I Segreti di Venezia: Il Banco del Giro, la moneta che non si vede – San Polo

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. Più volte abbiamo attraversato insieme calli e sotoporteghi inseguendo echi di voci lontane: fantasmi di eroi garibaldini a Castello, pietre che ricordano la peste, amori nati tra maree e silenzi, ma oggi torniamo al cuore pulsante della città antica, là dove la ricchezza non si contava in monete tintinnanti ma in scritture di fiducia: li dove una chiesa può essere “divorata” dalle case.

Tra il mercato e il Canal Grande, il respiro del Bancogiro

Siamo a Rialto, nel luogo dove Venezia inventò la moneta che non si vede, e dove il denaro cominciò a viaggiare per “giro” — da un nome all’altro, senza mai lasciare la carta. Tra il profumo del pesce appena sbarcato nel vicino mercato e il vociare dei mercanti, nacque qui il Banco del Giro, l’istituzione che trasformò per sempre il modo di commerciare nel Mediterraneo.

Sotoportego del Bancogiro: il cuore invisibile dei pagamenti veneziani

Sotto le arcate che collegano il mercato di Rialto al Campo di San Giacometto, a pochi passi dal famoso “Gobbo”, ancora oggi sopravvive un nome inciso nella pietra: Sotoportego del Banco Giro. In questo spazio, dove il brusio del mercato si mescolava al suono delle monete e dei passi dei mercanti, si trovava il banco pubblico istituito dalla Serenissima nel 1619. Il toponimo non è un semplice ricordo: è una traccia viva del primo sistema bancario di Stato veneziano, dove il denaro non circolava fisicamente, ma “girava” da un conto all’altro.
Le arcate, un tempo presidiate da banchieri e notai, rappresentavano il confine tra il commercio materiale del mercato e quello immateriale del credito — il luogo in cui la fiducia diventava moneta.

Dal Banco della Piazza al Banco del Giro: nascita di una banca pubblica

Già dal 1587, nel cuore di Rialto, funzionava il Banco della Piazza di Rialto, istituito per regolare i pagamenti dei mercanti che animavano la più grande piazza commerciale del Mediterraneo. Nel 1619, la Serenissima fondò il Banco del Giro, con un’innovazione: un sistema di trasferimento contabile interno, senza necessità di spostare denaro contante.
Giro” significava appunto il passaggio da un conto a un altro mediante semplice registrazione. Il banco nasceva in un’epoca in cui Venezia, pur avendo perso parte della potenza marittima, restava un centro finanziario cruciale, dove il denaro assumeva la forma di scrittura e fiducia — anticipando concetti moderni come il bonifico o il conto corrente.

sotorpotego del banco giro naranzaria rialto

La moneta che non si vede: il credito come architettura della fiducia

Il Banco del Giro non prestava denaro come una banca privata: custodiva depositi e registrava passaggi di credito. Ogni trasferimento avveniva “per scrittura”, senza oro né argento, riducendo i rischi di furti e fluttuazioni. Era un sistema di pagamento pubblico, garantito dallo Stato veneziano, che offriva sicurezza e rapidità alle transazioni tra mercanti.
La “moneta di banco” divenne un riferimento di stabilità e fiducia, tanto che gli scambi internazionali la accettavano come garanzia. Nel Sotoportego del Bancogiro, ogni mattina, si incontravano commercianti greci, tedeschi, levantini e veneziani per regolare affari che andavano ben oltre la laguna: un microcosmo di economia globale ante litteram.

Il Banco del Giro e i “Banchi” del Ghetto: due anime del credito veneziano

Mentre il Banco del Giro operava sotto la tutela dello Stato, nel Ghetto di Venezia agivano i cosiddetti banchi ebraici, concessi in gestione a famiglie israelitiche con funzioni di credito su pegno.
Questi banchi erano distinti da tre colori simbolici: Banco Verde e Banco Nero, istituzioni successive o collegate a diversi gruppi familiari, anch’essi operanti nel sistema del pegno.
I colori derivavano dalle insegne dipinte sulle porte dei banchi, e non da motivazioni religiose o etniche. Il Banco del Giro rappresentava invece la fiducia dei grandi commercianti, regolato dal Senato e pensato per la circolazione dei capitali tra Stati e mercanti;
i Banchi del Ghetto servivano le classi medie e popolari, fornendo liquidità immediata. Due mondi opposti ma complementari: uno fondato sulla scrittura contabile, l’altro sull’oggetto realedue forme diverse della stessa necessità economica.
Il Banco Rosso infine, il più antico (attivo dal XVI secolo), era legato al quartiere di Cannaregio, nel cuore del Ghetto Ebraico Veneziano, dove si accedeva per ottenere piccoli prestiti garantiti da oggetti.

