“Chi ha rapito Santa Claus?” 18 Dicembre – Ritorno a Castello 

"Chi ha rapito Santa Claus?" - cover by Trarealtaesogno

18 Dicembre – Ritorno a Castello 

Schabmänner in azione

Patty aveva ormai colto il meccanismo: ogni volta che gli sfilava il cappuccio, qualcosa nell’oscurità si agitava, come se l’Ombra, custode di quel luogo, impartisse un ordine che altri avrebbero dovuto eseguire per lei; non poteva toccare Santa, solo comandare, era un’ombra in fondo. Lui, a bassa voce: “Patty… hey Patty, posso chiederti una cosa? La tua risposta potrebbe aiutarci tutti più di quanto immagini”. Lei tornò su, da terra alla sua spalla destra, e sussurrò: “Dimmi, sarei felicissima di poterti aiutare”. “Patty, prova a farmi capire, chi ti impedisce di farmi togliere questo cappuccio e me lo rimette ogni volta?”. “Ma io non saprei… nel senso che li vedo da sempre, ma mai distintamente, sono goffi e strani”. “Strani… in che senso?”. Con uno sforzo di coraggio: “Hai presente una scopa di saggina?”. “Sì, ovvio, puliamo sempre anche al Polo Nord sai?”. “Era una domanda discorsiva, non fare il permaloso… davvero, sono sorte di scope di saggina con le braccia”. Santa si illuminò come un plenilunio nella notte polare: “Schabmänner! Patty, dimmi: si muovono a scatti? Sono maldestri e apparentemente stupidi, muovendosi in maniera molto rumorosa?”. “Sì! Proprio così!”. “E dimmi, si agitano, barcollano, fanno le cose dando l’impressione di dimenticarsene mentre le fanno?”. “Esatto! Sai chi sono?”. “Sì, tutto torna: l’Ombra li comanda, loro eseguono, e male… forse senza avere idea di ciò che fanno davvero”. Santa: “Oggi è un giorno fortunato!” Dal buio del corridoio si udirono dei rumori, gli stessi di una scopa che spazza il pavimento, emerse il contorno indefinito ma riconoscibile di uno Schabmänner. Patty spostò con un colpo di anche la lanterna che ora lo illuminava a brevi tratti: corpo di scopa, braccia lunghe e sottili che oscillavano in maniera goffa, occhi minuscoli che lampeggiavano come lumicini impazziti. Ad ogni passo produceva un scricchiolio legnoso e un fruscio di setole “scrish-scrash” che parevano applaudire da sole ad ogni movimento. Giunto lì quasi perse l’equilibrio, facendo roteare le braccia come se stesse danzando in una coreografia assurda. La Schabmänner, senza accorgersene, urtò una piccola levetta nascosta vicino a un pilastro: un lieve clic fece scattare una catena verso il basso, a poche decine di centimetri dalla testa di Santa, facendola oscillare lentamente come un pendolo che danzava nell’aria. L’ombra che vegliava sulla sala da lontano, apatica e disinteressata, si mosse appena, ma nessuno ancora seppe cosa significasse. Patty scivolò indietro, ridendo nervosamente:  “Oh… oh no… guarda come cammina… non si può proprio vedere!” Santa, invece, osservava con attenzione, cercando di carpire ogni possibile dettaglio da quegli istanti. La Schabmänner, ignara di quanto avesse fatto con quella catena, continuò a sbattere oggetti e inciampare, producendo rumore costante e disordinato che fece risuonare echi buffi tra le pareti della prigione. Arrivò infine il momento, la Schabmänner arrivò davanti a Santa, lui seduto stavolta riusciva a guardarla, vederla, distinguerla. Questa alzò il suo sguardo decisamente poco sveglio e precipitò negli occhi di Santa che le si rivolse così: “Ma ciao Schabmänner! Mi volevi rimettere quello?” Guardando verso il cappuccio per terra. Ciò che ne seguì non si sarebbe potuto vedere nemmeno sommando tutte le scene più trash dei film comici. Una danza delirante affatto dotata di equilibrio. Santa: “Tutto questo trambusto per un cappuccio… se solo avessero un briciolo di cervello, sarebbe stato più semplice che bere un bicchiere d’acqua!” Patty scivolò giù verso il muro, intuendo di doversi nascondere, l’Ombra bofonchiò dalla sala in cui si era ritirata fidandosi, ingenuamente, di quelle scope senza cervello. Arrivata all’ingresso della