“Chi ha rapito Santa Claus?” 1 Dicembre – Brivido al Polo Nord

"Chi ha rapito Santa Claus?" - cover by Trarealtaesogno

1 Dicembre – Brivido al Polo Nord

Rudolf umanizzato con lo sguardo perso e triste

Un brivido oscuro e improvviso attraversò Rudolf dalle corna alla coda. Pareva una freccia di ghiaccio che gli trapassava l’anima. Il respiro sospeso: ancora bloccato a quell’istante, nel cuore di Venezia, in cui lui e Santa avevano salvato il Natale. Ora, dopo quasi un anno di letargo che pareva un oblio, qualcosa era cambiato. Trovò il coraggio di aprire gli occhi. Guardò fuori dalla finestra della stalla: la neve cadeva copiosa e furiosa — una vera bufera. Sbuffi gelidi filtravano tra le assi di legno. Solo allora un fulmine interiore lo colpì: Santa non era lì. Era la prima volta, da millenni, che non lo vedeva apparire in quel preciso momento in cui solitamente cominciavano i preparativi. Certo, anche l’anno prima non si era presentato la mattina del 1° dicembre per una riparazione della slitta, ma questa volta era diverso. Per due motivi. Non aveva avvisato. E, soprattutto, non si percepiva la sua energia nell’aria. Scattò in piedi. Una scintilla nella mente: un flashback che era più di un ricordo, quasi una sensazione. Chiuse gli occhi e rivide la lanterna sul pozzo a Venezia, spegnersi lentamente. A seguire, nitido, il vuoto: Santa non era mai tornato da quella calle resa oscura dallo spegnersi di quell’oggetto potentissimo. Circa, Rudolf, si era fermato a salutare i due bambini — i gemelli — che con la loro generosità avevano, senza saperlo, salvato la luce del Natale. La renna, stoicamente, cercò di trattenere l’ansia e, prima di lanciare l’allarme, decise di cercare Santa laddove la cosa non avrebbe destato sospetti. Partì dal Salone dei Sussurri, un’antica sala dove gli elfi, tendendo le loro orecchie verso le spesse pareti ghiacciate, potevano captare e trascrivere con macchine da scrivere meccaniche i desideri dei fanciulli di tutto il mondo. Santa non c’era. Gli Elfi, nemmeno. Fu così che Rudolf si spostò altrove, borbottando contro sè stesso di non averci pensato prima, andò nel garage delle slitte di Santa e, poggiata una zampa sulla parete lungo un’asse di legno scheggiata, si aprì un cassetto segreto. “Eccola” sussurrò Rudolf prendendola tra le zampe, investito da quella magia arcana assunse una forma umana, cosa che accadeva solo in rarissimi casi. Prese tra le mani l’oggetto custodito nel vano segreto e sospirò stizzito. La bussola che indicava sempre dove si trovasse Santa stava girando all’impazzata in ogni direzione. A quel punto Rudolf alzò lo sguardo verso l’appendiabiti in cui, per tutto il periodo di riposo, veniva agganciata la tunica di Santa, era vuoto! “Step successivo” disse come autoesortazione, aprì lo schedario magico delle partenze e degli arrivi, riportava solo “Laguna Veneta 2024” in partenze, con la sfilza di località visitate, ma non vi era  nessun ritorno. Corse così verso l’Astrolabio del Natale, ma anche lì l’ultimo movimento registrato era proprio quello di arrivo a Venezia, seguito dai movimenti in loco. Posò dunque l’astrolabio, il fiato si era fatto corto e tremavano i polsi. Non era paura, ora era panico. Santa non aveva fatto ritorno, un vuoto così perfetto non trova spazio nella casualità. La nostra renna preferita dunque si decise, uscì fuori nella tormenta e, come colto da una repentina ispirazione, si diresse verso il “Deposito dei doni reietti”. La porta, altissima, si apriva verso l’esterno, ma la tanta, tantissima neve la bloccava. Fu così che Rudolf sbuffò, fortissimo, per un istante si ripulirono arie e cielo, spalancò quella porta ed entrò. Le scatole dei regali non accettati, piene di magia non corrisposta, fecero di tutto per attirare la sua attenzione. Dovete sapere che non vi è nulla di più triste nell’universo di un dono natalizio rifiutato. Tra sussurri, singhiozzi e versi di disperazione, Rudolf fu