I Segreti di Venezia: Cosa sono i Nizioleti e perché ci raccontano la città

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. Oggi ci addentreremo nelle calli alla scoperta di uno degli elementi più caratteristici della città lagunare e che, proprio perché li vediamo di continuo, spesso passano quasi inosservati. Senza di loro non sapremmo dove siamo, dove stiamo andando o cosa stiamo per vedere. Insomma, in estrema sintesi: senza i Nizioleti, le Calli, i Campielli e tutte le altre peculiarità toponomastiche non avrebbero un nome proprio.

Cosa sono i Nizioleti e perché si chiamano così

Si tratta dell’equivalente dei cartelli stradali presenti in tutte le città italiane: in perfetto parallelismo, i Nizioleti non sono altro che i segnali “alla veneziana” che danno un nome a calli, campi, ponti, rii e molti altri luoghi. Sono realizzati all’interno di rettangoli bianchi con bordi neri, dipinti direttamente sui muri che affiancano lo spazio da denominare. La parola “Nizioeto” significa letteralmente piccolo lenzuolo, un’espressione che richiama con immediatezza il candore dello sfondo su cui vengono scritti i nomi, come se fossero vere e proprie lenzuola adagiate sulle pareti della città.

Un po’ di storia

I Nizioleti affondano le loro radici nella storia più antica di Venezia e nella sua complessa toponomastica. La necessità di identificare calli, rii, campi e ponti nasce già ai tempi della Serenissima, quando i luoghi prendevano nome da usi popolari, mestieri, tradizioni o dalle famiglie che abitavano la zona. Il periodo austriaco non fece che rafforzare questa consuetudine, rendendola più sistematica. In tempi recenti, nel 2012, il Comune di Venezia ha promosso un importante intervento di catalogazione e uniformazione, correggendo incongruenze e riportando ordine in quelle situazioni in cui i nomi risultavano controversi o discordanti. Tra le curiosità da scoprire c’è anche quella che vede i Nizioleti non solo utilizzati per dirci in quale calle o campo ci troviamo, ma anche per determinare l’inizio di un determinato sestiere come si può vedere nelle immagini.

Chi li realizza oggi

Come per la catalogazione, anche la responsabilità di realizzazione, restauro e manutenzione dei Nizioleti spetta al Comune di Venezia. I lavori vengono commissionati a ditte specializzate nel recupero del patrimonio urbano, seguendo processi, materiali e regole rigorose: si parte dall’intonaco, che deve avere lo spessore corretto (circa un centimetro e mezzo), si utilizzano stencil o “dime” per le lettere delle scritte e si prevedono rifacimenti periodici per le superfici che col tempo si deteriorano.

Nizioleti famosi e luoghi particolari tratti dai miei articoli


Molti Nizioleti di Venezia raccontano storie e mestieri antichi, ma anche curiosità legate a luoghi particolari. Alcuni portano nomi che evocano arti e professioni: Calle del Luganegher (salsicciai), Calle del Pestrin (lattai), Calle del Forner (fornai). Altri conservano soprannomi popolari, versioni dialettali o leggende locali, come il Ponte dei Zogatoli (dove troverete il Lego del Soldato Quo), in realtà il Ponte San Grisostomo, così chiamato per un negozio di giocattoli che un tempo sorgeva lì.

Alcuni Nizioleti sono celebri per la loro storia o per nomi curiosi legati a famiglie antiche, attività scomparse come il Rio terà del Barba frutariol (fruttivendolo) o storie leggendarie: il Ponte dei Pugni, il Rio Terà degli Assassini, La Piscina San Moisè con il pontile segreto dei Pittori, la Macabra storia di Riva de Biasio, ovvero un serial killer veneziano, le Misteriose Statue in Campo dei Mori, il Sotoportego Zurlin, il più basso di Venezia, o la Toletta, una libreria dove i libri sembrano “attraversare” il tempo, mentre altri evocano luoghi famosi per la loro atmosfera “particolare”, come il Ponte delle Tette.