sotorpotego del banco giro osteria rialto
Screenshot

Dal fasto alla chiusura: la fine della moneta di banco

Nel 1637 il Banco della Piazza di Rialto chiuse definitivamente, assorbito dal successo del Banco del Giro, che divenne la colonna portante dei pagamenti pubblici e privati della Serenissima. Tuttavia, con la caduta della Repubblica nel 1797 e la trasformazione dei poteri economici sotto Napoleone, il banco perse gradualmente la propria funzione. Nel 1805 fu avviata la liquidazione, e con essa si chiuse un’epoca in cui Venezia aveva gestito un sistema bancario moderno e controllato dallo Stato. Oggi, sotto le arcate di Rialto, resta solo l’eco del nome inciso nel marmo — “Bancogiro” —, memoria di una città che aveva saputo rendere invisibile il denaro, trasformandolo in pura fiducia.

Per concludere

Oggi il Sotoportego del Bancogiro appare come un passaggio qualunque, nelle vicinanze del Canal Grande, e spesso ignorato da chi attraversa Rialto soltanto alla ricerca di souvenir o fotografie. Eppure, basta fermarsi un istante per sentire il respiro del suo passato: il fruscio delle pergamene, il tocco delle penne d’oca, il sussurro dei numeri che scorrevano tra i registri. Là dove il denaro smise di pesare e cominciò a significare fiducia, Venezia tracciò una delle sue più grandi magie: rendere invisibile ciò che muove il mondo. E mentre l’acqua scorre, il nome “Bancogiro” continua a brillare e vivere. Oggi è una rinomata osteria, ma rimane anche un segreto inciso nella pietratestimone silenzioso del tempo in cui la città lagunare inventò la modernità, senza saperlo.

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Scopri la mappa segreta di Venezia: oltre 100 Segreti di Venezia e altre curiosità da esplorare

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Per una navigazione completa, nella pagina indice di tutti gli articoli troverai lo stesso approccio: ogni segreto, oltre alla classica divisione per Sestiere, è collegato alla sua posizione sulla mappa, pronta a guidarti tra i misteri, le storie e le leggende di Venezia. La maggior parte degli articoli è geolocalizzata nel punto reale in cui si svolgono i fatti, mentre alcuni trovano una collocazione più “metaforica”, evocando luoghi legati al racconto più che alla posizione fisica.

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I Segreti di Venezia: Il Casino degli spiriti, un sospiro noir affacciato sulla laguna – Cannaregio

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. Più volte, insieme, abbiamo camminato tra le ombre e la luce di questa città sospesa sull’acqua, seguendo anche le orme delle sue storie più noir e misteriose. Abbiamo incontrato Biagio Cargnio, il primo vero serial killer veneziano, scoperto la pietra rossa dove la peste fu sconfitta, e ascoltato leggende più dolci e malinconiche, come quella di Orio e della sirena Melusina.

Un pizzico di storia e dove si trova

Costruito nel XVI secolo per conto della famiglia Contarini Dal Zaffo, il palazzo ha attraversato secoli di nobiltà, arte e vicende oscure. Oggi ospita una sede dell’Istituto Cottolengo – Piccola Casa della Divina Provvidenza, ma il soprannome “Casino degli Spiriti” non è nato per caso: secondo la tradizione, il luogo era teatro di riti misteriosi e incontri proibiti.

casino degli spiriti
il Casino degli Spiriti visto dalle acque lagunari

Ci troviamo nel Sestiere di Cannaregio, non lontano dalle misteriose statue di Campo dei Mori. Solitamente le indicazioni che fornisco per visitare i luoghi narrati sono precise, ma qui la prospettiva cambia: questo luogo, pur documentato dalle fonti storiche, non è visitabile. Il suo accesso, essendo parte di una delle sedi dell’Istituto Cottolengo, è in Fondamenta Gasparo Contarini, poco prima della fine della stessa, dove si può scorgere la Sacca de la Misericordia Marina, darsena che prende il nome dalla Scuola Grande della Misericordia, ex “Tempio del Basket”.

