“Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” – 20 Dicembre – Isola della Giudecca 

"Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce" - cover by Trarealtaesogno

20 Dicembre – Isola della Giudecca

Santa aveva recepito di doversi spostare, ma nel chiedere ai veneziani come raggiungere il luogo, restò stupito dal fatto che dovette vagare per almeno due ore nell’area di Riva degli Schiavoni. Innanzi vedeva l’isola di San Giorgio, poco lontano, e, seguendo la riva su cui camminava avanti e indietro, il campanile di San Marco. Nessun veneziano, purtroppo, gli seppe parlare di quel giardino che, forse colpevolmente, per ignoranza, aveva immaginato come il classico giardino pubblico. Ad un certo punto incontrò un turista tedesco e, nonostante gli scarsi risultati con i residenti, si fece forza e provò a chiedergli:
“Scusi un’informazione, sa mica dove si trova e come si raggiunge il giardino Hundertwasser?” La risposta che ricevette lo colse ancora più di sorpresa. Quell’uomo, alto almeno 1,85 m, con capelli biondi e lunghi, baffo anni ’80 e di età intorno ai cinquant’anni, disse: “Certo che so dove si trova, ma è impossibile visitarlo: per volontà del proprietario, è un luogo dove la natura regna incontrastata, chiuso al pubblico. Si trova vicino al Redentore, e puoi ammirarne il cancello d’ingresso all’inizio di un ponte privato, oppure osservare il muro di recinzione lungo il canale. È situato sull’isola della Giudecca; puoi scendere alle fermate delle Zitelle o del Redentore e chiedere indicazioni per raggiungere la Fondamenta Rio Croce.” Santa sembrò cadere dalle nuvole, ma non si diede per vinto. Così si imbarcò sul primo vaporetto diretto alla Giudecca, deciso a superare questo nuovo piccolo inconveniente. Una volta a bordo si accorse che vi era una fermata intermedia che permetteva di visitare la chiesa di San Giorgio. Decise di scendere, incuriosito da quella che poteva essere la vista di cui si poteva godere da quell’isola nella direzione di San Marco. Santa entrò nella chiesa, rimanendo stupefatto dalle opere d’arte esposte nelle varie cappelle laterali piuttosto che intorno o dietro l’altare maggiore. Si lasciò incuriosire poi da un cartello che indicava la possibilità di visitare la torre campanaria tramite un pratico ascensore. Un servizio a pagamento, vero, ma quando gli sarebbe capitato di passare di lì nuovamente? Probabilmente mai! Decise così di investire quella modesta cifra e salire. Come un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria famosa, prima attese, poi si affacciò, portando il naso all’insù fino a poter godere della stessa prospettiva di Venezia di cui godevano le campane della torre. Si girò verso sud-est, distinguendo nettamente buona parte delle isole che aveva visitato o in cui addirittura aveva pernottato. Poi guardò verso Piazza San Marco, verso nord, e lì il suo cuore impazzì. La piazza, il campanile, il grande albero di Natale, Palazzo Ducale: tutto appariva piccolo e bellissimo. La torre era stranamente povera di turisti. Vero che il campanile di San Marco è decisamente più famoso, ma ci doveva essere un’altra spiegazione. D’un tratto, con movimento inizialmente furtivo e poi sempre più sontuoso, le campane cominciarono a suonare a festa: un frastuono impressionante che a malapena risultava tollerabile all’udito, anche coprendosi le orecchie con le mani. Santa rise di gusto, capendo che, oltre alla preferenza per San Marco, un altro motivo dello scarso afflusso di persone era l’orario dei rintocchi delle campane. Rise, rise tantissimo, sentendosi goffo e sprovveduto come poche volte in vita sua. Le campane si placarono e Santa scese in ascensore, alquanto frastornato. Ora c’era una lunga coda per salire, ma anche aver udito le campane da vicino rimaneva un’esperienza da raccontare. Uscì dalla basilica e godette ancora una volta del paesaggio fiabesco che pareva, per colori e fascino, figlio del genio del Canaletto. Camminò poi verso la fermata del vaporetto, appena pochi metri più a sinistra dell’uscita della chiesa. Giusto il tempo di salire, ed ecco la fermata Zitelle che, come confermato dal marinaio, lo avrebbe condotto nelle vicinanze della zona da lui ambita. Camminò lungo Fondamenta Croce, una sorta di “boulevard pedonale” fronte laguna, che da un lato aveva le case, dall’altro l’acqua smeraldina veneziana che incorniciava Punta della Dogana, Piazza San Marco e tutta la meraviglia circostante. Al “Ponte della Croce”, un sottile ponte ad arcata unica, si fermò e guardò verso sinistra, scoprendo un carcere femminile. Dall’esterno, l’edificio aveva ancora l’aspetto di un antico monastero, ma ciò che colpì fu la scena struggente alla soglia: un uomo abbracciava una donna, probabilmente di ritorno da un permesso premio. Entrambi singhiozzavano piano, promettendosi di rivedersi il prima possibile. Santa fu invaso da un grigiore profondo. Ignorando la loro storia, evitò di giudicare, ma rimase a riflettere sul dolore che accompagna chi vive dietro le sbarre o chi, da fuori, deve affrontare quel distacco carico di sofferenza. Mosse qualche passo e, sul classico nizioleto veneziano, lesse: “Ramo Campiello al Rio della Croce”. Entrò curioso: una curva a destra, una a sinistra, ed ecco che il “Ramo” era diventato una Fondamenta, ovvero una strada che costeggiava le acque, in questo caso il Rio della Croce. Su quel lato del canale erano ormeggiate una trentina di piccole barche, probabilmente appartenenti a residenti che le usavano per piccoli spostamenti, per lavoro o per la pesca lagunare. Alla fine di queste, eccolo: un piccolo ponte privato protetto da un cancello, con balaustre in ferro pensate per renderlo invalicabile. A rendere il contesto ancor più minaccioso, una delle quattro torri perimetrali