I Segreti di Venezia: El Vecio pien de pelo e la Stele del Pane, storie (quasi) dimenticate – Cannaregio

Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Nelle ultime due puntate ci siamo immersi, a bordo di convogli fatti di parole dialettali, nella cultura viva di Venezia: quella colorata dal folklore, dalle espressioni antiche e soprattutto dalle persone che la abitano e la rendono unica ogni giorno. Oggi torniamo su una traiettoria più classica, esplorando un dettaglio e una stele che – pur essendo sotto gli occhi di tutti – sono spesso dimenticati o ignorati. Due piccoli misteri in bella vista, che aspettano solo di essere riscoperti.

La Stele del Pane: quando la legge si scolpiva nella pietra

La Stele del Pane (in dialetto veneziano stełe del pan) è una stele in pietra d’Istria davanti alla quale tutti quelli che da Cannaregio si sono diretti verso l’Ospedale, verso il Sestiere di Castello o verso Piazza San Marco sono transitati. La potete vedere, oltre che nella foto qui sotto, presso il sotoportego Falier all’incrocio con calle Dolfin, sulla riva meridionale del rio dei Santi Apostoli. È l’ultima stele di questo tipo rimasta in città.

La Stele del Pane (in dialetto veneziano stełe del pan) è una stele in pietra d’Istria davanti alla quale tutti quelli che da Cannaregio si sono diretti verso l'Ospedale, verso il Sestiere di Castello o verso Piazza San Marco sono transitati. La potete vedere, oltre che nella foto qui sotto, presso il sotoportego Falier all’incrocio con calle Dolfin, sulla riva meridionale del rio dei Santi Apostoli. È l’ultima stele di questo tipo rimasta in città.
La Stele del Pane

La sua funzione è evidente: sotto l’effige del leone marciano, simbolo dell’autorità della Serenissima, è inciso un proclama del 27 ottobre 1727, che reca la firma dogale di Alvise III Mocenigo. Con questo documento marmoreo veniva vietata la vendita di pane al di fuori dei luoghi preposti, le panetterie, gestite dai “pistori” cioè i panettieri. In questo modo si andava a tutelare la cittadinanza tutta da prodotti di origine e qualità incerte.

Chi passa dal sottoportico dunque può leggere l’incisione dell’ordine di non vendere pane fuori dai negozi autorizzati e le relative sanzioni comminabili, pari a 25 ducati o reclusione per i trasgressori; se poi si apparteneva alla categoria dei fornai, la pena veniva portata al doppio. Tra le possibilità vi era quella di essere denunciati anonimamente all’Inquisitore delle Arti, un meccanismo di controllo che garantiva la tutela della qualità e della sicurezza alimentare, affidandosi a segnalazioni riservate raccolte tramite canali ufficiali e non tramite strumenti popolari come le “bocche di leone”.

Sul lato posteriore della stele, che si affaccia sul rio dei Santi Apostoli e può essere vista dai gondolieri, sono riportate norme rigorose rivolte ai barcaioli: era proibito trasportare di nascosto pane o persone in possesso di pane a bordo. Chi infrangeva questa regola rischiava non solo una multa, ma anche la distruzione della propria imbarcazione e la sospensione della licenza per un periodo di due anni.

La visibilità delle regole: un metodo che funzionava davvero?

Ebbene, oggi come ieri, esporre in questa maniera le norme le rendeva non solo eterne, ma soprattutto visibili e ben conosciute da chiunque transitasse in questo luogo. Infatti, come la foto qui sotto dimostra, si tratta di un punto che da sempre rappresenta un vero e proprio fulcro di passaggio per centinaia di persone ogni giorno. Questi passanti potevano e possono ancora oggi imbattersi nella Stele; certo, è possibile che qualcuno scelga di ignorarla, ma è anche vero che la legge difficilmente ammette questa opzione, rendendo l’avvertimento inciso un monito costante e tangibile.