Leggende e misteri che ne hanno macchiato la fama

Si dice che, di notte, figure incappucciate si muovessero all’interno con fiaccole in mano, accompagnate da canti che riecheggiavano lungo la laguna. Alcuni racconti narrano di fantasmi irrequieti, tra cui lo spirito del pittore del ‘500 Luzzo, frequentatore del palazzo che si incontrava con Tiziano, Giorgione e Sandolino. Qui, l’arte si mescolava al segreto, e le stanze custodivano segreti e drammi, tenuti lontani dalla luce del giorno.

casino degli spiriti in bianco e nero

Amori, scandali ed eventi macabri

Luzzo si innamorò di Cecilia, giovane prostituta che frequentava anche Giorgione. Una storia di desideri e gelosie che terminò tragicamente: Luzzo, dopo una notte di eccessi, salì all’ultimo piano e si tolse la vita. Da allora, si dice che la sua anima innamorata vaghi ancora tra le stanze del palazzo, cercando ciò che il mondo terreno aveva negato.

Non solo fantasmi: nelle acque antistanti il palazzo, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, fu ritrovato un baule contenente il corpo a pezzi di Linda Cimetta, giovane contrabbandiera bellunese. La leggenda racconta che da quel momento nessuno si sia più tuffato in quelle acque, rispettando il silenzio macabro che aleggia sulla Sacca della Misericordia Marina.

casino degli spiriti sulla destra in lontananza

Per concludere

Il Casino degli Spiriti è più di un edificio: è un fulcro noir e di leggende, dove la storia veneziana indossa tabari ombrosi e sussurra segreti. Forse proprio per la sua apparente inaccessibilità si erge a rifugio ultimo per fantasmi che si fanno minacciosi, alcova di amori proibiti e audaci, sede di fatti macabri che si addolciscono solo grazie alla bellezza circostante. Osservate attentamente le calli, ascoltate il silenzio delle acque: a Venezia, ogni pietra, ogni finestra, ogni riflesso può raccontare una storia che aspetta solo di essere svelata.

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I Segreti di Venezia: Forte Marghera, un angolo di natura, storia e cultura nel cuore di Mestre

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. Oggi, per la seconda volta dopo la visita all’M9 di Mestre, torniamo ad attraversare la laguna lungo il Ponte della Libertà. Lasciamo alle nostre spalle la Venezia insulare per approdare sulla terraferma, alla scoperta di un luogo che, pur trovandosi oltre le acque, ne custodisce ancora lo spirito e la memoria: Forte Marghera, un angolo sospeso tra storia, natura e cultura contemporanea.

Come raggiungere Forte Marghera

Se vi trovate a Venezia, raggiungete Piazzale Roma e da lì prendete il tram della linea T1 dal capolinea: è impossibile sbagliare. Dopo circa 15 minuti di viaggio scendete alla fermata Forte Marghera. Attraversate la strada e imboccate il vialetto sterrato ciclopedonale che attraversa un’area verde dall’aspetto un po’ selvaggio, quasi un preludio al luogo che state per visitare.
Giunti in via Forte Marghera, attraversate nuovamente la strada e seguite le indicazioni per il forte. Dopo circa 200 metri, vi troverete davanti al ponte d’accesso, quello che conduce all’interno del complesso: da qui inizia davvero la scoperta.

ponte di accesso a forte marghera

Storia e funzione del Forte

Forte Marghera è una fortezza ottocentesca situata tra Mestre e la laguna di Venezia, costruita tra 1805 e 1842 su progetto franco-austriaco per controllare l’accesso a Venezia dalla terraferma. Fu il cuore del sistema difensivo lagunare e, successivamente, del campo trincerato di Mestre. Durante la Repubblica di San Marco (1848–1849) il forte fu teatro della celebre Sortita di Mestre, ma dopo un duro assedio venne conquistato dagli austriaci, che lo distrussero quasi completamente.

