L’acqua, elemento imprescindibile per la vita, assume a Venezia un significato speciale: non solo per la sua apparente abbondanza, ma per le sfide uniche che questo elemento comporta in una città costruita proprio sulle acque. L’obiettivo non è offrire risposte scientifiche, ma raccontare con passione quei piccoli dettagli che, nascosti tra le pieghe di una città unica, si sono persi tra tempi e memorie remote e che ancora oggi ci parlano della sapienza e della quotidianità di chi ha vissuto la Serenissima..

Come i veneziani hanno reso potabile l’acqua in una città costruita sull’acqua salata:

È risaputo, Venezia è una sorta di palafitta, una vera e propria foresta capovolta. Viene abbracciata dalle acque salmastre lagunari a tutto tondo e, ovviamente, queste acque sono inadatte per loro natura intrinseca al consumo umano. Il problema dell’acqua potabile risultò cruciale in termini di sopravvivenza cittadina e, l’indipendenza sotto questo profilo si fece decisiva anche nei periodi più bui.

Una vera da pozzo veneziana vicino alla Scuola Grande di San Marco - monumento bartolomeo colleoni
Un esempio emblematico è la vera da pozzo situata accanto alla Scuola Grande di San Marco e al monumento equestre del Colleoni: un’immagine che racconta silenziosamente secoli di ingegno idrico veneziano.

Prima delle moderne infrastrutture idriche, i veneziani si affidavano a diverse soluzioni per procurarsi acqua potabile. È plausibile che l’acqua dolce fosse trasportata dalla terraferma tramite imbarcazioni come le “burchi”, anche se le modalità potevano variare nel tempo. Inoltre, la raccolta e conservazione dell’acqua piovana in cisterne domestiche era una risorsa fondamentale. Questi metodi mostrano l’ingegnosità necessaria per vivere in una città costruita sull’acqua.

La soluzione geniale adottata dai veneziani:

A Venezia, i pozzi e i bacini d’acqua dolce erano riforniti non solo dalle falde sotterranee, ma anche dall’acqua piovana convogliata tramite una rete di tombini e canali comunicanti verso cisterne pubbliche e private. Questo sistema intelligente integrava le risorse dove l’acqua dolce scarseggiava, creando riserve preziose per la città. Per migliorarne la qualità, venivano usati filtri naturali di pietre e sabbia.

Sotto la vera, la superficie dei campi, si trovavano cisterne rivestite d’argilla dove l’acqua raccolta dalle pilelle veniva conservata e filtrata in modo naturale. Sebbene la qualità fosse modesta, questi pozzi pubblici erano fondamentali e gestiti dalla corporazione degli Acquaroli. Data l’importanza vitale dell’acqua, la Serenissima affidava la sua gestione a quattro Magistrature, veri e propri ministeri dedicati a questa risorsa.

E chi erano gli Acquaroli? I custodi dell’acqua nella Venezia antica

Vi ricordate i Signori della Notte? Questi misteriosi guardiani pattugliavano Venezia durante le ore più oscure, mantenendo l’ordine e proteggendo la città da furti e pericoli. Il loro ruolo era di sorvegliare in generale la sicurezza pubblica, ma di certo tra i loro compiti rientrava anche la protezione delle infrastrutture vitali, come pozzi e cisterne, per evitare manomissioni o saccheggi. E gli Acquaroli? Questa corporazione altamente specializzata si occupava esclusivamente della gestione dell’acqua potabile: dalla manutenzione delle cisterne e pozzi, al rifornimento e al controllo della qualità dell’acqua stessa e della sua protezione contro sprechi o abusi (artigiani avidi di acqua per la loro attività). Mentre gli Acquaroli si occupavano direttamente delle risorse idriche, i Signori della Notte svolgevano una funzione di sorveglianza esterna e più ampia, proteggendo la città in senso lato, compresi anche i beni gestiti dagli Acquaroli. Questa distinzione evidenzia come la Serenissima avesse creato un sistema integrato di gestione e protezione dell’acqua, fatto di figure diverse ma complementari, consapevoli dell’importanza cruciale di questo bene prezioso.

L’acqua potabile oggi: cosa è cambiato e quando?

