
18 Dicembre – San Lazzaro degli Armeni
Santa pedalò ripercorrendo l’intera diga al contrario. Ripassò davanti al bar visto all’inizio: ormai era quasi pomeriggio, e, data la stagione, il tramonto non sarebbe giunto molto tardi. Il cielo era di un colore stranissimo, in parte azzurro e in parte arancione, e i giochi di riflessi sull’acqua creavano uno scenario da favola. Santa ripercorse la pista ciclabile lungo tutto l’asse di Sottomarina fino all’incrocio che lo avrebbe ricondotto prima al viale verso l’Isola dell’Unione e poi al centro storico di Chioggia. Non badò troppo al paesaggio, anche se gli piacque, perché sentiva la necessità di restituire la bici direttamente dove l’aveva noleggiata, per poi proseguire il suo viaggio di ricerca in direzione di Venezia, o quantomeno riavvicinandosi ad essa. Mentre giungeva, con i pescherecci che stavano scaldando i motori nel canale presso l’Isola dell’Unione, ebbe una strana sensazione, come se di lì a poco tutto gli sarebbe stato svelato. Arrivato nei pressi di Canal Vena, decise di scendere dalla bici per proseguire, portandola a mano fino alla locanda che l’aveva ospitato. Sentì una voce familiare, di colpo, urlare: “Hey, heeeey!” Santa, d’istinto, si chinò come chi sta per essere colpito da un proiettile. Pensò che lo stessero avvisando dell’arrivo della magoga. Il richiamo si ripeté e, solo a quel punto, capì di non essere in pericolo. Si girò, scoprendo che non era un avviso di pericolo, ma una fortuita e bellissima casualità. C’era un volto familiare che, lungo il canale, stava pilotando una sampierota. “Luca!” esclamò Santa. Luca si avvicinò alla riva più che poteva, ma, a causa dei pontili e delle imbarcazioni attraccate, costrinse il nostro viandante a camminare con un passo insicuro e lento lungo uno stretto pontile, largo al massimo trenta centimetri e lungo tre metri, per affacciarsi al canale vicino alla barca. Si guardarono e si parlarono come se non si vedessero da mesi: Cosa hai fatto? Dove sei stato? E molte altre domande. Finché Santa non si lasciò scappare che il suo viaggio verso sud lo riteneva concluso e che ora la sua missione lo avrebbe riportato verso Venezia. Luca, a quel punto, non esitò un secondo: “Restituisci la bici e salta a bordo con me. Se accetterai, ti farò scoprire una delle isole della Laguna che di certo non hai mai visitato. Ma, soprattutto, passeremo di nuovo del tempo assieme.” Santa fece cenno di sì con il capo. La sacca di juta cominciava a diventare pesante, il viaggio si faceva sentire nelle ossa e un po’ di sana compagnia non avrebbe guastato il piano nel suo insieme. Proseguì portando la bici a mano fino all’apposito stallo self-service, dove si sarebbe chiuso il noleggio. In un primo momento, stava per dimenticarsi la lanterna attaccata alla bici, così si disse: “Corpo di mille renne, questa deve venire con me!” e la recuperò. Nel frattempo, l’imbarcazione e il fraticello lo seguivano lentamente dal canale. A quel punto, il frate fece cenno a Santa che poteva salire, indicandogli un pontile che agevolava l’operazione. Santa appoggiò il piede destro sulla prua della barca, poi, con un balzo, aggiunse il sinistro. Quando tutto il suo peso fu sull’imbarcazione, la prua cominciò a beccheggiare ampiamente, facendogli credere che sarebbe finito in acqua da un momento all’altro. La mano salda di Luca offrì il giusto soccorso. Così, Santa si mise comodo, pronto per una nuova traversata. L’itinerario gli fece vedere un tramonto magico che, dal suo principio alla sua fine, trasformava il lungo Laguna. Dapprima tra Pellestrina e San Pietro in Volta, con le casette colorate che si dipanavano una dopo l’altra, come a comporre un Arlecchino di intonaci che abbelliva il borgo; poi fu la volta del Lido di Venezia, con la sua eleganza sobria e quell’atmosfera vintage dal fascino ineguagliabile. Un’isola che sembrava il riflesso di una ricchezza di stili e di persone che non l’avevano mai abbandonata. Santa