“Chi ha rapito Santa Claus?” 20 Dicembre – I tre tocchi

"Chi ha rapito Santa Claus?" - cover by Trarealtaesogno

20 Dicembre – I tre tocchi

la cartolina da cui Santa tolse solo il francobollo un anno fa presso la libreria acqua altra

Artemisia ed Elio, una volta svegli non uscirono dalla stanza, attesero un attimo fermandosi innanzi alla mappa tattile della laguna che, con il felino in veste di osservatore, Artemisia ebbe cura di aggiornare con le ultime scoperte. Le sue mani indugiarono sugli appunti di molte isole lagunari, specialmente quelle abbandonate. Queste ultime infatti le davano la sensazione di nascondere tanti, tantissimi segreti, anche quello cui loro tutti tenevano di più: trovare Santa. Le sue mani sorvolarono con ampi gesti e tocchi lievi isole con ruderi, isole di arbusti e siepi, conventi, isole piene di frutti selvatici, tra cui le more e molto altro, bisbiglió qualcosa verso Elio che parve acconsentire e smisero di cercare. Quando si fece avanti in zona giorno sentì Rudolf respirare profondamente sfogliando pagine, probabilmente quelle del libro dei frammenti di tenebra con il nuovo enigma; oltre il tavolo invece percepì il profondo respiro di Krampus che, come sempre, probabilmente dormiva ad occhi aperti, magari ancora nella medesima posizione di ieri. Rudolf alzò il capo, scelse Artemisia come orizzonte e le disse: “Buongiorno, ho passato la notte qui, sopra questo testo, ma stavolta non vi è nulla da tradurre, non capisco proprio come risolvere questo enigma privo di un vero e proprio quesito palese. Lei si avvicinò, cercò con le mani il contenitore dei biscotti, trovatolo lo avvicinò a Rudolf aprendone il coperchio. Disse: “Intanto, visto che non hai dormito, almeno prendi un po’ di energia. Poi risolveremo tutto il resto”. Lui acconsentì e lasciò cadere il libro, che stava tenendo aperto a forma d’ali di gabbiano, mangiò due, forse tre biscotti e poi si lasciò andare con un piccolo sfogo: “Sai Artemisia, i fatti di ieri hanno ridestato molte insicurezze che, in cuor mio, credevo d’aver sopito. Santa ha lasciato più tracce di quanto potessimo sospettare, eppure io, Rudolf, il suo più fedele amico, non riesco a cavare un ragno dal buco”. Artemisia sospiró: “L’autocritica è una qualità che a piccole dosi vale tantissimo, ma qui non é ben spesa Rudolf. Il tuo impegno é giá un segno distintivo delle tue qualità, certo, il caso non è risolto, ma è soprattutto grazie a te che siamo arrivati fin qui”. E lui: “Grazie, le tue parole contano tantissimo” nel mentre Elio gli si strusció contro in segno di affetto e supporto. Rudolf venne distratto da una cosa molto strana, gli occhi di Krampus cominciarono a muoversi, in maniera naturale e come se fosse desto, un po’ a sinistra, poi su, dritto e via così. Fino a fermarsi come poco prima. Rudolf tornó a studiare l’enigma e di colpo, quasi agitato: “Non distante dalla guardia del campanile, laddove solcava acque ora abbraccia libri, Artemisia, ti dice nulla questa frase sconclusionatamente sensata?” E lei: “Sai Rudolf, qui a Venezia molti campanili avevano dei mascheroni che dovevano tener lontano il demonio.. a ben pensarci non distante da qui c’é quello di Santa Maria Formosa.. ma ci sta dicendo qualcosa che è lì vicino..” Rudolf: “giá, spremi le meningi Artemisia, solo tu puoi svelare di cosa si tratti” e lei: “Seguimi, voglio consultare la mappa in camera, sento che qualcosa di lapalissiano mi sta sfuggendo tra le righe di questo enigma”. Entrarono e Rudolf, vedendo da vicino l’opera a muro con tutta la laguna catalogata un anfratto dopo l’altro non poté che cedere ad uno stato di profonda ammirazione. Artemisia era lì, davanti a lui, non vedeva, ma sapeva l’esatta ubicazione d’ogni cosa. Nel mentre tracciava segni nell’aria, come ad allinearsi col suo mondo, toccando poi vari punti della mappa, su, giù, destra, sinistra, altrove. Era una sorta di calibrazione che la portava ad uno step successivo. Identificò la posizione del campanile di Santa Maria Formosa col suo mascherone, da quell’istante i suoi polpastrelli si fecero passi, esplorarono tutti i dintorni di carta, si soffermarono qui e lì, finchè il suo viso non si illuminò di colpo: “Rudolf! Come abbiamo fatto a non pensarci?” e lui “Rivelami la tua intuizione ti prego, la mia conoscenza della città non è confrontabile con la tua” e Artemisia: “Solcava acque e ora abbraccia libri… quella frase parla di una gondola che viene utilizzata come libreria e, proprio lì vicino, ce n’è una che espone i libri utilizzando materiali di recupero tra cui una gondola, la Libreria Acqua Alta!”