Se un tempo la sopravvivenza dei veneziani dipendeva da cisterne e pozzi piovani, e l’acqua dolce arrivava con i burchi dal Brenta, la vera svolta avvenne solo nel 1884, con l’inaugurazione del primo acquedotto moderno. Le condotte, posate sul fondo della laguna, portarono finalmente l’acqua potabile da Sant’Ambrogio di Trebaseleghe fino al cuore della città, accolta in festa da una fontana illuminata in Piazza San Marco. Oggi Venezia è collegata alla rete idrica della terraferma, con impianti avanzati di depurazione e distribuzione che garantiscono qualità e continuità. Ma il rispetto per l’acqua, bene prezioso e vulnerabile, resta centrale: le acque alte e la pressione ambientale lo ricordano ogni giorno. E proprio nel 2024 sono iniziati i lavori per due nuove condotte, a rafforzare ancora una volta quel ponte vitale tra passato e futuro.

Oggi, come allora, la sfida non è solo tecnica, ma culturale: comprendere quanto l’acqua, anche quando invisibile sotto i nostri piedi o nascosta dietro rubinetti automatici, resti l’anima liquida di una città che ha fatto dell’ingegno la sua prima difesa.

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In conclusione:

Oggi camminiamo tra campi e calli senza pensare a ciò che scorre sotto i nostri piedi.
Ma ogni pozzo ed ogni pietra raccontano una sfida vinta contro la natura.
L’acqua, invisibile e vitale, ha plasmato non solo la città, ma anche il carattere dei suoi abitanti, che inizialmente l’hanno scelta come rifugio dalle invasioni barbariche, lasciandosi cingere interamente. Nel silenzio delle cisterne, si custodiva la sopravvivenza della Serenissima. E mentre i turisti sorseggiano caffè, pochi sanno di poter bere da un’eredità d’ingegno secolare. Il rispetto per l’acqua, allora come oggi, è la chiave per comprendere Venezia. Perché in questa città, nulla è davvero scontato. Nemmeno un semplice bicchiere d’acqua.
Ed il rispetto, ci fa ambire d’essere dei turisti responsabili.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: Le Scuole Grandi e il Viaggio dei Cavalli di San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le intriganti vicende della città lagunare. In questo episodio, vi porterò a scoprire due aspetti apparentemente distinti della storia veneziana e dello spirito che anima la venezianità. Come fili di un antico intreccio, questi elementi hanno percorso strade diverse, fino ad intersecarsi in un nodo doloroso e al contempo indelebile.
Da quell’incontro è nato qualcosa di profondo, che ancora oggi lascia tracce nel nostro presente e che, senza dubbio, merita un posto centrale nel racconto di questo progetto.

Le Scuole Grandi: custodi di Carità, Storia, Professioni e Mecenatismo

A Venezia, le Scuole erano istituzioni fondamentali per la vita sociale, culturale e religiosa della città. Si suddividevano in tre categorie principali:

  • Scuole religiose, come quelle dei Battuti, incentrate sulla devozione, la penitenza e la carità.
  • Scuole di stranieri, che accoglievano comunità provenienti da diverse aree geografiche (come Albanesi, Schiavoni, Greci), offrendo sostegno economico, spirituale e lavorativo. Tra queste spicca la Scuola Dalmata, nota per il celebre ciclo pittorico di Vittore Carpaccio.
  • Scuole di mestiere, dedicate agli artigiani, che fungevano da veri e propri albi professionali (lanaioli, salumai, pellicciai).

Nelle immagini qui sopra la Scuola Grande San Giovanni Evangelista

Le Scuole Grandi

Le Scuole Grandi rappresentavano l’élite di queste istituzioni: confraternite laiche, ufficialmente riconosciute dalla Repubblica, che univano beneficenza, cultura e mecenatismo. Frequentate dalle famiglie patrizie e sostenute da donazioni generose, arricchirono Venezia di opere d’arte straordinarie, reliquie e imponenti edifici. Ogni Scuola portava il nome del proprio santo protettore.

Nelle immagini qui sopra da sinistra verso destra vediamo: la Scuola Grande di San Rocco, la Scuola Grande dei Carmini e la Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia.