Nel periodo italiano (dal 1866) divenne una base strategica del Regio Esercito, centro logistico e punto di comando della difesa veneziana, integrato con altri forti (Gazzera, Carpenedo, Tron, Rossarol, Cosenz, ecc.). Con la Prima guerra mondiale il sistema perse valore militare e venne gradualmente smantellato e riconvertito. Dagli anni ’80 cessò ogni funzione bellica. Oggi il forte, esteso su 48 ettari tra canali e fossati, è bene comunale, parco pubblico e sede di eventi culturali e di un padiglione della Biennale di Venezia, oltre a ospitare mostre e attività artistiche contemporanee.

cosa si vede all'ingresso di forte marghera

Forte Marghera e l’Arsenale: così uguali così diversi

Proprio come all’Arsenale di Venezia, anche qui le acque non sono solo un contorno: definiscono forme e cammini, unendo come un filo rosso la storia, la natura e la città. Se all’Arsenale si costruivano e custodivano le navi della Serenissima, simbolo della sua potenza marittima, al Forte si organizzavano le difese per proteggerla. Entrambi luoghi di frontiera e di ingegno, condividono una stessa anima: quella di Venezia declinata nella tecnica militare e trasformata in memoria. Oggi, mentre l’Arsenale continua a ospitare arte e innovazione, Forte Marghera ha trovato una nuova vita fatta di mostre, associazioni e gatti che si muovono liberi tra le rovine. Due spazi nati per la guerra, divenuti custodi di pace, cultura, comunità e… gatti!

la baia di forte marghera

Bastioni, fossati, canneti, un museo e la forma a stella: l’architettura di Forte Marghera

Forte Marghera è un capolavoro di ingegneria ottocentesca, costruito per difendere Venezia dagli attacchi via terra e via mare. La sua pianta a stella, visibile dall’alto, nasce da un sistema di bastioni, fossati e terrapieni che garantivano un controllo strategico del territorio. I fossati colmi d’acqua salmastra, alimentati dai canali lagunari, costituivano una barriera naturale, mentre le casermette e polveriere, in mattoni e pietra d’Istria, univano solidità e armonia con l’ambiente. Ospitato in una casermetta ottocentesca, il museo racconta la storia del Forte e della sua evoluzione difensiva. Tra armi disattivate, cimeli, fotografie della Prima Guerra Mondiale e strumenti da lavoro, ogni sala svela pezzi di vita militare e tecnica. All’esterno, cannoni, obici e mezzi d’artiglieria ricordano il ruolo strategico della fortezza, mentre le esposizioni interne guidano il visitatore tra storia, memoria e ingegno militare. Oggi le acque dialogano silenziose con le mura del Forte, creando riflessi e vita naturale tra canneti e fauna lagunare, interrotte solo dai richiami di gabbiani e papere. Dall’alto, la fortezza appare come una stella di pietra sospesa sulle acque, simbolo perfetto dell’equilibrio e dell’ingegno veneziano. Al suo vertice si spalanca un proscenio acqueo ovale che ricorda un’arena naturale: la famosa Baia del Forte.

I gatti del Forte: piccoli custodi felini

E la notte? Chi vigila sul Forte? Ovviamente, i gatti! Tra rifugi di mattoni, ripari improvvisati e comode cucce a forma di casetta vive una colonia felina ormai parte integrante del luogo. Due associazioni si prendono cura di loro grazie ai volontari: i Mici del Forte e l’ENPA (i miei due gatti di casa, Pandoro e Merlino, li ho adottati rispettivamente presso l’una e l’altra). Chiunque abbia attraversato il Forte almeno una volta non può non averli notati: alcuni timidi, altri solitari quasi ascetici, altri ancora super socievoli. Con la loro presenza discreta, sembrano vegliare sulla memoria e sul silenzio del Forte Marghera, insegnandoci in un istante quanto sia bello talvolta fermarsi, respirare e osservare.

Arte, laboratori, eventi, creatività contemporanea e luoghi di incontro

Al Forte Marghera, l’arte, anzi le arti, trovano una dimensione naturale, tra scuole di danza verticale, laboratori creativi, officine, sinergie, associazioni, scout e una miriade di altre realtà. Ogni idea pare trovare il suo trampolino, ma anche una grande fionda, quella progettata da Lorenzo Quinn, che punta verso Porto Marghera: due mani di ragazzo che tendono l’elastico quasi per gioco, pronte a scagliare il mondo. Un segno di responsabilità e modernità, ricorda che Venezia ed il Pianeta sono fragili e che il futuro, da proteggere, passa dalle nostre stesse mani.