Come riconoscerli e interpretarli

Per leggerli bene, bisogna sapersi orientare: i Nizioleti sono dipinti sui muri delle case ad altezza tale da essere visibili ma protetti. Contengono il nome della via, spesso in veneziano, talvolta con l’indicazione del sestiere o della parrocchia. Osservare il tipo di scrittura, le varianti nel nome, l’usura o i restauri fa capire quanto antica sia la targa e quanto sia stata oggetto di attenzione civica. Nella toponomastica veneziana, parole come Calle indicano le viuzze principali, mentre le Ruga sono calli particolarmente lunghe e importanti; i Sotoportego sono passaggi coperti che attraversano edifici, le Corte piccoli cortili interni, i Campiello piazzette intime, e i Campi spazi aperti che un tempo ospitavano coltivazioni, oggi teatro di vita quotidiana. Le Fondamenta costeggiano i canali e separano i palazzi dall’acqua, le Liste sono vie in pietra bianca con valore simbolico o funzionale, e i Rio Terà sono strade costruite sopra ex canali interrati. Altri termini raccontano funzioni particolari: la Piscina indica bacini d’acqua un tempo destinati a pesca o nuoto, i Rami sono diramazioni delle calli, le Salisade strade selciate, e infine gli Squeri sono cantieri navali per costruzione e riparazione di imbarcazioni. Conoscere questi termini permette di leggere i Nizioleti non solo come semplici targhe, ma come frammenti vivi della storia urbana e culturale di Venezia (approfondisci QUI). Come tutte le vicende umane, però, non tutti i messaggi sulla città sono istituzionali: alcuni cittadini o visitatori lasciano scritte informali sui muri, come vicino al Ponte dell’Accademia nel cuore del Sestiere di San Polo, espressioni che talvolta rivelano l’impatto dell’overtourism e della pressione quotidiana che la città e i suoi abitanti subiscono.

Graffito Veneziano

Un patrimonio da custodire

I Nizioleti non sono e non saranno mai solo dei segnali stradali: rappresentano tracce viventi di un codice urbano, linguistico e culturale. Quando un Comune, come Venezia in questo caso, ne restaura decine ogni anno, lo fa non solo per il decoro ma soprattutto per preservare la storia attraverso una delle sue più originali declinazioni. Custodire i Nizioleti significa rispettare i nomi e le storie che raccontano chi siamo, come viviamo e da dove proveniamo.

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Per concludere

Camminando tra calli, campi e sotoporteghi, i Nizioleti svelano piccoli segreti di storia, mestieri e vita quotidiana veneziana. Osservare ogni targa, leggere ogni nome, notare le variazioni nei caratteri o l’usura dei secoli significa entrare in contatto con il respiro vivo della città. Leggere i Nizioleti non è solo informarsi: è immaginare le mani che li hanno dipinti, le storie che hanno attraversato le calli e i ponti, i segreti nascosti dietro ogni angolo. Ogni rettangolo bianco con lettere nere diventa così un piccolo teatro d’arte e memoria, dove il passato prende forma davanti ai nostri occhi raccontandosi senza filtri o censure. Custodire e ammirare i Nizioleti significa partecipare a un dialogo tra ieri e oggi, un’esperienza che resta impressa nella memoria e nel cuore di chi sceglie di scoprire Venezia passo dopo passo o, come dico nella nuova rubrica: Ascoltando il battito di ogni luogo.

Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare

Qui sotto trovi la mappa interattiva dei Segreti di Venezia, con tutti i luoghi geolocalizzati. Ogni pin ti condurrà direttamente all’articolo corrispondente, permettendoti di esplorare la città seguendo le tracce dei racconti e di scoprire angoli nascosti e curiosità come mai prima d’ora.

Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.

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I Segreti di Venezia: Palazzo Ducale – Quarta puntata. Il governo della Serenissima e la sua modernità.

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Nell‘ultima delle quattro puntate della miniserie vi racconterò della modernità della Serenissima. Scopriremo infatti di quanti aspetti ancora attualissimi costituissero la politica del tempo.

La struttura del governo della Serenissima:

La Repubblica di Venezia, con il suo sistema complesso, si è distinta per un’organizzazione politica che cercava di bilanciare il potere al fine di garantire stabilità e funzionalità al suo governo. Al vertice di questa piramide si trovava il Doge, una figura simbolica definita “Primus inter pares” cioè “Primo fra pari”, ma anche un leader esecutivo con il compito di rappresentare l’unità della città-stato. Il Doge non governava in solitudine, ma faceva parte di un sistema di magistrature che includeva il Consiglio dei Dieci, il Maggiore Consiglio e il Senato, con un ruolo fondamentale anche della Quarantia (Civil e Criminal, cioè civile e penale) e della Giustizia. Questo modello di governo si ispirava alla necessità di impedire che un singolo potere, come quello di un monarca assoluto, prendesse il sopravvento. L’introduzione del “governo condiviso” tra un numero ristretto di cittadini privilegiati rendeva il sistema più resistente agli abusi di potere, creando una forma di equilibrio che ha contraddistinto Venezia nei secoli.