ancora non sapeva dove sarebbero finiti, ma lo capì quando, superata Poveglia e altre isole trasformate in hotel lussuosissimi, vide Luca virare con decisione in direzione di un’isola che pareva quasi una goccia dalla forma quadrangolare, staccatasi dal Lido di Venezia. Luca disse: “Caro amico, stai per scoprire una delle isole più affascinanti tra tutte le isole della fede lagunare. Questa darsena ci farà da affascinante anfitrione all’Isola di San Lazzaro degli Armeni.” E Santa, stupito, rispose: “Dunque fra voi ortodossi c’è un fitto e collaborativo dialogo?” Il frate rispose: “Ortodossi e francescani condividono l’amore per la povertà, la preghiera contemplativa e la cura del creato. Entrambi venerano i santi, vivono la comunità come spazio di fede e celebrano l’Incarnazione di Cristo come centro della spiritualità. Inoltre, le nostre due congregazioni, pur essendo sotto egide diverse, collaborano proficuamente e con continuità in un dialogo che esalta il tratto umano e coesivo della fede.” Il breve tunnel che conduceva all’isola sembrava illuminato da lucciole, tante erano le lucine che guidavano l’attracco. Fummo accolti da un padre dall’aria infreddolita, che doveva aver trascorso parecchio tempo in attesa, forse anche a causa di Santa, ospite imprevisto. Il padre ortodosso indossava una lunga veste nera, elegante e austera, e portava un copricapo tipico del clero ortodosso. La sua lunga barba bianca e gli occhiali gli conferivano un’aria saggia e rispettabile, illuminata dal fascino delle candele. Al collo teneva un pettorale decorato, probabilmente simbolo del suo alto ruolo, e tra le mani un bastone lavorato con un’icona sacra che sembrava un’opera d’arte. C’era qualcosa di imponente e solenne nel suo aspetto, come se la sua presenza dicesse tutto senza bisogno di parole: un silente dialogo tra vista e percezione. Esordì dicendo: “Pace a voi.” I due, dalla barca, risposero con un inchino di riverenza, senza mettersi d’accordo. Ormeggiata la barca, scesero lungo un’apposita scalinata di marmo in stile veneziano, che terminava nelle acque lagunari e conduceva al pontile. Luca e il padre, un certo Cirillo dell’ordine dei Mekharisti, che aveva il tipico accento dell’Est, parlavano fluentemente sia l’italiano sia molte altre lingue. Lo capii perché anche Luca cambiò registro, passando dal latino al greco e poi all’italiano durante il loro dialogo. La mia fortuna era di riuscire a capire e farmi capire, a prescindere dal linguaggio, ma non saprò mai in quale versione ciascuno mi udisse. Cirillo ci offrì riparo all’interno di due stanze riservate agli ospiti. Per raggiungerle passammo attraverso una chiesa dai bellissimi mosaici bizantini, una ricchissima biblioteca e infine un corridoio con le stanze. Scoprimmo che per i frati ortodossi era giornata di digiuno serale e, dunque, sia io che Luca ringraziammo il padre, per poi chiuderci nelle rispettive celle per la notte. L’indomani, prima dell’alba, il tintinnio acuto di un campanello squarciò il silenzio, invitando i presenti a recarsi in chiesa per una silenziosa preghiera mattutina. Dopo la preghiera, ci dirigemmo nel refettorio, dove ognuno scelse una colazione tra pane dorato, burro, marmellata, frutta secca, latte o yogurt. Capii che parte della materia prima veniva portata da Luca, in uno scambio di produzioni alimentari che garantiva una varietà nutrizionale alle due comunità. A quel punto, Luca mi guardò e disse: “Ora mi accorderò con padre Cirillo per i prossimi scambi. Se ti va, scopri l’affaccio panoramico su Venezia e il roseto.” Uscito dal portone del monastero, che cigolando rivelò un paesaggio unico, vidi innanzi a me un panorama lagunare che si affacciava sul versante del sestiere di Castello di Venezia, con una vista sui Giardini e Sant’Elena. Una balaustra di marmo bianco, tipicamente veneziana, risultava umida al tatto per la lieve pioggia del mattino. Il paesaggio era così bello da far mancare