del carcere che, dalla sommità di un muro rosa, avrebbe permesso alle guardie di presidiare l’intera zona. Santa, scoraggiato, fece qualche passo avanti, ma la riva su cui si trovava era cieca sul fondo, permettendo solo di scorgere come la natura, all’interno del giardino segreto, avesse preso il sopravvento sugli edifici e sugli elementi architettonici, in pieno accordo con la volontà testamentaria del proprietario. La casa, vista dall’esterno, rivelava uno stile inconfondibilmente veneziano: finestre sbarrate al pianterreno si alternavano tra piccole ovali e grandi rettangolari balconate, adornate con balaustre in marmo bianco. Poco più in là, un patio quadrangolare con doppie arcate su ogni lato. Tutto sembrava preannunciare un fascino celato, inafferrabile a qualsiasi sguardo esterno. Un anziano si avvicinò. Giunto accanto a Santa, lo squadrò da capo a piedi e disse:
“Eh, lo sai, quel giardino della villa di Hundertwasser qui alla Giudecca… è chiuso al pubblico da decenni, da quando lui, l’artista, comprò quella casa. Ci fece un po’ quello che voleva, lui. Non volle mai che nessuno ci entrasse. Il giardino? Lo lasciò incolto, senza toccarlo. Diceva che la natura doveva essere lasciata libera di fare come voleva, senza che l’uomo ci mettesse mano. Non è come quei giardini ben curati delle altre case, niente di tutto ciò. No, quello era un posto suo, privato, dove poteva stare in pace con la natura. E così è rimasto: tutto chiuso e lontano dagli occhi della gente. A me pare un grande, grandissimo spreco, ma di vederlo non se ne parla. Bah!” E così com’era apparso, l’anziano se ne andò, sacchetto dell’immondizia in mano, per la sua strada. Santa sapeva che c’era un solo modo per entrare. Si era ripromesso di non usare magia eclatante durante questa missione, ma, in fondo, questa rimaneva l’unica opzione per visitare quel giardino segreto. Si guardò intorno, come chi è pronto a rubare i gioielli della corona, poi, con un guizzo, compiendo una piroetta velocissima, scavalcò il canale e raggiunse la sommità di un comignolo lungo la recinzione della villa. Era un uomo corpulento, ma la magia lo rendeva fluido e dinamico. Con incantevole agilità e leggerezza, in un istante scese attraverso il pervio passaggio, solitamente percorso in su dai fumi, balzando infine in piedi sulla pavimentazione in legno scuro che faceva da basamento a un camino. Era dentro. I suoi occhi si posavano su ciò che era rimasto segreto, godendo intimamente del genio solitario di un artista che aveva voluto lasciare la natura libera di esprimersi. Il giardino appariva sapientemente incolto, di un fascino raro, capace di suscitare un’impressione simile a quella della savana, dove la natura regna sovrana in tutta la sua bellezza incontaminata. Su un’incisione Santa poté leggere: “Giardino Eden”. Un nome affascinante e appropriato. Era un peccato che nessuno potesse ammirarlo; sarebbe stato sicuramente una gemma per Venezia poterlo annoverare tra i capolavori visitabili. Anche nel suo stato di totale resa alla natura, però, rimaneva bellissimo. A chi non fosse dotato di poteri particolari, non restava che il più importante tra tutti: l’immaginazione. Questa permette, a grandi e piccini, di disegnare nella propria mente un diverso e perfetto Giardino Eden. Santa esplorò tra vegetazioni autentiche e natura selvaggia, muovendosi in lungo e in largo, curiosando tra elementi architettonici di ispirazione classica e altri tipicamente veneziani. A un certo punto alzò la testa: qualcosa stava sfiorando la sua chioma color zucchero. Si rese conto che un rametto di vischio pendeva da un ramo sporgente di un grande albero. È risaputo che il vischio sia una specie adattabile, che cresce spesso come parassita su querce o meli, decorandoli con fiori, bacche e tante, tantissime foglie sempreverdi, minute e ovaleggianti. Santa mormorò tra sé: “Gli umani si baciano sotto questo arbusto, inneggiando all’amore. Potrebbe essere davvero un buon auspicio. Ne colgo un rametto tra quelli caduti, in segno di fortuna.” Lo ripose nella sacca, con tutta l’attenzione che si deve a qualcosa di fragile e prezioso. Dopodiché si riavvicinò al camino e compì a ritroso la magia usata per entrare. In un balzo, impercettibile per chiunque, si ritrovò sulle rive della Fondamenta da cui era partito. Alle sue spalle, vide l’anziano di prima, rientrato con il sacchetto in mano. Sentendolo alle spalle, l’uomo si girò spaventato, senza capire da dove fosse sbucato quell’individuo, che poco prima sembrava non essere lì. “Bah, questi turisti non li capirò mai,” esclamò. E, borbottando, proseguì per la sua strada. Santa tornò sulle rive che si affacciavano su Piazza San Marco e Punta della Dogana. Svoltò a sinistra e raggiunse la celeberrima chiesa del Redentore, una delle più importanti per i veneziani. Fu eretta in memoria della liberazione dalla peste, durata due anni e scoppiata in forma epidemica nel 1575. Vi entrò per scoprirne l’interno e, al contempo, recitare una preghiera. Nello stile ricordava la chiesa di San Giorgio, distinguendosi più per l’esterno che per l’interno. Santa si ritirò, inginocchiandosi su una panca di legno non lontana dall’altare maggiore. Supplicò assistenza e supporto per la sua missione, confidando nella buona riuscita. Quando uscì, si sentì più leggero, come se un peso gli fosse stato tolto dal cuore. Sulla soglia della chiesa, il suo sguardo si posò sull’orizzonte. Decise che avrebbe preso il vaporetto per attraversare il canale: la curiosità di esplorare Punta della Dogana e la Fondamenta delle Zattere lo attirava irresistibilmente. Immaginava già quella passeggiata tranquilla lungo la boulevard che correva parallela alla Giudecca, un percorso che sembrava promettere nuove emozioni e riflessioni.