la sala del collegio
La Sala del Collegio

La modernità del sistema politico veneziano:

Nonostante le sue radici medievali, il sistema politico di Venezia si distingue per tratti straordinariamente moderni. Una delle caratteristiche più innovative era la distribuzione dei poteri e la creazione di un sistema complesso di controllo e reciproco bilanciamento. Il sistema elettorale, fondato su un’intricata rete di sorteggi, garantiva che il potere non fosse concentrato nelle mani di un singolo individuo, ma che fosse esercitato da un gruppo selezionato attraverso processi trasparenti e partecipativi. La separazione tra i vari organi del governo permetteva di evitare conflitti di interesse, creando un equilibrio che preservava l’autonomia del singolo dal potere centrale. In un’epoca in cui la monarchia assoluta era ancora la norma, Venezia riusciva a mantenere una stabilità che, pur essendo atipica, sembrava anticipare il concetto moderno di governo partecipativo e democratico, pur con tutte le differenze rispetto al nostro attuale concetto di democrazia.

liagò
il Liagò

Innovazioni veneziane e la loro epoca di attuazione:

Venezia, culla di innovazioni politiche e sociali, non si limitò a rinnovare solo l’organizzazione governativa, ma permeò l’intera struttura della sua città-stato. Tra le prime a creare un sistema di contabilità pubblica solido e duraturo, la Serenissima rese così possibile una gestione accorta delle risorse, che le consentì di diventare una delle città più ricche d’Europa. La sua apertura al commercio internazionale e la creazione di istituzioni bancarie, come il Monte di Pietà, non solo consolidarono la sua prosperità economica, ma favorirono anche la modernizzazione delle pratiche commerciali, rendendo Venezia un punto di riferimento per tutta l’Europa. La capacità di anticipare i cambiamenti in atto nel continente la rese in grado di costruire una macchina burocratica pronta a rispondere alle sfide del tempo, sebbene, talvolta, a costo di sacrificare l’ingresso di nuove idee. In un contesto storico che, pur essendo rivoluzionario per l’epoca, restava saldamente legato alle tradizioni e alle strutture consolidate, Venezia riuscì comunque a preservare il suo controllo, navigando tra il passato e le sfide di un futuro che stava già bussando alla sua porta.

sala della bussola dettaglio
Dettaglio della Sala della Bussola

L’origine del ballottaggio si radica a Venezia:

Un altro aspetto della modernità politica veneziana, forse meno conosciuto ma di notevole importanza, è il ballottaggio. La Repubblica di Venezia è, infatti, uno dei luoghi in cui si radica l’idea di un processo elettorale che, pur evolvendosi nel corso del tempo, è passato alla storia come il metodo che ha permesso l’elezione dei Dogi. In un sistema in cui l’elezione avveniva attraverso un’accurata selezione di cittadini, il ballottaggio veniva usato per scegliere il Doge tra diversi candidati, riducendo il rischio di manipolazioni politiche.

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I candidati venivano scelti sfruttando una serie di votazioni segrete. Questo sistema, che ora vediamo come una caratteristica centrale di molte democrazie moderne, nasce quindi in un contesto molto particolare, ma affonda le radici proprio a Venezia. Fu una risposta alla necessità di equilibrare il potere, impedendo che un singolo candidato potesse emergere troppo facilmente. Il ballottaggio a Venezia è quindi una delle prime incarnazioni di quella selezione dei rappresentanti che oggi vediamo come fondamentale nelle elezioni politiche.

sala del maggior consiglio
La Sala del Maggior Consiglio

In questo modo, la Serenissima ha anticipato alcune delle dinamiche politiche moderne, mescolando tradizione e innovazione per creare un sistema che, pur non privo di limiti, è rimasto in piedi per oltre mille anni, influenzando profondamente la politica europea.