Opere come questa trasformano il Forte da luogo di spensieratezza a spazio dove educare la mente al pensiero. Tra le realtà presenti, spiccano i locali Gipsy Grill, Controvento – Bagolaro e Gatto Rosso, che offrono punti di ristoro e convivialità, mentre l’Associazione Centro Pandora anima laboratori, incontri e attività culturali per la comunità.

La poesia nel silenzio e relitti che ricordano il rumore del mare

Un viaggio che si rende poetico tra i relitti abbandonati e le poesie da me appese, con scorci che richiamano l’atmosfera del Cimitero dei Burci di Silea, dove passato e presente si incontrano in un silenzio evocativo. Le acque specchiano solo ciò che i nostri occhi desiderano vedere, custodendo memoria, riflessi e il sussurro immaginario di antiche navigazioni.

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Per concludere

Forte Marghera non è solo un luogo da visitare: è un viaggio tra storia, natura e cultura. Bastioni, fossati e casermette raccontano ingegno e memoria, mentre i gatti e le acque tra i canneti sussurrano silenzi vivi. Arte, laboratori e locali animano lo spazio, trasformandolo in un teatro di creatività e comunità. Entrare qui significa camminare tra passato e presente, scoprendo piccoli miracoli di bellezza e vita… e, se vi va, ricordatevi di portare qualche croccantino per i gatti, i veri custodi del Forte!

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I Segreti di Venezia: La Regata Storica e i Re del Remo – Quando il Canal Grande incorona i suoi eroi

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”. Oggi tocchiamo un argomento affascinante, che ho scelto di raccontare solo ora per il grande amore e il profondo rispetto che nutro verso questo sport — e quest’arte — che trovano proprio a Venezia la loro più alta espressione.
Fino a pochi giorni fa era troppa la “paura”, nel senso più responsabile del termine, di affrontarlo. Ma finalmente, il momento è giunto.

Il Richiamo del Remo: Emozioni a Pellestrina

Solo chi mi conosce bene — e, tra questi, pochi davvero — sa che per qualche anno ho praticato la Voga alla Veneta e il Kayak in Laguna, presso una delle Polisportive dell’isola di Pellestrina: la Polisportiva Portosecco. Furono due esperienze che, oltre al benessere fisico e mentale, mi regalarono scenari indimenticabili, lezioni di vita e incontri autentici. Partecipai anche a due regate giovanili su mascarete e a una di kayak.

Io ed il mio Maestro Angelo Scarpa “della Pitta” in una delle lezioni di Voga alla Veneta
1997 Edo (io) e il suo maestro di voga Angelo

Perché uno dei ricordi più vividi che porto con me è quello di vogare incitato — e, sportivamente, anche dileggiato 🤣 — da un fiume di persone che, chi a piedi, chi in bici o in motorino, seguivano dalla riva lagunare l’evolversi della sfida. Non ho avuto la fortuna né le doti per vivere una Regata Storica, ma se grande è stata l’emozione di quel piccolo “rito locale”, non oso immaginare la scarica di adrenalina vissuta da chi si cimenta e magari vince la “regina” di tutte le regate: la Regata Storica di Venezia, dove — al verificarsi di determinate condizioni — vengono eletti, talvolta e di rado, il Re o la Regina del Remo.

Quando si svolge la Regata Storica?

Le prime regate ufficiali risalgono al 13 gennaio 1315, sotto il dogado di Giovanni Soranzo, ma la loro origine è ancora più antica, legata agli addestramenti marinari della Serenissima. Si svolge ogni prima domenica di settembre, con inizio verso le ore 14:30, quando la città è pronta ad accogliere i campioni e il pubblico sulle fondamenta, le rive, dai balconi, dalle barche e sui ponti.

Categorie, ruoli e la “sorte” sull’acqua:

La Regata Storica si disputa con imbarcazioni tradizionali, a due remi, e suddivise per categorie maschili, femminili e giovanili.
Ogni equipaggio è formato da due vogatori: poppiere (che sta a poppa, dunque dietro) e prodiere (davanti, a prua).