. Rudolf la cinse e stretti in un abbraccio saltellarono insieme dalla gioia. Rudolf e Artemisia tornarono nella stanza dove Krampus era ancora ancorato al muro, investito dalla luce — ma senza gettare ombra. Una mancanza che Rudolf registrò solo a metà, come un’informazione su cui la mente scivola via prima di afferrarla davvero. Si sedettero e cominciarono a discutere su cosa avrebbero trovato alla libreria. In quel momento, con passo felpato e quasi innaturale, Krampus si avvicinò al tavolo, ascoltando le deduzioni tratte dagli indizi che i due avevano elaborato mentre lui, forse apparentemente, dormiva sotto la luce flebile che entrava dalla finestra. Con un ghigno appena accennato piegò la testa di lato: “Se Santa ha davvero lasciato qualche segno dietro di sé – disse con voce piatta – non saranno certo quei tre… piccoli tocchi che usa fare a metterci sulla pista giusta”. Seguì un silenzio breve che parve eterno. Artemisia sollevò il volto, era consapevole di dove si trovasse così rivolse un battito di ciglia soltanto, ma sufficiente per lanciare un messaggio chiaro agli occhi di Rudolf. Un’intesa istantanea che riusciva a comunicare nel silenzio questa frase che pensavano entrambi: Krampus non poteva saperlo. Lui continuò, impassibile, giocherellando con uno dei dettagli ornamentali del suo bastone e disse: “Dobbiamo concentrarci su ciò che sappiamo davvero. Senza operare con gesti istintivi o privi di logica”. Quel tono colpì ulteriormente Rudolf e Artemisia, pareva che Krampus stesse ricordando qualcosa, Artemisia di colpo sentì una scossa alla schiena, un brivido risalì dalla base fino alla nuca. Krampus non poteva conoscere i tre tocchi a meno che non fosse stato presente quando Santa li eseguì o, addirittura, non li avesse fatti lui. Rudolf esordì: “Andiamo che il sole mangia le ore” Artemisia rise per questa parafrasi del detto veneziano e, approfittando di un momento in cui Krampus era intento in altro fece con le dita il segno di ok a Rudolf. Uscirono di casa, Elio ogni sei passi si girava verso Krampus, quella frase aveva lasciato un alone strano anche a lui. Si incamminarono in Corte Veniera, giunsero davanti all’osteria, dunque davanti alla barca di Luca, Rudolf sospirò e disse: “Ti troveremo fratello”. Subito dopo alzò lo sguardo e fu catturato dalla bellezza di Palazzo Tetta illuminato dal sole. “Un palazzo bagnato dall’acqua su tre lati, non sarà l’unico in città, ma questo tra i tanti ha un fascino davvero unico”. Rudolf proseguì: “E quelle persone che sbucano dal muro e guardano il canale dove sono?” Artemisia: “Quello è l’affaccio panoramico ottenuto con una scala composta di libri che, simbolicamente, si fanno gradini. Proprio lì alla libreria”. Rudolf accelerò il passo e, in men che non si dica erano arrivati. Entrarono, tanti, tantissimi turisti affollavano già alle prime ore del mattino quel luogo sospeso. C’erano libri, cartoline, gondole usate come scaffali, gatti, sì, anche gatti. Krampus, visibilmente in difficoltà in quegli spazi angusti, ad un tratto vide una poltrona, una sorta di trono, e disse: “Bene, qui han capito chi sono” e si sedette affatto interessato alla ricerca in corso. Rudolf e Artemisia proseguirono, si fecero largo tra i visitatori, lasciando Krampus sul suo “trono”. La libreria, con i suoi corridoi stretti e serpeggianti, pareva respirare. Ogni passo era un tuffo in un archivio vivente, un mosaico di storie sospese ma nonostante tutto, catalogate con cura. Giunsero nella stanza laterale dove, contro un vecchio portone color verde mare, era stata allestita una tavola di legno con cartoline appese tramite piccole mollette. Una sorta di mostra spontanea dedicata agli oggetti ritrovati. Rudolf si fermò di colpo. Non fu un gesto deciso, ma un rallentamento naturale, come se qualcosa gli avesse sfiorato la mente prima ancora degli occhi. Artemisia inclinò appena il capo percependo un’energia diversa: “Che succede?” Lui non rispose subito. Aveva visto quella cartolina appesa prima ancora di leggerla e di saperne la storia. Il rettangolo chiaro sul lato superiore, dove un francobollo era stato staccato con cura, gli aveva trafitto la mente. Si avvicinò. Artemisia, seguendo il suo silenzio, ne percepì l’intensità. Rudolf prese la cartolina tra le