Alla caduta della Repubblica, il 12 maggio 1797, le Scuole Grandi erano nove:

  • Scuola Grande di Santa Maria della Carità
  • Scuola Grande di San Marco (foto 3)
  • Scuola Grande di San Giovanni Evangelista
  • Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia
    (foto 4 – Ex tempio del basket della Reyer)
  • Scuola Grande di San Rocco (foto 1)
  • Scuola Grande di San Teodoro
  • Scuola Grande di San Fantin (o dei Picai)
  • Scuola Grande del Rosario
  • Scuola Grande dei Carmini (foto 2)

A proposito della Scuola Grande San Giovanni Evangelista:

Come testimoniano le foto qui sotto, oltre a cicli pittorici di assoluto pregio, esistono durante l’anno diverse opportunità per scoprire nuove prospettive di questo luogo unico. Tra queste ad esempio, sperimentato in prima persona, i concerti Candle Light. Esperienze uniche, dove musica ed emozioni si fondono con un contesto davvero unico. Nella foto il Quartetto Dafne durante la loro esibizione sulle note di Coldplay ed Imagine Dragons del 4 maggio 2025.

Spoliazioni e Rinascita: il Viaggio dei Cavalli di San Marco

La caduta della Serenissima, sancita il 12 maggio 1797, segnò per Venezia non solo la fine dell’indipendenza, ma anche l’inizio di una spoliazione culturale dolorosa. Con l’occupazione napoleonica, le Scuole vennero soppresse, i beni dispersi, e numerose opere d’arte trafugate o vendute. Tra gli episodi più simbolici spicca la vicenda dei Cavalli di San Marco.

copia dei quattro cavalli
la copia dei quattro cavalli ora esposti all’interno della Basilica

Nel 1797, su ordine di Napoleone, i quattro cavalli bronzei che dominavano la loggia della Basilica vennero trasportati a Parigi come trofei di guerra. Ispirarono persino la quadriga dell’Arco di Trionfo del Carrousel. Dopo la sconfitta di Napoleone, i cavalli vennero restituiti nel 1815. La loro rimozione da Parigi avvenne sotto gli occhi increduli dei parigini, supervisionata dal capitano Dumaresq, che ricevette per l’impresa una tabacchiera d’oro ornata di diamanti dall’Imperatore d’Austria. Rientrati a Venezia, i cavalli tornarono sulla loggia di San Marco, dove rimasero fino al 1977. Per proteggerli dagli agenti atmosferici, oggi sono custoditi all’interno del Museo della Basilica, mentre all’esterno sono visibili delle copie fedelissime.

panoramica della basilica con vista sui quattro cavalli
Panoramica della Piazza, della Basilica e dei quattro cavalli

La Sopravvivenza delle Scuole

Non tutte le Scuole furono cancellate. La Scuola Dalmata degli Schiavoni, fondata dagli emigrati dalmati, sopravvisse, custodendo ancora oggi capolavori come il ciclo di Carpaccio.

Altre Scuole Grandi riuscirono a rinascere come musei, spazi culturali e centri spirituali:

  • Scuola Grande di San Rocco
  • Scuola Grande dei Carmini
  • Scuola Grande di San Giovanni Evangelista
  • Scuola Grande di San Teodoro
  • Scuola Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone (mai soppressa)
il salone interno della Scuola Grande di San Marco
il salone interno della Scuola Grande di San Marco

Anche la Scuola Grande di San Marco, storicamente legata a Bartolomeo Colleoni, ha ritrovato nuova vita: oggi è integrata nella facciata dell’Ospedale Civile di Venezia ed è stata riaperta nel 2019 come spazio museale, proseguendo la memoria di un’epoca che sembrava perduta.

