“Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” – 11 Dicembre – Isola di Poveglia

"Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce" - cover by Trarealtaesogno

11 Dicembre – Isola di Poveglia

Luca vagò in lungo e in largo per il convento e l’isola, cercando Santa per capire se fosse interessato a percorrere altre due tappe a bordo della Sanpierota con lui. Doveva infatti andare a Poveglia, per raccogliere le sapide e gustose more selvatiche, e poi a Malamocco per visitare un anziano parente dedito ai suoi orti. Dopo un intenso giro, finalmente lo trovò, gli sorrise e fu ricambiato, poi gli disse: “Quest’oggi devo compiere delle commissioni che prevedono di nuovo l’uscita da quest’isola. Dapprima devo passare per l’isola di Poveglia a raccogliere delle more selvatiche per le nostre conserve, dopodiché devo passare in quel di Malamocco per andare a trovare un anziano parente che, nonostante gli acciacchi dell’età, continua a dedicarsi con profonda dedizione ai suoi orti. È libero di accettare, e sappia che dall’ultima località citata potrà comodamente spostarsi ovunque le sia necessario. Che ne dice?” Santa, in cuor suo felice, accettò di buon grado, scuotendo il capo su e giù, come farebbe un bambino felice. Luca mi disse che oggi non avrei dovuto preoccuparmi di dover remare o delle traiettorie del vento. Infatti, stava andando a recuperare una piccola novità. Tornò poco dopo con un motore da mettere a poppa della barca, dotato di un pannello solare da collocare a prua. Con stupore capii che si trattava di un motore elettrico. Un piccolo prodigio, insomma. Alcuni frati, prima di congedarmi, mi chiesero cosa portasse nel sacco di iuta. Risposi loro che serbavo delle tracce di questo viaggio, dei frammenti, utili per un’ammissione superiore che mi sentivo di poter affidare al loro sostegno di preghiera. Caricato tutto il necessario, partimmo alla volta di Poveglia. Il sole accompagnò questo viaggio di circa due ore. Io e Luca, senza mai invadere la privacy dell’altro, ci raccontammo aneddoti e scambi di vita vissuta, il tutto senza mai sconfinare su cose troppo personali. Una volta vicini, Luca si fece serissimo e disse: “Ah, Poveglia…” abbassando lo sguardo. “Un’isola segnata da un dolore antico, che si fa quasi preghiera silenziosa. Inizialmente era un luogo di pace, un terreno fecondo, ma tutto cambiò nel 1380, con la guerra di Chioggia. Venezia evacuò l’isola e molti perirono. Il canale che scorre qui accanto è chiamato ‘dell’orfanello’, pare, proprio per quei tristi eventi.” Fece una pausa, incrociando le mani sul saio. “Ma non finì lì. Nei secoli successivi divenne un lazzaretto, con più di 150.000 vittime della peste sepolte nel terreno. Poi, negli anni ’60, divenne un ospedale psichiatrico… e c’è chi dice che le anime degli appestati non lasciarono mai Poveglia, ma la mia visione delle cose mi porta ad avere fede e fiducia in Dio: le anime giacciono nella misericordia, altrimenti le more qui non sarebbero così deliziose! Non credi?” Sorrise: “Sì Luca, c’è moltissimo dolore quaggiù, ma sento che tu hai ragione.” Sbarcarono dopo aver attraccato presso un pontile malconcio. Santa mosse passi indecisi, scricchiolava tutto. Giunti però al sicuro, con un cenno d’intesa si divisero: chi col saio a raccogliere le more, e chi, Santa, a curiosare intorno, sempre col contatto visivo stabile. Poco distante, il nostro collezionista scorse un cipresso solitario, che doveva essere alto almeno 20 metri. Gli parve un segno di come la natura volesse superare la storia e il dolore che aveva intriso questi luoghi con la sua forza, come a porre un punto esclamativo di silenziosa armoniosità su quei terreni. Santa fece cenno a Luca che sarebbe andato fino a lì. Un geko gli sfiorò le scarpe e sorrise per gli sberleffi e le buffe espressioni che sembrava rivolgergli. In pochi istanti fu appresso all’albero, un totem nel silenzio. Tutta la laguna sembrava piccola e distante, sospesa, da laggiù. Santa, circumnavigando l’albero, si accorse che qualcuno vi aveva appeso una cornicetta con un chiodo minuto. All’interno vi era una lettera che diceva: “A te viandante che ti avvicini a questi luoghi di dolore, fisico e psichico, ricorda la fortuna che hai nel discernere ciò che leggi, comprendilo, fallo tuo, cosicché non accada mai una guerra e non vengano più rinchiuse le persone bisognose. Sorridi agli sconosciuti, brinda della gioia degli altri, ma anche della tua. Ed infine rammenta: non esiste luce che ombra possa spegnere.” Santa, visibilmente emozionato, si chinò. Scorse un rametto di cipresso che sembrava distaccato dal vento da poco tempo. Attaccate vi erano le tipiche pigne, piccole e quasi sferiche, di un marrone tenue. Le pigne sono il guscio che tutelano i semi, prosecuzione di quella specie. Delle tre, Santa infine ne raccolse soltanto una, così da preservare le altre due per lo scopo previsto dal corso naturale degli eventi. A quel punto tornò da Luca, gli mostrò quanto raccolto e, in tutta risposta, gli fu mostrato un cestino di vimini. Una volta aperto, la meraviglia della natura investì Santa: c’erano decine e decine di more selvatiche e, a quanto pare, non era il primo raccolto che veniva fatto. Sicuramente ne sarebbe stata ricavata una conserva di qualità superiore. I due, quasi saltellando e ebbri di felicità, salirono nuovamente sulla barca e puntarono la prua verso la vicina Malamocco.