il fiato. Santa notò una piccola appendice poco più a nord della darsena. Nonostante l’umidità e la pioggerellina leggera, si sedette lì ad ammirare qualcosa che percepiva come irripetibile. Quasi felice delle poche gocce di pioggia che lo colpivano, si diresse poi verso il polmone verde, dove i curatissimi roseti emanavano ancora un profumo intensissimo, nonostante la stagione. Fu a quel punto che sentì un picchiettare sulla spalla. Cirillo lo fissava con curiosità e gli disse: “Io so chi sei, intendo veramente. L’ho capito dal tuo modo di fare, dallo sguardo e dalla sacca. La nostra congregazione tramanda questo racconto di una creatura che si manifestò nei paesi di nostra origine, compiendo qualcosa di simile a ciò che stai facendo tu con la tua sacca di ingredienti speciali, tantissimo tempo fa.” Santa rabbrividì. Fino a quel momento non ricordava nemmeno lui l’aneddoto che gli era stato riferito. Provò a rispondere: “Ma… ma…” E Cirillo: “Stai tranquillo. Pregherò per te, sperando che il tuo intervento, questa volta, a differenza della precedente, vada a buon fine. Tu gridi ancora nella possibilità di una redenzione per l’umanità, ma devi ricordarti che non passa da un singolo uomo la redenzione stessa. Di certo, però, può essere amplificata dalla sua traccia.” Santa rispose con un filo di voce, mentre le lacrime si mescolavano alla pioggia: “Grazie.” Infine, il padre estrasse dal suo abito una piccola forbice da giardino. Trovò un rametto spinoso del roseto, privo di bulbi, e ne tagliò una porzione di circa dieci centimetri. Gliela porse, dicendo: “Le rose sono il simbolo di come anche dalle spine può nascere il meraviglioso. Lascia che sia io, da qui, a offrirti un ingrediente puro e semplice per la tua missione.” Santa estrasse dal taschino un mini sacco di juta, simile a quello più grande nei materiali e nel grado di conservazione, vi ripose il rametto e disse una solenne: “Grazie infinite.” Poi si inchinò, colmo di gratitudine, in direzione di Cirillo. Solo a quel punto ricomparve Luca: “Ma cosa fate sotto la pioggia?” I due si misero a ridere e Cirillo, coprendo la reale identità di Santa, rispose: “Godiamo dell’improvviso dono delle acque. Farebbe bene anche a te.” Poi scoppiò in una profonda e grassa risata che contagiò questo strano terzetto, che, sotto traccia, ambiva — chi consapevolmente e chi no — a un mondo migliore.
A domani con un nuovo capitolo!
Ingredienti della Luce raccolti finora: Acqua del fiume Piave, Acqua agrodolce della foce del Sile, fango in scatola, frammento del Ponte del Diavolo, intonaco color cielo, rametto di vitigno, stelo di carciofo, bastoncini di liquirizia amarissimi, piume di gufo, candela consumata, pignette di cipresso, ceneri d legno di tasso, guscio di murice spinoso “garusolo” con ali nere dipinte dal pittore, legno resiliente levigato dal mare, fiore viola selvatico centarurea, rete sgualcita con galleggiante di sughero, cristallo di sale marino, rametto spinoso del roseto.
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I capitoli e le date di uscita:
01 Dicembre – Santa Maria di Piave
02 Dicembre – Foce del Sile
03 Dicembre – Lio Piccolo
04 Dicembre – Isola di Torcello
05 Dicembre – Isola di Burano
06 Dicembre – Isola di Mazzorbo
07 Dicembre – Isola di Sant’Erasmo
08 Dicembre – Isola delle Vignole
09 Dicembre – Isola della Certosa
10 Dicembre – Isola di San Francesco del Deserto
11 Dicembre – Isola di Poveglia
12 Dicembre – Località Malamocco
13 Dicembre – San Pietro in Volta
14 Dicembre – Pellestrina
15 Dicembre – Cà Roman
16 Dicembre – Chioggia
17 Dicembre – Sottomarina
18 Dicembre – Isola di San Lazzaro degli Armeni
19 Dicembre – Sestiere Castello
20 Dicembre – Isola della Giudecca
21 Dicembre – Sestiere Dorsoduro
22 Dicembre – Sestiere San Polo
23 Dicembre – Sestieri San Polo, San Marco e Castello
24 Dicembre – Sestiere di San Marco
25 Dicembre – Sestiere Castello
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