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In conclusione:

La caduta della Serenissima segnò una delle più dolorose ferite nella storia di Venezia: tra spoliazioni artistiche e soppressioni religiose, la città sembrava destinata a perdere la propria anima. Eppure, tra rovine e saccheggi, alcune istituzioni come le Scuole Grandi riuscirono a rinascere,capolavori come i Cavalli di San Marco furono protagonisti di un incredibile viaggio di andata e ritorno, ergendosi a simbolo eterno della resilienza veneziana.
Venezia è la somma delle sue infinite vite: nata su paludi insidiose, forgiata nell’acqua e nella fragilità, sorretta da una foresta capovolta, assediata da invasori, carestie, pestilenze, guerre e innumerevoli sventure, è giunta meravigliosamente fino a noi. Ogni angolo custodisce un frammento di storia, e ogni passo ci avvicina a un passato che ancora pulsa nelle calli e nei palazzi. Tra ombre, fragori e onde, si intrecciano storie di artigianato, tradizione e passione, che rendono questa città senza tempo. Camminando, si vive un’esperienza sensoriale unica, dove ogni dettaglio svela la bellezza di un luogo che non smette mai di incantare. Venezia non è solo da vedere, ma da sentire, da vivere, da respirare. Ogni passo in avanti ci riconduce ad un momento del passato, mentre, inconsapevolmente, diventiamo parte del suo futuro.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: Hotel San Fantin, il memoriale delle palle di cannone e dell’eroica resistenza veneziana – Sestiere di San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti vicende ed unicità della città lagunare. Oggi torniamo a raccontare, attraverso uno scorcio davvero unico, una vicenda storica controversa datata 6 Agosto 1849.

La pioggia di palle di cannone:

Come raccontato in un altro articolo della serie, quello de “La Palla di Cannone sulla facciata della Chiesa di San Nicola da Tolentino – Sestiere di Santa Croce”, la città di Venezia, il 6 agosto 1849, fu vittima di un vero e proprio “temporale” di palle di cannone che si accanirono su buona parte degli edifici cittadini. Il tutto con danni incalcolabili tra persone e cose.

la facciata dell'hotel San Fantin e le sue palle di cannone
la facciata dell’hotel San Fantin e le sue palle di cannone

Tutto questo perché i Veneziani si ribellarono, guidati dal Manin, al dominio austriaco e si resero Repubblica indipendente. La reazione fu veemente e vigliacca, una vera e propria pioggia di palle di cannone assediò la città. Se ne trovano molte disseminate in giro per Venezia, tutte datate, spesso sulle facciate delle chiese.

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Quando venne eretto questo memoriale?

L’edificio, una piccola loggia, venne eretto nel 1869 e, come potete vedere, si compone di più di 80 palle di cannone e di 3 bombarde. Inoltre, campeggia il motto: “RICORDI DELLA EROICA RESISTENZA DI VENEZIA 1849” insieme a una statua del Leone Marciano e a un’effigie del Manin.

Sulla destra, incastonato attorno a 6 palle di cannone il seguente motto di cui vi riporto uno stralcio: “L’ASSEMBLEA DEI RAPPRESENTANTI DELLO STATO DI VENEZIA IN NOME DI DIO E DEL POPOLO UNANIMEMENTE DECRETA VENEZIA RESISTERA’ ALL’AUSTRIACO AD OGNI COSTO…”

Parole forte, veementi, che mostrano ancora oggi quando ardito fosse il coraggio che spinse questi uomini alla difesa di una città che, da sempre in una sorta di sfida sempiterna, dovette lottare contro le insidie della natura e degli invasori.

Dove vederlo e come raggiungerlo?

Per raggiungere l’Hotel San Fantin da Piazza San Marco a piedi, esci dalla piazza e prendi la Salizada San Moisè, la strada che si trova di fronte alla Basilica di San Marco, a destra. Prosegui dritto per circa 200 metri, fino a raggiungere il Campo San Moisè. Continua lungo la Calle San Fantin, che si trova subito a destra, e dopo pochi passi troverai l’Hotel San Fantin sulla tua destra. Il percorso è molto breve e semplice, circa 5 minuti a piedi.

palle di cannone hotel san fantin - dettaglio

Non distante potrete anche ammirare il “Pontile segreto dei Pittori”, non perdete l’occasione.