A domani con un nuovo capitolo!

Ingredienti della Luce raccolti finora: Acqua del fiume Piave, Acqua agrodolce della foce del Sile, fango in scatola, frammento del Ponte del Diavolo, intonaco color cielo, rametto di vitigno, stelo di carciofo, bastoncini di liquirizia amarissimi, piume di gufo, candela consumata, pignette di cipresso.

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Questo progetto prende vita dalla serie “I Segreti di Venezia”, scoprila cliccando qui, traendone ispirazione per diventare un potente canale di valorizzazione e divulgazione del ricco patrimonio culturale e storico della città lagunare. Con un linguaggio accessibile e coinvolgente, il racconto trasforma ogni pagina in un’esperienza unica, intrecciando storia e magia, e svelando, attraverso la narrazione, alcuni degli affascinanti segreti della serie stessa. Un viaggio emozionante che invita il lettore a scoprire Venezia con occhi nuovi.

Non perdere nemmeno un capitolo!
Scopri i 25 capitoli di questa straordinaria avventura, clicca sui link per immergerti in ogni episodio e lasciati conquistare dal fascino unico di Venezia. Segui la storia e condividi l’emozione con amici e familiari: ogni giorno, un nuovo tassello illuminerà il tuo cammino verso il Natale.

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I capitoli e le date di uscita:

01 Dicembre – Santa Maria di Piave

02 Dicembre – Foce del Sile

03 Dicembre – Lio Piccolo

04 Dicembre – Isola di Torcello

05 Dicembre – Isola di Burano

06 Dicembre – Isola di Mazzorbo

07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo

08 Dicembre – Isola delle Vignole

09 Dicembre – Isola della Certosa

10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto

11 Dicembre – Isola di Poveglia

12 Dicembre – Località Malamocco

13 Dicembre – San Pietro in Volta

14 Dicembre – Pellestrina

15 Dicembre – Cà Roman

16 Dicembre – Chioggia

17 Dicembre – Sottomarina

18 Dicembre – Isola di San Lazzaro degli Armeni

19 Dicembre – Sestiere Castello

20 Dicembre – Isola della Giudecca

21 Dicembre – Sestiere Dorsoduro

22 Dicembre – Sestiere San Polo

23 Dicembre – Sestieri San Polo, San Marco e Castello

24 Dicembre – Sestiere di San Marco

25 Dicembre – Sestiere Castello

“Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” – 10 Dicembre – San Francesco del Deserto

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10 Dicembre – San Francesco del Deserto