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In conclusione:

Concludiamo così il nostro viaggio a puntate attraverso le straordinarie dinamiche di Palazzo Ducale, un luogo dove la tradizione si intrecciava con l’innovazione, dando vita a un sistema che, pur segnato da limiti e contraddizioni, ha resistito nel tempo per oltre mille anni. Abbiamo visto come la politica veneziana sapesse anticipare alcuni degli sviluppi che oggi riconosciamo come tipici delle democrazie moderne, dal ballottaggio all’equilibrio tra potere e partecipazione. Venezia, con la sua burocrazia raffinata e le sue pratiche innovative, ha influenzato profondamente la politica europea, dimostrando come la gestione del potere non fosse solo una questione di strutture, ma anche di idee e visione.

mappa di venezia che indica dove ci troviamo. palazzo ducale.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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I Segreti di Venezia: Palazzo Ducale – Terza puntata. Le Bocche di Leone e il sistema delle denunce segrete.

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Nella terza delle quattro puntate della miniserie vi racconterò finalmente (ne avevo accennato qualcosa qui) il funzionamento e lo scopo delle Bocche di Leone, un pubblico recapito presso cui sporgere denunce segrete.

Cos’erano le “Bocche di Leone” e chi riceveva il loro contenuto?

Il sistema giudiziario veneziano fu uno dei più innovativi in assoluto. Tra gli strumenti distintivi di questa istituzione vi erano le Bocche di Leone, speciali cassette delle lettere murarie destinate a raccogliere denunce anonime indirizzate ai Magistrati Veneziani. Queste aperture scolpite nella pietra, che potevano raffigurare volti, leoni o altre figure simboliche, riportavano un’iscrizione che indicava il tipo di denuncia accettata.

L’introduzione delle Bocche di Leone rispondeva all’esigenza di rafforzare i controlli su eventuali moti insurrezionali. La storia ha visto molteplici tentativi di rovesciamento del potere: tra i più celebri, quello del 63 a.C., quando Lucio Sergio Catilina cercò di sovvertire la Repubblica Romana. Analogamente, nel 1310, la Serenissima fu teatro di una congiura guidata da Baiamonte Tiepolo, con il supporto di Marco Querini e Badoero Badoer, che tentò di rovesciare il governo veneziano in opposizione alle nuove leggi che limitavano l’accesso al Maggior Consiglio.

Entrambe le cospirazioni si conclusero con un fallimento, rafforzando il controllo delle autorità e portando all’introduzione di norme ancora più restrittive per prevenire future rivolte.

Alcune delle Bocche di Leone in giro per Venezia: Chiesa di San Martino, Chiesa dei Gesuati e di San Pantalon (clicca sulla freccia nera a inizio riga per vederle).

Le denunce anonime svolgevano un ruolo cruciale per i tribunali speciali incaricati di garantire la sicurezza della Repubblica. Le accuse di tradimento e complotto venivano esaminate dal temuto Consiglio dei Dieci, che avviava immediatamente le indagini attraverso sorveglianza, interrogatori e incarcerazioni preventive nei Piombi o nei Pozzi, in attesa del verdetto finale.

Le denunce venivano raccolte in cassette di legno, aperte dai Magistrati e dai Capi dei Sestieri. Questo sistema permetteva di monitorare minacce alla sicurezza dello Stato, coinvolgendo la cittadinanza nella salvaguardia dell’ordine pubblico.

Tuttavia, gli Inquisitori di Stato non si fidavano ciecamente delle denunce anonime e inviavano spie per verificarne l’accuratezza.

I “Signori della Notte” e gli “Esecutori contro la bestemmia” giocavano anch’essi un ruolo di primo piano nell’accoglimento e gestione delle denunce anonime, utilizzandole per avviare indagini. Sebbene entrambi avessero compiti di sorveglianza e controllo, le loro aree di intervento erano differenti, con gli Esecutori focalizzati su specifici reati morali e i Signori della Notte su questioni di ordine pubblico più ampie.

Le Bocche delle Denunce di Verona:

Le Bocche delle Denunce, tanto a Venezia quanto a Verona, avevano l’obiettivo di raccogliere segnalazioni anonime su crimini contro lo Stato, coinvolgendo attivamente la cittadinanza nella tutela dell’ordine pubblico. A Venezia, le Bocche di Leone furono introdotte nel XIV secolo per raccogliere denunce relative a specifiche infrazioni come tradimento o evasione fiscale, con un’iscrizione che indicava la natura delle segnalazioni accettate. A Verona, invece, le Bocche delle Denunce, attive nel XVIII secolo, operavano in modo simile, ma con un focus su reati come usura e contrabbando. Fessure nei muri permettevano ai cittadini di segnalare questi crimini in modo riservato.