Il video tratto da questo articolo

In conclusione:

Questi eventi drammatici segnano una parte fondamentale della storia di Venezia, ricordando il coraggio della sua popolazione e la violenza della reazione austriaca. Le palle di cannone rimaste sparpagliate per la città sono testimoni silenziosi di una lotta per l’indipendenza che ha lasciato un segno indelebile. Oggi, quegli stessi luoghi ci raccontano storie di resistenza e sofferenza, custodendo il ricordo di un’epoca tumultuosa. Venezia, come sempre, resiste al passare del tempo.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: Il Balcone del Doge a Palazzo Ducale – San Marco

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti vicende e unicità della città lagunare. Quante volte avete visto Palazzo Ducale? In foto, dal vivo, in tv. Poco importa, c’è un dettaglio che, scommetto, vi è sfuggito — e sfugge persino ai Veneziani Doc! Continuate a leggere se volete scoprirlo.

E Tu, hai visto il dettaglio che sfugge a tutti?

Non sto parlando delle nubi setose, delle persone o delle bancarelle. In questa immagine c’è un dettaglio che, nel mezzo della perfetta geometria simmetrica del palazzo, spicca con discrezione. Si mimetizza tra i colori circostanti, ma ad uno sguardo attento, salta fuori.

una vista di Palazzo Ducale
Palazzo Ducale e le sue colonne

Avete notato quel dettaglio? Se non lo avete fatto, proviamo a spiegarlo meglio: nella parte sinistra dell’immagine ci sono due persone che camminano, una vestita di nero e l’altra in rosso. Concentratevi sulla figura in rosso e alzate lo sguardo oltre la prima riga di colonne. Cosa vedete? Esatto! Sopra di voi si trova la seconda fascia di colonne, composta da un parapetto e due colonne rosa che si distinguono nel panorama bianco del colonnato di Palazzo Ducale.

C’è una leggenda interessante riguardo a queste colonne: si narra che il Doge si posizionasse proprio qui durante le cerimonie, da dove venivano proclamate anche le condanne a morte. In questo senso, il colore rosa (o rosso) sarebbe un richiamo al sangue dei condannati. Tuttavia, non esiste una spiegazione definitiva sul perché siano state scelte per risaltare tra le altre.

La mia personale esperienza in questo luogo:

Quante volte ho passeggiato, ammirato e sospirato in questa piazza! Eppure, devo ammetterlo, ho scoperto quasi per caso questo dettaglio unico che si nasconde tra le magnifiche architetture di un edificio che, da ogni angolazione, riesce sempre a suscitare emozioni nuove. Una volta notato questo particolare, ho chiesto a Google di spiegarmelo, tanto è evidente quanto sfuggente. Eccoci qui, quindi, a scoprire che anche nel luogo più fotografato della città ci sono molteplici segreti da raccontare. Venezia non smetterà mai di emozionarmi; per me, Venezia è un Sentimento.

il balcone del doge a palazzo ducale
il balcone del Doge a Palazzo Ducale
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In conclusione:

In conclusione, esplorare il Balcone del Doge ci invita a riconoscere che anche i dettagli più piccoli possono rivelare significati profondi. Questo articolo ci ha mostrato che ci sono storie e leggende che attendono di essere scoperte. La bellezza di Venezia non risiede solo nei suoi luoghi iconici, ma anche nei segreti che si celano tra le sue colonne e i suoi archi.

mappa Balcone del Doge a Palazzo Ducale

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: Sulle tracce di Carlo Goldoni l’autore veneziano che scrisse sedici commedie in un solo anno.

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e unicità della nostra amata città lagunare. Oggi vi svelerò, in un breve itinerario in tre tappe, uno degli aspetti meno noti e al contempo più curiosi legati a uno dei personaggi più celebri della venezianità: Carlo Goldoni.

Prima tappa: La Casa di Carlo Goldoni

Ci troviamo nel cuore del Sestiere di San Polo, equidistante tra la Basilica dei Frari e Campo San Polo. L’edificio, oggi parte della Fondazione Musei Civici di Venezia, è conosciuto come Palazzo Centani (San Polo 2793). Nel tardo ‘600, vi si stabilì il nonno di Carlo Goldoni, e qui Carlo nacque nel 1707, rimanendovi fino al 1719. Nel 1914, il palazzo fu acquistato da Aldo Ravà, Piero Foscari e Antonio Pellegrini, con l’idea di farne un museo dedicato al grande drammaturgo, ma il progetto fu bloccato dalla guerra. Nel 1931, l’edificio fu donato al Comune di Venezia, restaurato e infine aperto al pubblico come Museo nel 1953.