Santa scoprì, solo una volta a bordo della barca, che il giovane frate si chiamava Luca. Avrà avuto massimo trent’anni, capelli scuri, corti, figura smilza e un viso da brava persona, il tutto adornato dalla tipica barba da frate. A quel punto, Santa, affascinato dall’imbarcazione tradizionale e dalla simbologia impressa sulla vela più grande, si permise di chiedere: “Come si chiama questo tipo di barca? È originaria del posto?” Il fraticello rispose: “Sì, come ben saprai, noi facciamo voto di povertà, ma questa barca, essendo un dono della mia famiglia, mi è stato permesso di accettarla così da farla diventare un bene comune del convento francescano di cui faccio parte. Le vele, invece, furono acquistate e dipinte nei dettagli da mio nonno; i colori e i simboli rappresentano la famiglia e veicolano messaggi simbolici attraverso la tradizione. Questa, per esempio, è una vela gialla con inserti bianchi, mentre quella più piccola a prua è bianca con inserti gialli, un richiamo ai colori del Vaticano e, in particolare, di San Pietro. La mia famiglia è originaria di San Pietro in Volta, un borgo lagunare più a sud.” Santa, quasi imbambolato nell’ascoltare le parole del giovane frate, esclamò: “Corpo di mille renne! Questa sì che è una storia da scoprire. E lei, nel raccontarla, dimostra un talento naturale!” Il vento, che fino a quel momento sospingeva dolcemente la piccola imbarcazione, cominciò a scemare improvvisamente, rallentando il viaggio. Luca guardava con crescente insistenza i due lunghi remi, ma sembrava esitante. Santa, cogliendo il suo disagio, parlò per primo: “Non angustiarti. Chiedimi pure cosa ti preoccupa.” “Ecco… con queste condizioni di vento potremmo impiegare parecchio tempo per completare la traversata. Come vedi, la destinazione è vicina, sono quelle luci laggiù. Mi domandavo se ti chiedessi troppo a dare qualche colpo di remo insieme a me.” Santa, colto da stupore ed entusiasmo, accettò di buon grado. Per una notte si sarebbe sentito come un gondoliere o un antico pescatore della laguna. Luca tirò fuori da una sacca di iuta due forcole, che sembravano pezzi d’arte lignea: erano i supporti tradizionali per il remo, intagliati come opere di un artista futurista, quasi boccioni, ma modellati dalle mani esperte di un falegname litoraneo. Santa aveva visto qualche filmato, ma capì subito il gesto tecnico. Luca gli raccomandò di non fare movimenti rapidi, ma quasi di “accarezzare” l’acqua con il remo. Il cielo stellato sembrava accompagnare la magia dei movimenti coordinati, e Santa, posizionato a prua, si sentì improvvisamente parte di una delle tradizioni più antiche e belle di Venezia. Arrivarono a un piccolo molo di legno scuro, illuminato da luci calde. Luca attaccò la barca e, dopo aver ammainato le vele con gesti sacrali, aiutò Santa a scendere. Il convento francescano si presentava caldo e accogliente nella sua spoglia semplicità. Altri frati, alcuni canuti, altri ancora in forze, accolsero Santa come fosse uno di casa, offrendogli un pasto caldo e una stanza dove riposare, pregare e riflettere. All’alba, Santa venne destato per la preghiera comune, cui partecipò con gioia. Seguirono una colazione abbondante e una passeggiata per l’isola. Tornato in stanza, cercò la sua sacca di iuta, ma non la trovò. Scosso e colmo d’ansia, si chiese se l’avesse dimenticata da qualche parte, ma ricordava chiaramente di averla appoggiata nell’angolo della stanza. Uscì disperato e andò a cercare Luca, spiegandogli l’accaduto. Luca, serio e dispiaciuto, lo aiutò a cercarla. In un corridoio incontrarono fra’ Enrico, che spingeva un carrello di legno colmo di sacche simili a quella di Santa, una delle quali, rabberciata, sembrava proprio la sua. Luca comprese: Enrico aveva il turno settimanale di gestione della biancheria, e per abitudine aveva raccolto tutte le sacche lasciate nelle stanze senza controllarne il contenuto. Enrico si scusò: “Di solito non controllo il contenuto delle sacche, nessuno di noi lo fa. So che lei capirà la mia buona fede e spero che questo malinteso non rovini la sua esperienza qui.” Santa rispose: “Il suo gesto ha uno scopo più alto di quanto io avessi intuito. Mi scusi per la mia reazione, dovevo riflettere prima di pensare al peggio.” Ritrovata la sacca, Santa si avviò alla scoperta del giardino e degli orti. Attraversò un profumato roseto, oltrepassò un boschetto e infine giunse a una panchina presso una statua della Madonna, dove si sedette a riflettere in preghiera. Dopo un po’ una flebile voce lo salutò: era un frate molto anziano, uno storico abitante del convento. “Buongiorno. Sono ammirato da come si è ambientato qui. Non è da tutti lasciarsi andare al silenzio e alla preghiera.” Santa ricambiò il saluto e rispose: “Grazie a voi, mi avete fatto sentire parte di qualcosa di infinitamente più grande di me. Ogni tappa del mio viaggio è una lezione preziosa.” Il frate gli mostrò un mozzicone di candela, quasi senza stoppino, e disse: “Tutti penserebbero che sia inutile, ma basta una scintilla per farla brillare ancora.” Sfregando un fiammifero, accese una fiammella viva e calda. Santa, commosso, chiese la cortesia di poter conservare la candela come ulteriore ingrediente per la sua missione impossibile, che tuttavia stava prendendo forma con ogni evento.