La versione veronese della "Bocca delle Denunce" in Piazza dei Signori
La versione veronese della “Bocca delle Denunce” in Piazza dei Signori

Due esempi noti si trovano nel Palazzo della Ragione, uno in via Dante per il commercio illecito e l’altro in Piazza dei Signori per l’usura (ritratto nell’immagine), dove è ancora visibile un esempio odierno. Entrambi i sistemi rispondevano alla necessità di monitorare il territorio, favorendo la partecipazione popolare nella giustizia.

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In conclusione:

Le Bocche di Leone, strumenti di segnalazione anonima, offrono uno spunto affascinante per comprendere come la Serenissima mantenesse il controllo sulla sua popolazione, coinvolgendo direttamente i cittadini nella salvaguardia della sicurezza dello Stato. Se da un lato garantivano la riservatezza delle accuse, dall’altro richiedevano un’attenta verifica delle denunce, con un sistema che coinvolgeva anche i “Signori della Notte”. Un sistema che, tra simbolismo e vigilanza, delineava un delicato equilibrio tra libertà e sorveglianza. Nel prossimo episodio, ci immergeremo in un altro aspetto fondamentale della giustizia veneziana, scoprendo le sue più misteriose e affascinanti peculiarità. Non perdetevi l’ultima puntata di questa mini-serie. Scopriremo infatti come funzionava il governo della Serenissima e quanto fosse moderno.

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In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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I Segreti di Venezia: Palazzo Ducale – Seconda puntata. Le Prigioni Nuove ed il Ponte dei Sospiri

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Nella seconda delle quattro puntate della miniserie esploreremo le zone più segrete e misteriose di Palazzo Ducale, andando ad attraversare il Ponte dei Sospiri per poi giungere alle Prigioni.

Il Ponte dei Sospiri e l’ultimo sguardo su Venezia

Tantissime sono le storie, le suggestioni e addirittura le leggende intorno a questo ponte. Il Ponte dei Sospiri venne costruito nel 1614, collega Palazzo Ducale alle Prigioni Nuove attraverso due corridoi separati. Uno porta alle Sale del Magistrato alle Leggi e alla Quarantia Criminal, l’altro collega le prigioni alle Sale dell’Avogaria e al Parlatorio.

L’attraversamento e la vista del Ponte dei Sospiri.

Entrambi i passaggi sono connessi alla scala di servizio che dai Pozzi conduce ai Piombi. Il nome “Ponte dei Sospiri” nasce in epoca romantica, evocando il sospiro dei prigionieri che, dopo il processo, attraversavano il ponte vedendo per l’ultima volta, attraverso piccole finestre, la laguna e l’isola di San Giorgio, simboli di una libertà ormai perduta.

il leone di san marco della sala della quarantia criminale
Un dipinto raffigurante il Leone di San Marco nella Sala della Quarantia Criminale

I Piombi: Le Prigioni Segrete sotto il Tetto di Piombo del Palazzo Ducale

I Piombi erano le prigioni ricavate nel sottotetto del Palazzo Ducale, il cui nome deriva dalle lastre di piombo che rivestivano il tetto. Queste celle, riservate a prigionieri politici o detenuti in attesa di giudizio, offrivano condizioni particolarmente dure: d’inverno il freddo era pungente, mentre d’estate il calore diventava insopportabile. Nonostante ciò, rispetto ad altre prigioni veneziane, garantivano un trattamento meno rigido e qualche libertà in più. Tra i detenuti più famosi vi fu Giacomo Casanova, che riuscì a fuggire nel 1756, rendendo i Piombi celebri in tutta Europa.

Le Prigioni Nuove: l’innovativa struttura carceraria della Serenissima

Alla fine del XVI secolo, la Repubblica di Venezia decise di costruire un nuovo complesso carcerario per risolvere i problemi di sovraffollamento e migliorare le condizioni di detenzione dei prigionieri. Nacquero così le Prigioni Nuove, un edificio separato dal Palazzo Ducale, ma collegato direttamente ad esso tramite il celebre Ponte dei Sospiri.