A domani con un nuovo capitolo!

Ingredienti della Luce raccolti finora: Acqua del fiume Piave, Acqua agrodolce della foce del Sile, fango in scatola, frammento del Ponte del Diavolo, intonaco color cielo, rametto di vitigno, stelo di carciofo, bastoncini di liquirizia amarissimi, piume di gufo, candela consumata, pignette di cipresso, ceneri d legno di tasso, guscio di murice spinoso “garusolo” con ali nere dipinte dal pittore, legno resiliente levigato dal mare, fiore viola selvatico centarurea, rete sgualcita con galleggiante di sughero, cristallo di sale marino, rametto spinoso del roseto, intonaco cuore di melusina in ampolla, rametto di vischio.

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I capitoli e le date di uscita:

01 Dicembre – Santa Maria di Piave

02 Dicembre – Foce del Sile

03 Dicembre – Lio Piccolo

04 Dicembre – Isola di Torcello

05 Dicembre – Isola di Burano

06 Dicembre – Isola di Mazzorbo

07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo

08 Dicembre – Isola delle Vignole

09 Dicembre – Isola della Certosa

10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto

11 Dicembre – Isola di Poveglia

12 Dicembre – Località Malamocco

13 Dicembre – San Pietro in Volta

14 Dicembre – Pellestrina

15 Dicembre – Cà Roman

16 Dicembre – Chioggia

17 Dicembre – Sottomarina

18 Dicembre – Isola di San Lazzaro degli Armeni

19 Dicembre – Sestiere Castello

20 Dicembre – Isola della Giudecca

21 Dicembre – Sestiere Dorsoduro

22 Dicembre – Sestiere San Polo

23 Dicembre – Sestieri San Polo, San Marco e Castello

24 Dicembre – Sestiere di San Marco

25 Dicembre – Sestiere Castello


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