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01 Dicembre – Santa Maria di Piave

02 Dicembre – Foce del Sile

03 Dicembre – Lio Piccolo

04 Dicembre – Isola di Torcello

05 Dicembre – Isola di Burano

06 Dicembre – Isola di Mazzorbo

07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo

08 Dicembre – Isola delle Vignole

09 Dicembre – Isola della Certosa

10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto

11 Dicembre – Isola di Poveglia

12 Dicembre – Località Malamocco

13 Dicembre – San Pietro in Volta

14 Dicembre – Pellestrina

15 Dicembre – Cà Roman

16 Dicembre – Chioggia

17 Dicembre – Sottomarina

18 Dicembre – Isola di San Lazzaro degli Armeni

19 Dicembre – Sestiere Castello

20 Dicembre – Isola della Giudecca

21 Dicembre – Sestiere Dorsoduro

22 Dicembre – Sestiere San Polo

23 Dicembre – Sestieri San Polo, San Marco e Castello

24 Dicembre – Sestiere di San Marco

25 Dicembre – Sestiere Castello

“Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” – 09 Dicembre – Isola della Certosa

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9 Dicembre – Isola della Certosa

Una volta tornato a bordo della goletta, Santa si mise in attesa del ritorno di Marco. Ne approfittò per darsi una sistemata e valutare un cambio di look. Dalla tasca sinistra del suo abito tirò fuori, probabilmente con un tocco di magia, un paio di forbici d’acciaio con gli occhielli rossi e un pettine verde smeraldo, iniziando a sfoltire la sua folta barba bianca. Lo faceva per evitare di incorrere di nuovo in uno spavento come quello avvenuto poco prima con Petrov. Non voleva che la sua apparenza fosse d’intralcio, né correre il rischio di rivelare accidentalmente il proprio piano. Sul pavimento di legno rimase una massa di soffice pelo bianco, che raccolse con cura. Affacciatosi dal boccaporto, vide Marco avvicinarsi e gli chiese: “Scusi, dove posso buttare la barba?” La domanda suonò forse strana, ma Marco, colto di sorpresa e divertito, rispose ridendo: “Ecco qua,” e aprì un vano apposito. “La metta qui: al prossimo attracco provvederò a smaltirla.” Partirono e in un battito di ciglia erano già giunti a destinazione. L’isola, vista dal lato nord, rivelava la sua natura verde e brulla, con pochi edifici moderni e un’alternanza di darsene e piccoli attracchi. Santa salutò il compagno di viaggio, nonché navigatore, e si incamminò nel vicino spazio alberato verso sud-est. Qui il silenzio era rotto solo dallo sciabordio dell’acqua e dal canto dei gabbiani, che – com’è risaputo – devono sempre dire la loro. Si immerse in quell’ambiente tranquillo, quasi come a farne scorta per i momenti che sarebbero arrivati. Attraversando lentamente l’isola, raggiunse un sentiero che, camminando per una decina di minuti verso sud-ovest, lo portò fino a un rudere indicato da un cartello come “La Certosa,” da cui il luogo trae il nome. Riassumendo la storia, il cartello spiegava che un tempo fu una fiorente sede dell’ordine agostiniano, ma ora, nonostante i restauri, sembrava ancora in semi-abbandono. Proseguendo verso l’angolo sud-est dell’isola, camminò lungo un terrapieno erboso che proteggeva l’isola dai flutti e dalle maree. Qui notò una scultura lignea, realizzata evidentemente con legno di recupero e posizionata in modo da osservare il legame tra cielo e mare. Santa rimase rapito da quella figura, quasi incantato, e per un attimo si lasciò assorbire da quel silenzio. Poco distante, si udiva il chiacchiericcio di persone vestite elegantemente, intente a brindare con cicchetti e vini selezionati in quella che, senza dubbio, definivano una “location super esclusiva.” Santa si tenne alla larga: non era il suo genere di ambiente e, comunque, dei camerieri in divisa bianca già