
2 Dicembre – Prigione d’Ombra

Il sonno di Santa solitamente durava qualche mese, un po’ come il letargo di certi animali. Magari veniva svegliato di tanto in tanto da qualche orso polare che non stava passando il suo momento migliore della vita o da altre creature che nonostante la loro natura più spirituale che materiale ogni tanto potevano avere dei momenti no. In quest’ultimo caso sapevano di poter riporre la loro fiducia in quel vecchio dalla barba bianca, tanto gentile e tanto altruista. Questa volta però era diverso, si svegliò infatti acciaccato quasi con la sensazione di essere tumefatto in più parti, mentre gli occhi parevano quasi incollati da tanta era la fatica a spalancarli. Prima ancora di farlo, però provò a muovere le braccia e le gambe si rese conto di essere seduto e non sdraiato. Legato e non libero, finalmente riuscì ad aprire gli occhi e vide ciò che forse non aveva immaginato nemmeno nei suoi peggiori incubi. Una stanza buia spoglia e prima di qualsiasi riferimento sul mondo esterno o finestre, davanti a lui sulla sinistra, un camino acceso. Santa non è uno stupido, aveva già capito che qualcosa non andava e non era il classico scherzo da prete di un elfo bisognoso di attenzioni. Era stato rapito, ma chi lo aveva fatto? Come aveva potuto non accorgersi di nulla? Quando era accaduto? Non poté procedere con il ragionamento, perché venne interrotto dal suono di passi pesanti in lontananza. Una figura alta altissima apparì alle sue spalle, proiettando un’ombra decisamente maestosa grazie alla luce che penetrava dall’esterno Santa provó a girarsi verso quella direzione, ma non riuscì a vederne la sagoma e riconoscerne le sembianze. Pareva un mantello di tenebre che lo nascondeva completamente. Avrebbe potuto dire la classica frase tu non sai chi sono io, ma la trattenne per sé, capendo che sarebbe stato inutile dunque per provare a capirne di più provò con una frase di circostanza di falsa tranquillità esordì così: “Salve, cosa la porta da queste parti?” quasi con un’ironia sottile, assolutamente inadatta al contesto. Non ottenne risposta alcuna né nei gesti né a parole, solo un sospiro profondo, il suo, consapevole che questa cosa avrebbe potuto mandare a monte secoli di attività e sogni di tante persone. La porta si richiuse e con essa la serratura. Ricadde un parziale oblio nella stanza, una cella la cui oscurità era interrotta solamente dal crepitio del focolare appena rintuzzato con qualche pezzo di legno. Fu così che Santa inizió un lungo ragionamento mentale su chi potesse volergli così tanto male a lui e al Natale. Gli vennero in mente decine di entità figlie delle più diverse credenze e rappresentanti alcuni dei più vari generi di malevolenza. Nessuno però spicco per metodi e sensazioni per essere l’indiziato principale anche questo principio di indagine, che peraltro non era una caratteristica di Santa fare il commissario di polizia, ci sarebbe protratta per le lunghe. Provò a contattare Rudolf con la forza del pensiero, era una cosa che funzionava e ha funzionato in passato, ma anche quella forma di comunicazione risultava interrotta. Da questo indizio potrei capire che chi aveva compiuto questo gesto non era un entità qualsiasi dunque per quanto ancora ampissima la cerchia dei sospettati rimaneva ancora ampia ma non più infinita come all’inizio. Neanche il tempo di finire i propri pensieri che la porta si riaprì questa volta, chiunque fosse fece sentire la propria voce, anonima nella memoria di Santa, dicendo: “ perché diavolo vi dimenticate ogni volta incappucciare il prigioniero meno vede, meno capirà; meno capirà, più saremo al sicuro dagli assi che tira fuori sempre dalla sacca di Natale”. Così come si era aperta con un cigolio solenne, la porta si richiuse. L’ombra si ripristinò quasi totalmente, mentre il silenzio e l’oscurità interrotte dalle fiamme e dal crepitio del focolare rimasero nuovamente le uniche compagnie di un disorientato Santa. Nel frattempo, in una stanza probabilmente contigua proseguivano i dialoghi da parte di coloro che tramavano ed arguivano contro il Natale professando di odiarlo con tutto loro stessi dalle voci lontane e dalle sensazioni che provava nell’ascoltarli li immaginava come dei manigoldi o delle entità di basso livello che rispondevano agli ordini di un malfattore superiore. Tutto d’un tratto Santa percepì qualcosa, una sorta di zampettio leggero che per quanto flebile andava a fare delle minime microscopiche percussioni sul pavimento della cella. Capì che non fosse nulla di pericoloso ma che si trattasse anzi di una piccola bestiola mantenne il silenzio dunque per non spaventarla per fare in modo che un eventuale primo approccio potesse sopraggiungere da ella. Non vi era contatto visivo tra i due perché Santa, come ben ricordiamo era incappucciato ma si sentiva osservato. Infine qualcosa accade la creatura manifestò i suoi pensieri ad alta voce: “ non puoi farlo no assolutamente no è un’idea stupida. Questo tizio non sembra come tutti gli altri che sono passati qui, ma ho paura possa farmi del male”. Fu a quel punto che Santa si decise a dire una sola parola per provare a rompere il ghiaccio: “ anche fossi così terribile, qualunque cosa tu sia, non potrei farti del male o divorarti perché non posso vederti” la creatura reagì con un tono preoccupato “ ecco, l’ho fatto di nuovo parlare anziché pensare devo ricordarmelo la prossima volta e starmene zitta e pensare e non viceversa, devo sfruttare bene l’intelligenza che mi è stata data in dote” e Santa “ sei una creatura intelligente e riflessiva dimmi almeno cosa sei o chi sei, giusto per poter immaginare chi a questo punto mi farà compagnia in questa in questa prigionia” e lei “ so che me ne pentirò, ma proviamo a dare fiducia a quest’uomo corpulento, anche se sono certa che non finirà bene, mi chiamo Patty e sono una topolina bianca, vivo qui da…” un rumore fortissimo spaventò la topolina, fuggì senza dire nulla, senza completare la frase, facendo scoprire a Santa quanto rumoroso potesse diventare un silenzio improvviso.
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