dita. Sul fronte, Betlemme in una stampa d’altri tempi. Sul retro, la calligrafia ordinata: “Ti mando un caro saluto da questi luoghi Santi. Spero di trovarti bene. Il mio viaggio sta proseguendo benissimo: partire da Roma per andare a Betlemme è stato un viaggio quasi metaforico, a ritroso, dall’Omega all’Alfa delle tradizioni cristiane.” Artemisia, attenta ai cambiamenti impercettibili del respiro, riconobbe quel tono di sospensione: “Rudolf… è qualcosa che conosci”. La voce gli uscì bassa, quasi incrinata. “Santa è passato di qui, la cartolina magari la trovò l’anno scorso. La stessa. Identica, me lo sento”. Un gatto bianco e rosso, appollaiato su una pila di volumi lì vicino, li osservava immobile, coda piegata come un punto interrogativo. Sotto la cartolina c’era un biglietto scritto a mano che recitava: “Ringraziamo il visitatore dalla barba bianca e folta che nel dicembre 2024, per proteggere questa dedica da lui scoperta, acquistò soltanto il francobollo staccandolo dalla cartolina. Grazie al suo gesto oggi possiamo ancora leggerla e provare le stesse emozioni che hanno coinvolto lui”. Rudolf trattenne il fiato. Era come se quel piccolo frammento di carta fosse un segno lasciato non solo da Santa, ma dal mondo stesso: un filo sottile che resisteva al tempo, alle tempeste e persino alle ombre che parevano allungarsi sul Natale. Artemisia sfiorò il bordo del pannello. “Sono parole gentili, calde e rare. Se Santa ha toccato questa cartolina… allora forse siamo più vicini a lui di quanto pensiamo, è un segno”. Rudolf sussurrò “Sì” lentamente. Per la prima volta da giorni, sentì una certezza semplice, limpida: Santa non era un’eco lontana, ma il riverbero lieve di una grande onda. Era passato da lì. E aveva lasciato tracce di sé per avrebbe saputo vedere — o riconoscere. Alle loro spalle, il gatto miagolò piano, come se avesse appena confermato qualcosa che nessuno aveva chiesto. Rudolf rimise la cartolina al suo posto con un gesto misurato, quasi rituale. Poi guardò Artemisia: “Andiamo avanti. Santa sta parlando ancora tra queste mura. Dobbiamo solo ascoltare”. Fu in quel momento che il gatto, con un balzo, tentò, apparentemente, di graffiare Rudolf che si girò e disse: “Hey hey micio, che ti ho fatto?” Elio si scocciò e si allontanò per non litigare con l’altro quadrupede, che di nuovo tentò di attirare l’attenzione di Rudolf: “Ok dai, provo a seguirti dato quanto insisti”. Sinuoso ed elegante si fece cicerone, di scaffale in scaffale, di stanza in stanza. D’un tratto si fermò. Era una stanzina piccola, quasi un vicolo cieco che però godeva di una luce strana, calda e intensa. Artemisia: “Rudolf, in questo anfratto sento un’energia incredibile” e lui: “Artemisia, il gatto non voleva graffiarmi, in questa stanza c’è un luminæon che, colpito dai raggi del sole, si esalta”. Rudolf prese la sfera e la mise nella sua sacca di juta con le altre, certo l’aveva lasciata lì Santa, sicuramente, ma a questo punto per non sentirsi totalmente dei ladri scelsero di acquistare dei libri e lasciare una generosa mancia a favore del mantenimento dei gatti. Una volta in cassa si unì loro anche Krampus, Artemisia prese Elio in braccio per preservarlo da schiacciamenti fortuiti e Rudolf pagò tre libri con Artemisia che curiosa chiese: “Cos’hai comprato?” e lui: “Una guida su Venezia, un ricettario italiano e, non meno importante, un manuale sull’autostima e la trasformazione dei sensi di colpa in energia positiva”. Mantenendo il suo ormai consueto silenzio, Krampus si fermò improvvisamente sedendosi, quasi in segno di ribellione, sopra la carriola dei libri posta da anni fuori dalla libreria. Assunse un’aria concentrata e, sollevando la mano sopra una mappa della laguna, tracciò tre tocchi nell’aria, identici a quelli che Santa aveva tracciato tempo prima. Un fremito attraversò la calle; Krampus a quel punto fece altri tre tocchi, più misurati, su un punto preciso di una mappa della laguna. Il buio si accese per un istante, poi lui scomparve in un lampo e della mappa non rimasero che le ceneri, bruciò. Non lasciò traccia se non un’eco sospesa, un respiro interrotto, un urlo soffocato in gola. Artemisia, Elio e Rudolf rimasero esterrefatti: nessuno avrebbe osato fiatare. Qualcosa di oscuro si era rivelato nella sua vera natura ed era appena passato oltre, chissà verso dove, dopo essere stato a lungo uno di loro.


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