lo stavano osservando con una certa diffidenza. Tornò allora accanto alla “Guardiana,” come era chiamata la scultura, e sedutosi sul terrapieno continuò a guardarla, pensando a come l’arte sappia toccare corde profonde quando si armonizza con la natura. Il sole ormai stava calando sulle acque della laguna e Santa si era perso in un’atmosfera che gli scaldava l’anima, la missione dimenticata per un attimo, obliterata dalla bellezza del momento. Poi, d’un tratto, sentì un colpetto sulla spalla e si girò: era una bambina dai capelli ricci e occhi scuri, che disse con convinzione: “C’è un Fufo che non sta bene.” Lui rispose, sorridendo: “Hey piccolina, non dovresti girare da sola. Dimmi chi e dove si trova Fufo e torna dai tuoi genitori.” Lei disse: “Signore, io vivo qui, il ristorante è dei miei genitori, ma Fufo sta male” e proseguì: “Fufo è qui sull’argine, non riesce a stare in piedi.” Santa ringraziò la bambina e, raccomandandole di tornare indietro, andò verso il luogo indicato. Dietro la statua vide finalmente “Fufo”: un piccolo gufo con una zampetta ferita, probabilmente per un atterraggio maldestro. La bambina riapparve alle sue spalle e disse, fissandolo fiduciosa: “Tu puoi aiutare Fufo, vero? Ami gli animali, vero?” Santa, quasi sobbalzando per la sorpresa, rispose: “So cosa fare. Fufo tornerà in forma.” Prese un rametto da un cespuglio, lo spezzò della lunghezza giusta e, con delicatezza, lo adattò a sagoma della zampa di Fufo, fissandolo come una stecca di fortuna. Il piccolo gufo, anche se inizialmente riluttante, accettò la cura. Poco dopo, Fufo riuscì a zampettare, senza più cadere. “Eccellente,” esclamò Santa. La bambina gridò di gioia, abbracciandogli un ginocchio, poi corse dai suoi genitori per raccontare tutto. Durante il piccolo intervento, Fufo aveva perso alcune piume per la resistenza, che Santa raccolse, conservandole in una piccola scatola di cartone che ripose nella sacca di juta. Erano il simbolo di una buona azione, e potevano servire allo scopo finale. Fufo iniziò a volare intorno e si posò sulla testa della scultura, emettendo il tipico bubolare dei gufi mentre osservava Santa, il suo improvvisato veterinario. Ma le sorprese non erano finite: un’altra mano gli toccò la spalla. Era un fraticello francescano dalla barba scura e dallo sguardo curioso che, osservandolo in abiti semplici e con la sacca rabberciata, gli parlò con gentilezza: “Buonasera. Non so se lei abbia un riparo per la notte. Io sono qui per pregare e meditare, e sento che offrirle un posto dove dormire potrebbe essere cosa giusta. Le basta salire in barca con me e dire di sì. Ne conviene?” Santa, contento, accettò con gratitudine l’offerta, che risolveva un bel problema. Ignaro, però, di quale affascinante barca lo stesse aspettando.


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07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo

08 Dicembre – Isola delle Vignole

09 Dicembre – Isola della Certosa

10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto

11 Dicembre – Isola di Poveglia

12 Dicembre – Località Malamocco

13 Dicembre – San Pietro in Volta

14 Dicembre – Pellestrina

15 Dicembre – Cà Roman

16 Dicembre – Chioggia

17 Dicembre – Sottomarina

18 Dicembre – Isola di San Lazzaro degli Armeni

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20 Dicembre – Isola della Giudecca

21 Dicembre – Sestiere Dorsoduro

22 Dicembre – Sestiere San Polo

23 Dicembre – Sestieri San Polo, San Marco e Castello

24 Dicembre – Sestiere di San Marco

25 Dicembre – Sestiere Castello

“Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” – 08 Dicembre – Isola delle Vignole

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8 Dicembre – Isola delle Vignole