Rio dei Santi Apostoli e giovani intenti a mangiare
Rio dei Santi Apostoli e giovani intenti a mangiare

El Vecio Pien de Peo a guardia del palazzo in Campiello Santa Maria Nova

Nel campiello di Santa Maria Nova (ci siam “passati” fotograficamente nell’articolo sull’Acqua di Venezia), nel Sestiere di Cannaregio, sulla facciata di Ca’ Bembo-Boldù, un edificio che si fa cornice di uno dei misteri più bizzarri e buffi della città. Al centro di una nicchia infatti possiamo ammirare in tutta la sua bizzarria la figura di un uomo anziano, con barba lunga e corpo interamente ricoperto di pelo. I veneziani, con l’inevitabile ironia che li contraddistingue, l’hanno soprannominato “el Vecio pien de peo” ovvero il vecchio pieno di pelo. Dietro a questo soprannome si cela però un’immagine ricca di significati: si tratta infatti, molto probabilmente, della rappresentazione dell’Homo Selvaticus, figura arcaica che simboleggia l’essere umano a metà tra natura e cultura, tra istinto e razionalità.

Nel campiello di Santa Maria Nova (ci siam "passati" fotograficamente nell'articolo sull'Acqua di Venezia), nel Sestiere di Cannaregio, sulla facciata di Ca’ Bembo-Boldù, un edificio che si fa cornice di uno dei misteri più bizzarri e buffi della città. Al centro di una nicchia infatti possiamo ammirare in tutta la sua bizzarria la figura di un uomo anziano, con barba lunga e corpo interamente ricoperto di pelo. I veneziani, con l’inevitabile ironia che li contraddistingue, l’hanno soprannominato “el Vecio pien de peo” ovvero il vecchio pieno di pelo. Dietro a questo soprannome si cela però un’immagine ricca di significati: si tratta infatti, molto probabilmente, della rappresentazione dell’Homo Selvaticus, figura arcaica che simboleggia l’essere umano a metà tra natura e cultura, tra istinto e razionalità.
Campiello Santa Maria Nova

Simboli nascosti tra pietra e conoscenza

Secondo la tradizione, fu il patrizio Gianmatteo Bembo – figura colta e appassionata di alchimia e conoscenze esoteriche – a volere questa singolare rappresentazione. Non è un caso se il “vecchio” stringe tra le mani un disco solare, simbolo del tempo che scorre e dell’ordine cosmico. Al di sotto della nicchia, trova posto anche una conchiglia di San Giacomo, altro potente emblema caro agli alchimisti, legato alla ricerca della conoscenza universale.

Tutti questi elementi compongono un chiaro riferimento a una dimensione iniziatica, un linguaggio simbolico pensato per chi è in grado di decifrarlo. Ancora più in basso, un bassorilievo raffigura tre volti anziani, le cui espressioni intense evocano saggezza, mistero e autorevolezza: indizi di un sapere antico scolpito nella pietra, che si mostra apertamente… ma solo a chi sa guardare davvero.

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In conclusione:

Abbiamo osservato due pietre, ognuna con il proprio messaggio. Una incisa per essere rispettata, l’altra scolpita per essere decifrata. Entrambe, in modi diversi, eterne. La Stele del Pane e el Vecio pien de peo raccontano due lati complementari di Venezia: da un lato il rigore delle leggi, dall’altro il mistero del simbolo, che si fa quasi goliardia scolpita. Entrambi parlano a chi sa rallentare e osservare. In una città dove ogni angolo si fa teatro, dove il passato si affaccia e si moltiplica in ogni riflesso d’acqua, anche ciò che sembra più marginale può custodire storie profonde. E così, sotto un sottoportico o in un campiello appartato, Venezia continua a sorprenderci: con pietre che ci avvisano e statue che ci pongono interrogativi. Basta solo fermarsi. E ascoltare. Magari, la risposta giusta è già dentro di noi.

I Segreti di Venezia: El Vecio pien de pelo e la Stele del Pane, storie (quasi) dimenticate

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

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