attirato da una scatola semplice, bordeaux e coperta di polvere oltre ogni immaginazione, Rudolf soffiò via la polvere e, sul biglietto lesse: “A Rudolf, testimone instancabile della magia del Natale, quando nessuno osava più crederci”. La renna sbiancò, non aveva mai rifiutato un regalo, era un peccato morale per gli umani, figuriamoci per chi aveva la riuscita del Natale tra gli scopi vitali. Proseguì a guardare quel biglietto cercando una firma o un indizio, lo aprì, vi era una lettera seguita da un punto come ad indicare l’iniziale di un nome, ormai indecifrabile. A quel punto poco importava il mittente, bisognava capire il contenuto. Scartò con cura e attenzione, poi, scoperchiò la scatola e… “Una bussola?!” esclamò. Anche questa girava, pazza come l’altra, ma, una volta presa in mano si fermò di scatto indicando una zona precisa: il “Magazzino delle Creature Dimenticate”, per raggiungerlo andava attraversato il Corridoio delle lanterne di Natale, che come per magia, di Natale in Natale si allungava sempre di più, rendendo sempre più lontane nella memoria collettiva quelle creature, per l’appunto, dimenticate. Man mano che Rudolf percorreva il corridoio le lanterne al suo fianco si accendevano, quelle che lo precedevano si destavano e quelle alle sue spalle si sopivano. Era tanto spettrale quanto aulico ed affascinante. Al termine, una soglia spalancata sul cui stipite campeggiava un cartello: “non serve proteggere ciò che nessuno cerca più”. Rudolf ne varcò la soglia e gli occhi si posarono dapprima su vecchi pupazzi, poi su cavalli a dondolo, trenini elettrici, palloni bucati, bambole sgualcite, c’era anche la prima ruota dell’umanitá. In fondo a tutto questo oblio, su di un trono di lego sbiaditi, ecco un Teddy Ruxpin con un bottone giallo al posto di un occhio e una benda da pirata sull’altro guardarlo e dire, con voce rauca e spezzettata: “Qui è transitato, non colui che cerchi, non la luce, ma il buio, nella sua massima espressione”. Rudolf reagì e rispose: “Chi?” E il peluche: “Si tratta diiiiiiii…” ne seguì un suono metallico, poi uno sfrigolio, infine, il tipico suono di una cosa che, esaurita la sua energia vitale, cede al suo inesorabile declino. Rudolf scalciò arrabbiatissimo, vicino forse alla soluzione, ormai perduta. Quella rabbia però diede vita ad un miracolo. Tutte le lanterne si accesero, un’onda di luce camminò in quel corridoio attraversato poco prima, tutte tranne una, vicinissima. La renna corse verso di lì, rincorsa con lentezza da alcune creature speranzose in un’uscita dall’oblio, invano. Chiuse la porta, si affrettó e prese in mano quella lanterna, l’ultima. Quella del Natale appena passato, una copia identica, gemella, di quella usata a Venezia. Avvicinandola al suo viso vide che non era proprio spenta, ma emanava ancora una fioca luce. Portandola innanzi all’occhio ecco, come una proiezione di ombre cinesi, la scena che nessuno aveva visto, tranne la lanterna veneziana. Fu così, con l’ultima scintilla, che Rudolf potè vedere una calle Veneziana, quella in cui si era incamminato Santa e poi, repentino, un sacco intessuto con un materiale oscuro ed inconfondibile, quello ottenuto mescolando del filo delle ragnatele della stanza delle creature dimenticate intinte in un composto di vantablack (=uno dei materiali più scuri mai creati dall’uomo) che lo inghiottiva. Infine, una scritta alchemica sul muro vicino: Ῥούντολφος ζητεῖ τὴν Ἀρτεμισίαν “ma questo è greco antico e significa: Rudolf cerca Artemisia!” urlò la renna traducendo letteralmente. Santa dunque sapeva che stava accadendo qualcosa di malvagio e aveva usato l’ultimo barlume di magia per lanciare un messaggio per il suo amico più fidato: Rudolf appunto. Era il momento di agire. “Santa, non so chi sia Artemisia, ma col suo aiuto ti troverò!” la sua promessa, mentre una lacrima percorse il suo volto.

Corridoio delle lanterne di Natale

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