Seguendo un buon profumo, Santa si diresse verso il lato più a ovest di Sant’Erasmo. Un passo dopo l’altro, giunse a una riva da cui si vedeva, poco distante, l’isola delle Vignole. Su questo versante, vicino a una darsena dove la laguna si faceva smeraldo, si stagliava un piccolo chiosco mobile. Era stato realizzato trasformando un airstream, la fascinosa roulotte americana in acciaio, in un’attività ristorativa. Santa, incuriosito, andò a specchiarsi sul lato posteriore, per vedere quanto fosse conciato dalle fatiche della missione. Provò un certo ribrezzo alla sua vista; certo, non era mai stato un adone, figuriamoci ora. Passato davanti, salutò il ristoratore e si fermò a leggere il menù, esposto sulla classica lavagnetta da bar. Lesse e rilesse più volte, poi puntò deciso su un piatto ed esordì: “Buonasera, vorrei un hummus mediterraneo con capperi, olive, sesamo, pomodorini e pane carasau.” “Sicuro che non vuole bere qualcosa?” gli chiese il ristoratore. “Una bevanda frizzante scura che un tizio vestito di rosso con la barba bianca, come la mia, beve sempre in uno spot che passano da decenni in TV. Sembra invitante; non l’ho mai provata.” Il gestore rise, pensando fosse l’ennesimo “caso umano,” ma fece finta di niente e preparò una Coca-Cola con una fettina di limone. Dopo qualche minuto un campanello da tavolo, simile a quello delle reception degli hotel, tintinnò e Santa poté gustare il suo piatto e, a piccoli sorsi, quella bevanda insolitamente dolce e piacevole al gusto. Finito di cenare, ringraziò l’uomo e gli chiese: “Domani andrò alle Vignole, ma cerco un luogo per trascorrere la notte. Ha qualche consiglio?” “Se vuole, proprio qui alla darsena ci sono due golette usate come struttura ricettiva. Le gestisco io e, dato che ha cenato qui, posso riservarle un trattamento di favore comprensivo di colazione e trasporto verso l’isola delle Vignole. Che ne dice?” Santa, emozionato all’idea di passare la notte su una barca e di vivere una breve traversata a vela, accettò di buon grado. Marco, il titolare, lo accompagnò alla goletta: scafo bianco, alberi e inserti color mogano, eterea ed elegantissima. Marco aprì la porta che conduceva all’interno e, dopo tre scalini in discesa, Santa rimase stupito: “Letto matrimoniale, bagno con doccia, tepore” sussurrò a sé stesso. Salutò il gestore, chiuse il boccaporto e si coricò. Il beccheggio del natante conciliò un sonno denso e profondo, che si protrasse fino al mattino. Uno scossone lo destò: sentì un rumore, come di corde strofinanti, e capì che erano stati mollati gli ormeggi. Era ancora in pigiama: una camicia da notte di cotone grezzo beige, con ricamati dei pini verde salvia e bottoni di legno d’abete. I pantaloni, più semplici, erano tenuti da una cintura elastica marrone scuro. Spalancò il boccaporto, colmo della curiosità di un bambino. La brezza gli rinfrescò le gote e la barba, e il paesaggio, nella sua composta bellezza, gli scaldò il cuore. La traversata fu breve, così Santa scese in cambusa per sciacquarsi e rendersi, a modo suo, presentabile. Giunti a destinazione, Marco gli disse che avrebbe svolto alcune commissioni e che, con un piccolo extra, avrebbe potuto traghettarlo nelle vicinanze. Santa sorrise e si congedò, accompagnato dalla sua sacca di iuta. Appena posati i piedi sulla riva, comprese la proposta: le Vignole erano un frammento di Sant’Erasmo, diviso tra la zona militare e quella degli orti. Udì delle campane e si avviò in quella direzione, lanciando mugugni verso ogni cosa che avesse a che fare con il mondo militare. Borbottò: “Possibile che, con tutti i conflitti, tra persone, tra quartieri, città, stati e continenti, l’uomo debba sempre cercar occasioni per correre alle armi?” Scosse la testa e proseguì verso la chiesa. Giunto davanti all’edificio, vide che la sua struttura elegante era anche tarchiata, con un campanile basso e quasi tozzo. La porta chiusa recava un cartello: “Funzioni festive ore 8 – Non fare schiamazzi presso il barchino – Don Nicola.” Santa non comprese la seconda parte dell’avviso finché non vide una piccola barca sul lato destro della chiesa, ormai ricoperta di vegetazione. A metà scafo c’era una scaletta in legno, con ai lati due fioriere e, sopra il telo di copertura, alcuni fori di tre centimetri. Curioso, si avvicinò. Improvvisamente, la copertura si arrotolò e ne uscì un clochard canterino che, vedendo il cielo terso, iniziò a cantare a squarciagola il ritornello di “Azzurro” di Celentano. Santa, colto di sorpresa, cadde rumorosamente a terra per lo spavento, scoppiando in una grassa risata. “Heyla, Villico! Che ci fai qua?” chiese il clochard. Santa rispose: “Potrei chiederti lo stesso, ma sono io che curiosavo a casa tua. Sono un viandante che esplora la laguna e le terre circostanti, in cerca del senso di ogni cosa.” “Io sono Petrov, originario dell’Est. Clochard, vagabondo, senzatetto… solo chi non vuole vedere le disuguaglianze di questo mondo usa queste parole come parolacce.” “Hai ragione, Petrov. Diciamo che io ho la fortuna di avere un tetto, ma i miei cari, che sono tanti, ora hanno bisogno che io compia il mio compito senza di esso.” “Affascinante,” sussurrò Petrov, poi continuò: “Quindi stai compiendo una missione per conto dei tuoi cari? E in una delle tappe vieni su un’isola che conta poco più di 60 abitanti, noi compresi. Sei strambo forte! A Venezia avresti già trovato tutto senza fatica, che grullo.” “A me piacciono i compiti difficili” rispose Santa. Petrov allora gli lanciò una sfida: “Se riesci a tollerare il gusto amaro delle radici di liquirizia di Toni per 5 secondi senza fare smorfie, te ne regalerò un mazzetto. Ci stai?” Santa capì che era il momento di osare. La radice, di natura dolce ma amara, era come la vita. Rispose: “Sfida accettata.” Prese una radice, la assaggiò. Un secondo, due… Al terzo, esplose in smorfie forti, disgustate e stupefatte. “Corpo di mille renne! Ma come fai a tollerarla?” chiese. “Mi ricorda che sono vivo,” rispose Petrov, “e che in ogni cosa c’è del buono, se sai come trovarlo.” Santa ringraziò per la lezione e offrì a Petrov un sacchetto delle sue erbe essiccate. Si allontanò, ma sentì Petrov esclamare: “Ehi, Santa! Dove pensi di andare?” Santa si girò, camminando come sulle uova, finché Petrov ammise: “Lo so che non sei Santa Claus, ma con quella barba… mi è venuto spontaneo.” Santa annotò sul taccuino: “Tagliare la barba?” Tornato vicino a Petrov, questi gli porse cinque radici di liquirizia dicendo: “Te le meriti. Nessuno esce a mani vuote dopo essere stato generoso e privo di pregiudizi.” Santa rispose: “Il tuo insegnamento era già immenso, ma accetto con gioia il dono.” Si congedò, mise in ordine tutto nella sacca e tornò alla goletta, confermando che avrebbe approfittato del passaggio ulteriore.