Progettate dall’architetto Antonio da Ponte nel 1589 e completate dal suo successore Antonio Contin nel 1614, le Prigioni Nuove rappresentarono una svolta nell’architettura penitenziaria veneziana. A differenza delle celle anguste e malsane dei Pozzi e dei Piombi, questa nuova struttura offriva spazi più ampi, una migliore ventilazione e una maggiore illuminazione naturale, garantendo condizioni di vita relativamente meno dure ai detenuti.

L’innovazione principale delle Prigioni Nuove fu la loro funzione esclusivamente carceraria: mentre in passato le prigioni erano integrate in altri edifici amministrativi o di governo, questa struttura fu concepita sin dall’inizio per ospitare i prigionieri, segnando un passo avanti nel sistema giudiziario veneziano. Oggi, le Prigioni Nuove rimangono una testimonianza dell’evoluzione della giustizia nella Serenissima e del suo continuo equilibrio tra controllo, potere e umanità.

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In conclusione:

Le prigioni di Palazzo Ducale, dai soffocanti Piombi alle più moderne Prigioni Nuove, raccontano il lato più oscuro ed al contempo civile della giustizia veneziana, tra controllo, potere e privazione della libertà. Il Ponte dei Sospiri, simbolo di questo sistema, rimane il passaggio che separava per sempre i condannati dalla vita di un tempo, un vero e proprio snodo tra il prima ed il dopo di molte vite. Ma il governo della Serenissima non si basava solo sulle carceri: nel prossimo episodio, esploreremo il sistema delle Bocche di Leone, strumenti di denuncia segreta che garantivano alla Repubblica un controllo capillare sui cittadini. Non perdetevi la terza puntata de “I Segreti di Venezia”!

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I Segreti di Venezia: Palazzo Ducale – Prima puntata. La Porta della Carta, la Scala dei Giganti e le incoronazioni dei Dogi

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. In questa miniserie in quattro puntate esploreremo il cuore del potere veneziano: Palazzo Ducale. Non aspettatevi una guida didascalica o un trattato enciclopedico, ma un racconto vivido fatto di arte, usanze, intrighi e aneddoti che vi aiuterà a svelare alcuni dei segreti più intriganti di questo luogo iconico.

La Porta della Carta: storia, funzione e curiosità su uno degli ingressi simbolo di Palazzo Ducale

Oggi faremo un gioco: immaginate di arrivare in Piazza San Marco passando sotto il portico dell’Orologio dei Mori. Camminate dritti, con la Basilica di San Marco alla vostra sinistra e il Campanile sulla destra, circondati dai lunghi porticati che incorniciano la piazza. Poco più avanti, sulla sinistra, uno slargo si apre proprio dove la Basilica incontra Palazzo Ducale, ma senza ancora fondersi nei suoi portici. Ed è lì che il vostro sguardo verrà catturato da un’imponente porta gotica veneziana, un capolavoro realizzato dai fratelli Giovanni e Bartolomeo Bon: la Porta della Carta. Questo straordinario ingresso monumentale segnava il passaggio dalla piazza principale al cortile interno del palazzo, cuore del potere politico veneziano.

Tra i suoi raffinati decori spicca la scultura del Doge Francesco Foscari inginocchiato davanti al Leone di San Marco, emblema supremo della Serenissima. Purtroppo, l’originale è andato perduto e ciò che oggi vediamo è una copia ottocentesca. Ma perché? Ve lo svelerò in un prossimo articolo.

La Porta della Carta

Il nome “Porta della Carta” potrebbe derivare dalla presenza di archivi ufficiali nelle vicinanze, ma un dettaglio ancora più affascinante riguarda i pubblici scrivani. Proprio qui, uomini esperti nella lettura e nella scrittura offrivano i loro servizi a chiunque avesse bisogno di redigere documenti ufficiali, lettere o atti essenziali. Una scena quotidiana che racconta un’epoca in cui l’alfabetizzazione non era per tutti e la scrittura rappresentava un’arte indispensabile per la burocrazia e il commercio veneziano.

La Scala dei Giganti: perché si chiama così e qual era il suo ruolo nelle cerimonie dogali?

Immaginate di aver appena oltrepassato la Porta della Carta ed essere entrati nel cortile interno di Palazzo Ducale. Davanti a voi si erge un’imponente scala in marmo bianco, fiancheggiata da due statue colossali raffiguranti Marte e Nettuno. Questo maestoso accesso monumentale è la Scala dei Giganti, progettata nel XV secolo dall’architetto Antonio Rizzo per conferire maggiore solennità all’ingresso del cuore politico della Serenissima.