Un momento solenne precede la gara: l’estrazione del posto acqueo, il “numero d’acqua”, che avviene il mercoledì precedente, alla presenza delle autorità e dei vogatori, per garantire imparzialità. Un fattore che, in una griglia di partenza in linea ed alla pari, può risultare decisivo per i “giochi delle correnti” delle acque lagunari. La sorte decide da quale corsia d’acqua ciascun equipaggio partirà: le cosiddette “poste”.

Tutte le barche sono tradizionali veneziane in legno, costruite artigianalmente e mosse a remi con forcola in legno. Dal dopoguerra si gareggia con: mascarete (donne, 8 m), pupparini (giovani, 9 m), caorline (6 remi, 10 m) e gondolini (2 remi, 11 m). Gli scafi sono numerati e dipinti con colori storici che identificano ciascun equipaggio, mentre la barca di riserva ha scafo bicolore rosso-verde con la lettera “R”.

Prima della regata, gli equipaggi partecipano alla benedizione delle imbarcazioni, con sfilata sul Canal Grande fino alla Punta della Dogana, dove ricevono le fasce che indosseranno durante la competizione.

Il percorso della Regata Storica:

La gara ha inizio a Sant’Elena, dove gli equipaggi prendono posizione lungo le “poste” d’acqua allineati e bloccati da uno “spagheto” (un filo). Qui il pubblico può vedere i rematori concentrati, mentre la città sembra trattenere il respiro, come l’istante prima della finale dei 100m.

Si procede lungo il Canal Grande, superando il Riva degli Schiavoni, dove le case storiche e i palazzi osservano il passaggio delle imbarcazioni.

Si arriva al paletto di San Tomà, il punto di svolta più tecnico e spettacolare: i gondolini devono compiere il giro di boa intorno al paletto, eseguendo una manovra che richiede equilibrio, forza e precisione. Ogni errore qui può compromettere la vittoria o pregiudicare un piazzamento “a bandiera”.

Dopo il giro del paletto, gli equipaggi riprendono la corsa lungo il Canal Grande verso il traguardo finale. L’arrivo avviene davanti alla machina, un palco ligneo decorato di fronte a Ca’ Foscari, simbolo di celebrazione e incoronazione dei vincitori. Qui il gesto del remo si trasforma in leggenda, e i nomi dei campioni vengono scanditi tra applausi e bandiere.

Disnar – La cena rituale che anticipa la Regata Storica

Ogni anno, pochi giorni prima della Regata Storica, Venezia si anima con il Disnar, una grande tavolata diffusa lungo la città, le isole e la terraferma. Famiglie, cittadini e appassionati si ritrovano per condividere cibo, bevande e la passione per la voga alla veneta, in un’atmosfera di festa e comunità.

Oltre al pasto collettivo, il pomeriggio è dedicato alle prove di voga, con campioni e campionesse disponibili per insegnare e far provare a tutti gli interessati. Durante la serata vengono presentati gli equipaggi della Regata, proiettati filmati e fotografie storiche, e coordinate le presenze in barca per il giorno della competizione.

Ogni tavolata è auto-organizzata dai comitati e dalle associazioni locali, che forniscono tavoli, sedie e indicazioni logistiche, mentre chi vuole dare una mano è sempre benvenuto. L’iniziativa rappresenta non solo un momento conviviale, ma anche un’occasione di promozione della voga alla veneta e dei suoi protagonisti, unendo tradizione, sport e spirito comunitario.

📍 Luoghi simbolici: campi e fondamenta di Castello, Cannaregio, San Polo, Dorsoduro, Giudecca, Lido, Burano, Pellestrina, Caorle.
💬 Spirito del Disnar:Condividere cibo, remi e passione, per arrivare insieme alla Regata Storica”.

La Corona invisibile e come si entra nel mito:

Non esiste un trono, né un documento ufficiale che lo decreti: “Re del Remo” è un titolo conquistato, non assegnato.
Nasce dal cuore del popolo veneziano e dalla tradizione della Regata Storica, la più antica competizione remiera della città. Per diventare “Re del Remo” (o Regina) occorre vincere cinque edizioni consecutive della Regata Storica nel “Gondolini dei Campioni” – un’impresa quasi impossibile, realizzata da pochissimi.

Conta la forza, certo, ma anche la tecnica, l’equilibrio, e quella fedeltà al remo che a Venezia non è solo sport: è arte e tradizione.