A domani con un nuovo capitolo!

Ingredienti della Luce raccolti finora: Acqua del fiume Piave, Acqua agrodolce della foce del Sile, fango in scatola, frammento del Ponte del Diavolo, intonaco color cielo, rametto di vitigno, stelo di carciofo, bastoncini di liquirizia amarissimi.

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Vivi la magia del Natale a Venezia e scopri i suoi segreti
Questo progetto prende vita dalla serie “I Segreti di Venezia”, scoprila cliccando qui, traendone ispirazione per diventare un potente canale di valorizzazione e divulgazione del ricco patrimonio culturale e storico della città lagunare. Con un linguaggio accessibile e coinvolgente, il racconto trasforma ogni pagina in un’esperienza unica, intrecciando storia e magia, e svelando, attraverso la narrazione, alcuni degli affascinanti segreti della serie stessa. Un viaggio emozionante che invita il lettore a scoprire Venezia con occhi nuovi.

Non perdere nemmeno un capitolo!
Scopri i 25 capitoli di questa straordinaria avventura, clicca sui link per immergerti in ogni episodio e lasciati conquistare dal fascino unico di Venezia. Segui la storia e condividi l’emozione con amici e familiari: ogni giorno, un nuovo tassello illuminerà il tuo cammino verso il Natale.

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I capitoli e le date di uscita:

01 Dicembre – Santa Maria di Piave

02 Dicembre – Foce del Sile

03 Dicembre – Lio Piccolo

04 Dicembre – Isola di Torcello

05 Dicembre – Isola di Burano

06 Dicembre – Isola di Mazzorbo

07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo

08 Dicembre – Isola delle Vignole

09 Dicembre – Isola della Certosa

10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto

11 Dicembre – Isola di Poveglia

12 Dicembre – Località Malamocco

13 Dicembre – San Pietro in Volta

14 Dicembre – Pellestrina

15 Dicembre – Cà Roman

16 Dicembre – Chioggia

17 Dicembre – Sottomarina

18 Dicembre – Isola di San Lazzaro degli Armeni

19 Dicembre – Sestiere Castello

20 Dicembre – Isola della Giudecca

21 Dicembre – Sestiere Dorsoduro

22 Dicembre – Sestiere San Polo

23 Dicembre – Sestieri San Polo, San Marco e Castello

24 Dicembre – Sestiere di San Marco

25 Dicembre – Sestiere Castello

“Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce” – 07 Dicembre – Sant’Erasmo