Una vista d'insieme della casa di Carlo Goldoni che oggi è un museo a lui dedicato
Una vista d’insieme della casa di Carlo Goldoni che oggi è un museo a lui dedicato

Seconda tappa: Campo San Bartolomio e il monumento dedicato a Carlo Goldoni

Nei pressi della casa dell’autore, imbocchiamo Calle dei Saoneri e, proseguendo dritti, ci dirigiamo fino a Campo San Polo. Da qui, seguiamo le indicazioni verso il Ponte di Rialto che, una volta attraversato, ci porterà ad un ampio campo, quello di San Bartolomio. Al centro, scorgeremo subito un monumento che ritrae un uomo elegante e sorridente, quasi sornione, poggiato su un bastone con la mano destra: il monumento dedicato a Carlo Goldoni. Caso vuole, o forse no, che la statua guardi esattamente nella direzione del Teatro a lui dedicato, come se volesse continuare a raccontarci storie, anche nei secoli a venire.

Terza tappa: Il Teatro Goldoni

Il Teatro Goldoni di Venezia, costruito dalla famiglia Vendramin nel 1630 dopo un incendio che distrusse le loro proprietà, è stato un importante centro culturale per secoli. Ospitò numerose prime assolute di opere di Francesco Cavalli e Antonio Sartorio nel XVII secolo. Dal 1752, con l’ingaggio di Carlo Goldoni, il teatro raggiunse il suo apice artistico. Dopo la chiusura per l’occupazione napoleonica e la riapertura nel 1818, subì vari restauri, tra cui uno significativo nel 1833. Nel 1875, fu dedicato a Goldoni. Dopo essere stato chiuso e ristrutturato nel 1979, il Teatro Goldoni è oggi sede del Teatro Stabile del Veneto, offrendo una ricca stagione di prosa, balletto e concerti.

La facciata esterna del Teatro Goldoni

Il Record del Commediografo Veneziano:

Nel 1750, Carlo Goldoni si trovò al centro di una sfida che avrebbe segnato la storia del teatro: promettere di scrivere sedici commedie in un solo anno. Questo impegno nacque dalla necessità di rispondere alla critica e alla satira dei suoi avversari, in particolare del suo rivale Carlo Gozzi, e di recuperare la fiducia del pubblico dopo il fallimento de L’Erede fortunata. La promessa fu accettata anche come una scommessa pubblica con Medebach, un noto impresario dell’epoca.

Goldoni non solo mantenne la sua parola, ma utilizzò quest’opportunità per rivoluzionare il teatro comico. Tra le opere scritte ci sono capolavori come Il teatro comico, un importante esempio di teatro nel teatro e manifesto della sua riforma, Le femmine puntigliose, La bottega del caffè, e La Pamela, ispirata al romanzo di Samuel Richardson. Questo straordinario risultato, con un ritmo di scrittura e produzione senza precedenti, dimostra l’incredibile produttività e la maestria di Goldoni, consolidando la sua reputazione come uno dei più grandi commediografi del suo tempo.

In conclusione:

Nella nostra esplorazione di Carlo Goldoni, abbiamo seguito le tracce del grande commediografo attraverso tre tappe emblematiche di Venezia. Dalla Casa di Goldoni, dove il maestro nacque e che oggi ospita un museo a lui dedicato, al monumento in Campo San Bartolomio, che celebra il suo ingegno, fino al Teatro Goldoni, un palcoscenico storico che ha visto la sua gloria e le sue trasformazioni nel tempo. L’incredibile sfida del 1750, in cui Goldoni scrisse sedici commedie in un solo anno, non solo dimostra la sua straordinaria produttività ma ha anche segnato una svolta nel teatro comico, consolidandolo come uno dei più grandi drammaturghi della sua epoca.

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Mini itinerario dalla Casa di Goldoni al Monumento, fino al Teatro a lui dedicato

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