Re e Regine del Remo della Reagata Storica e il significato delle bandiere:

Nella storia della Regata Storica di Venezia, alcuni nomi restano scolpiti nella memoria per il loro dominio assoluto. Tra gli uomini, figure leggendarie come Rudi e Igor Vignotto hanno collezionato rispettivamente 17 e 15 vittorie totali tra il 1995 e il 2017, diventando simboli di costanza e talento, mentre campioni storici come Sergio Tagliapietra “Ciaci”, Giuseppe Fongher “Bepi” e Albino Dei Rossi “Strigheta” vantano ciascuno 14 successi. Il titolo di Re del Remo, riservato a chi conquista cinque vittorie consecutive, è stato raggiunto da pochi eletti: Luigi Zanellato, Albino Dei Rossi “Strigheta”, Marcello Bon “Ciapate”, Bepi Fongher, Ciaci, Palmiro Fongher e Gianfranco Vianello “Crea”.

Tra le donne, le Regine del Remo più celebri includono Romina Ardit, Anna Mao, Luisella Schiavon e Giorgia Ragazzi, protagoniste tra la fine degli anni ’90 e il 2013. I fuoriclasse recenti, dal 1990 a oggi, si riconoscono soprattutto in Rudi e Igor Vignotto, Andrea Bertoldini e Ivo Redolfi Tezzat, capaci di imprimere il proprio nome nell’albo d’oro della storica regata veneziana.

Eppure, nonostante i loro numeri impressionanti, resta l’amarezza dei Vignotto, che, pur non essendo mai stati Re del Remo, possono a buon diritto essere considerati i più grandi di sempre.

Nella Regata Storica di Venezia, i piazzamenti dei primi quattro equipaggi vengono celebrati con bandiere simboliche: rossa per il primo classificato, bianca per il secondo, verde per il terzo e blu per il quarto. Queste bandiere rappresentano la tradizione e il riconoscimento simbolico del risultato in regata.

Le imbarcazioni sono dipinte in colori fissi, che storicamente identificano le diverse zone di Venezia e della laguna: il numero assegna l’imbarcazione a ciascun equipaggio, mentre il colore la distingue visivamente durante la gara. Gli abbinamenti sono i seguenti: 1 bianco, 2 canarino, 3 viola, 4 celeste, 5 rosso, 6 verde, 7 arancio, 8 rosa, 9 marrone, mentre l’imbarcazione di riserva è bicolore verde/rosso con la lettera R. Questo sistema aiuta pubblico e giudici a seguire le barche lungo il percorso, rendendo immediatamente riconoscibili i concorrenti e valorizzando la spettacolarità della regata.

Fonte: Wikipedia – Albo d’oro della Regata Storica di Venezia.

Qualche curiosità in sintesi:

📅 Come si diventa Re/Regina del Remo? cinque vittorie consecutive nella Regata Storica.
🏆 Alcuni Re: Palmiro Fongher, Gianfranco Vianello “Crea”, Giuseppe Fongher.
👑 Alcune Regine: Luisella Schiavon “Strigheta”, Giovanna Furlanetto.
🌊 Specialità: voga alla veneta su gondolini a due remi.
📍 Percorso: Sant’Elena → Canal Grande → Riva degli Schiavoni → Ponte di Rialto → giro del paletto di San Tomà → arrivo alla machina di Ca’ Foscari.
🎭 La “machina”: il palco ligneo decorato dove si premiano i vincitori.

Fonti:

Sito del Comune di Venezia

Comune di Venezia – Regolamento ufficiale della Regata Storica

Dinar per la Storica – https://www.disnar.org/

Wikipedia, voce Regata Storica (Venezia)

Fonti immagini: Godromil, opera propria, pubblico dominio. Altre informazioni da Wikipedia e fonti citate nell’articolo.

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Per concludere

Per concludere, la Regata Storica di Venezia non è solo una competizione: è un rito che fonde sport, arte e tradizione. Ogni colpo di remo racconta storie di coraggio, tecnica e passione tramandate nei secoli. Le bandiere e i colori delle imbarcazioni trasformano la gara in uno spettacolo visivo e simbolico unico al mondo. Tra Re e Regine del Remo, campioni storici e fuoriclasse recenti, il mito della voga alla veneta continua a vivere. Partecipare, osservare o anche solo leggere queste pagine significa sentire il cuore pulsante della città, dove ogni remo segna uno step della storia che avanza.

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