cella impartì ad altre quattro Schabmänner di porre rimedio e ricoprire con il cappuccio Santa: “Agite, stolte… Sempre a inciampare. Se potessi… non avrei bisogno di nessuna di voi. Prima lo terrei incappucciato come si deve… e poi mi assicurerei che imparaste la lezione. Una alla volta, ma per vostra fortuna come ombra non posso agire.” rise grottescamente. L’Ombra, distesa lungo il muro in un’oscillazione sinuosa, proiettò per un istante una forma luminosa alla sorgente: qualcosa di appuntito e fragile tremolava sulla parete. Santa rabbrividì, come se un ricordo antico cercasse di riaffiorare, senza riuscire a identificarlo del tutto.: la forma, il tremolio… un ricordo antico cercava di riaffiorare, qualcosa che lo riportava a un’ombra che un tempo aveva incrociato. Stringendo leggermente le mani, sussurrò tra sé e sé: “L’Ombra ordina, ma tutto il resto è affidato a queste scope impazzite…”. Santa venne così incappucciato nuovamente, l’ombra si allontanò sinuosa e quelle scope impazzite uscirono caracollando dalla cella. Patty fece capolino da una fessura sul muro a mezza altezza e disse: “Via libera!” Si precipitò dunque giù attraverso percorsi che solo lei conosceva e, giunta innanzi la punta delle calzature di Santa, cominciò la risalita fino alla nuca di Santa, cominciò a tirare e… “Libero!” Squittì esultante. Lei tornò davanti a lui, altezza ginocchio, lo osservava nel suo sembrare meditabondo e gli disse: “Hai tutta l’aria di qualcuno che ha visto una che gli è rimasta impressa nel subconscio” e Santa: “Brava! L’Ombra prima ha detto o fatto qualcosa che mi si è instillato nelle ossa, qualcosa che non mi giunge come nuovo… la mia anima ora sa più di quanto lascia intravedere”. Nel frattempo Rudolf e gli altri erano risaliti a bordo della Santa. Poco prima della partenza, precisamente nel momento in cui a Santa venne sfilato per la seconda volta il cappuccio, gli Umbræon e i Luminæon vibrarono distintamente, dando l’impressione di compensare tramite la loro prossimità le rispettive energie. Contemporaneamente, mentre Luca slegava gli ormeggi, nelle acque appena sotto il Ponte di Vigo ecco palesarsi il volto oscuro, quello dello specchio, quello che aveva distrutto la sanpierota di Luca, le acque cominciarono a muoversi spumeggianti e scure. Rudolf: “Che succede?” e Luca, indicando le acque con l’indice destro proteso: “Lì”. Accorsero tutti a poppa per osservare, capire, difendere. Fortunatamente non fu necessario, il volto parve farsi preoccupato, adirato e, infine, distratto. Si affievolirono tutti i fenomeni e, com’era dal nulla apparso, nel nulla sparì. Il merito? Di Santa e Patty, che, inconsapevolmente, privando il primo del cappuccio e grazie all’inefficenza delle Schabmänner costrinsero il volto dell’ombra a tornare dal suo proprietario. L’ombra a guardia di Santa. Patty scese dalle sue gambe, Santa ne osservava l’ombra minuta a terra e, ridacchiando ebbe modo di riflettere su quanta intelligenza ed empatia serbasse quella creaturina. Patty lo guardò e disse: “Hey, che succede? Stai male? Ti sei fatto serissimo” e lui, con una luce nuova negli occhi e una voce che, per determinazione e forza ricordava quella che avremmo attribuito ad un gladiatore del Colosseo: “Patty, cara Patty, sono i dettagli a fare la differenza, sappi solo che in questo momento sono certo di conoscere l’identità del mio rapitore”. La topolina fu travolta da una variegata quantità di emozioni: pianse, fu felice, ma anche emozionata e triste, perché se lui fosse riuscito a liberarsi era consapevole che lo avrebbe perso per sempre. Nel frattempo a bordo della “Santa”, la barca ancora nei pressi del Ponte di Vigo, Rudolf osservò l’acqua tornare calma, ma non senza fidarsi di quella calma e silenzio che riteneva apparenti. Disse: “È finita qui… solo per ora. Ritorniamo a Castello, riposiamoci e facciamo il punto della situazione”.

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