Ma perché si chiama così? Il nome deriva proprio dalle due gigantesche statue che dominano la sommità della scala. Marte, dio della guerra, e Nettuno, signore dei mari, simboleggiano il dominio della Serenissima sia sulla terra che sulle acque, un chiaro messaggio della potenza veneziana.

Oltre al suo impatto scenografico, questa scala aveva un ruolo fondamentale nella ritualità della Repubblica. Era qui che, davanti al popolo e alle massime cariche dello Stato, il Doge faceva la sua prima apparizione ufficiale dopo l’elezione. Questa non era una semplice passerella di rappresentanza: la scala segnava il passaggio fisico e simbolico del Doge verso le stanze del potere. Tuttavia, come ogni spazio solenne della Serenissima, anche la Scala dei Giganti ha conosciuto momenti drammatici: nel 1355, qui fu giustiziato il Doge Marino Falier, colpevole di aver cospirato contro il sistema repubblicano. Un monito severo che ricordava a tutti come il potere del Doge fosse limitato da leggi ferree.

la scala dei giganti, palazzo ducale, cortile interno, venezia.
La Scala dei Giganti a Palazzo Ducale

Il copricapo del Doge: cos’era la “Zoia” e come avveniva l’incoronazione del sovrano di Venezia?

L’elezione di un Doge nella Serenissima era un evento solenne, regolato da un sistema di votazione lungo e articolato che impediva favoritismi e colpi di mano. Una volta designato il nuovo capo della Repubblica, iniziava il suo percorso cerimoniale, un rituale che si concludeva in un luogo iconico: la Scala dei Giganti, nel cortile di Palazzo Ducale.

A differenza dei monarchi europei, come vedremo meglio nella quarta puntata, il Doge non veniva incoronato con una corona reale, ma con un copricapo di forma inconfondibile: la Zoia. Questo simbolo del potere dogale, un cappello a punta dalla struttura rigida e arcuata, ricordava lontanamente la mitria vescovile, sottolineando il legame tra autorità politica e spirituale. La Zoia era realizzata in materiali pregiati, spesso in velluto o broccato d’oro, e arricchita con pietre preziose e perle, riflettendo la ricchezza e il prestigio della Serenissima.

Il momento clou della cerimonia avveniva sulla Scala dei Giganti, davanti al popolo e alle più alte cariche dello Stato. Qui, il Doge riceveva la Zoia e il manto dogale, suggellando il suo nuovo ruolo di “primus inter pares”, primo tra pari. Ma questa solennità aveva un’importante implicazione: il Doge non era un sovrano assoluto. La sua autorità era controllata da istituzioni che garantivano il bilanciamento del potere, e la sua stessa investitura era una celebrazione della Repubblica, non della persona.

Con l’abolizione della Serenissima nel 1797, il ruolo del Doge scomparve e con esso anche la Zoia. Oggi, questo copricapo iconico resta un simbolo storico di Venezia, immortalato nei ritratti dei Dogi e in numerose opere d’arte che testimoniano il suo antico splendore.

la vista dalla scala dei giganti verso la porta della carta. palazzo ducale. venezia
La vista dalla Scala dei Giganti verso la Porta della Carta
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In conclusione:

La cerimonia dogale, con i suoi simboli e riti, è solo uno dei tanti segreti che rendono Palazzo Ducale un luogo senza tempo, dove storia, potere e arte si intrecciano in un equilibrio perfetto. Ma la storia della Serenissima non si ferma qui!

Nella prossima puntata, vi porterò nelle profondità più oscure del Palazzo, tra i suoi carceri segreti e il Ponte dei Sospiri, per scoprire il lato più inquietante della giustizia veneziana. Poi, nella terza puntata, esploreremo il sistema delle denunce segrete e le celebri Bocche di Leone, strumenti di controllo e sorveglianza della Repubblica. Infine, concluderemo il nostro viaggio con la quarta e ultima puntata, dedicata alla modernità del sistema politico veneziano, un modello unico che ha anticipato molte delle democrazie moderne.

mappa di venezia che indica dove ci troviamo. palazzo ducale.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

Vi aspetto con nuovi segreti e avventure ogni venerdì!

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