"Santa Claus e i 25 ingredienti della Luce" - cover by Trarealtaesogno

7 Dicembre – Sant’Erasmo

Santa, arrivato a sud-ovest di Mazzorbo, si accorse che il clima più secco del solito e l’aria frizzantina avevano spalancato l’orizzonte lagunare, permettendogli di scorgere nitidamente una nuova isola: quella che si può definire l’orto di Venezia, Sant’Erasmo. Decise di raggiungerla come farebbe un abitante del posto, anche se l’itinerario prevedeva uno scalo a Murano, allungando non poco il tragitto. Mentre osservava il lento susseguirsi delle onde, rifletté su quanto gli abitanti di questi luoghi siano abituati ai ritmi dettati dalla lentezza degli spostamenti – un amaro privilegio che, nel godere della bellezza, li allontana dall’agio della terraferma e dalla praticità. Ne approfittò per fare un inventario di quanto raccolto sino a quel momento. Aprì il sacco di iuta e, uno alla volta, sussurrò a se stesso gli ingredienti: “Acqua dolce, acqua dolce mischiata a quella salata, fango in scatola – qui sorrise –, frammento del Ponte del Diavolo, intonaco ceruleo e rametto di vitigno.” Guardò il tutto, sospirò profondamente e si portò le mani sul volto. Le sue rughe si fecero più cupe e, accigliandosi, mormorò: “Spero ne varrà la pena. Sento che la mia missione è avvolta nell’incertezza e patisco la nostalgia di tutti i miei cari, i primi a sostenermi… senza dimenticare quella testa dura di Rudolf e la sua golosità per le carotine.” Coinvolto a livello emotivo, versò qualche lacrima, che prontamente asciugò con un vecchio fazzoletto bianco, con le sue iniziali ricamate in rosso. Rimise tutto nella sacca e, finalmente, sbarcò nella verdissima Sant’Erasmo. Qui, a sua insaputa, un giovane folletto lo osservava a distanza, discreto. Era il custode dell’isola e della sua fertilità. Se si fosse voluto avvicinare, sarebbe arrivato appena al ginocchio di Santa. Aveva percepito l’amarezza nelle lacrime di Santa – e si sa, nel silenzio, la magia chiama magia. Santa, ancora scorato e stanco, si aggirava per le calli e i campi dell’isola. Trovare un ingrediente degno nella varietà del luogo non sarebbe stato semplice. Il folletto, invisibile, decise di intervenire: mentre Santa passava vicino a un campo di carciofi, sentì improvvisamente un piccolo strattonamento. “Via, via, chiunque tu sia, non è il momento!” borbottò infastidito. Un dolcissimo belato lo fece però voltare: una capretta nana, nera e alta poco più di 40 cm, lo fissava con un musetto vivace, belando come a dire: “Ehi, finalmente ti sei girato!”. Il cuore di Santa si sciolse; il folletto, invisibile, sorrise. Santa si avvicinò e accarezzò la capretta, che intanto aveva messo il capo in posizione da coccole. Come a indicargli qualcosa, la capretta si voltò e camminò nella direzione opposta. Santa, intuendo il segno, la seguì. Era destino, si disse. Raggiunsero uno stelo di carciofo abbandonato al suolo; lo raccolse, lo ripulì dalla terra e lo ripose nella sacca. Questo dialogo silenzioso con la flora e la fauna stava dando risvolti impensabili al suo viaggio. Santa si sentì libero, come un cielo dopo la tempesta, mentre la capretta sgranocchiava le bacche che lui le porgeva. Il folletto svanì felice, vedendo quel signore, inizialmente triste e scoraggiato, sorridere mentre coccolava la capretta. Si stava facendo tardi, il tramonto era vicino e Santa, sentendo borbottare lo stomaco, si rese conto che avrebbe dovuto trovare cibo e riparo lì, sull’isola, in attesa della prossima tappa alla ricerca degli Ingredienti della Luce..

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07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo

08 Dicembre – Isola delle Vignole

09 Dicembre – Isola della Certosa

10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto

11 Dicembre – Isola di Poveglia

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15 Dicembre – Cà Roman

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20 Dicembre – Isola della Giudecca

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